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Quaderni di Tecnostruttura - Quaderno del 1° ottobre 2013

La programmazione Ue 2014/2020, lo stato dell'arte

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Gli ammortizzatori sociali in deroga nel 2013

di Rita Arcese

Settore Lavoro - Tecnostruttura

Il tema degli ammortizzatori sociali in deroga da un quinquennio a questa parte riveste grande rilievo e attualità a livello nazionale, ponendosi da tempo al centro del dibattito sulle politiche del lavoro e sulle misure più idonee per far fronte alla crisi, e caratterizzando in maniera costante l’attività programmatica e amministrativa delle Regioni, anche in considerazione del prolungarsi della crisi economico - produttiva che a partire dal contesto internazionale ha investito l’Italia con modalità e intensità diverse.

Si richiama, infatti, l’intenso processo di revisione normativa, operato dal 2008, che pur nel riconoscimento della necessità di una riforma organica degli ammortizzatori sociali, peraltro contenuto in maniera costante nei provvedimenti che si sono susseguiti nel tempo negli ultimi 15 anni, si pone l’obiettivo di ampliare l’ambito di applicazione dei trattamenti esistenti di integrazione salariale e di sostituzione del reddito a favore delle categorie di lavoratori normalmente escluse da tali tutele, al fine di realizzare un sistema di protezione in chiave universalistica, maggiormente rispondente all’attuale contesto del mercato del lavoro. Con il decreto legge 185/2008, in particolare, ferma restando l’autonomia regionale nell’attuazione di tali strumenti che necessariamente si diversificano e si connotano in maniera peculiare secondo il differente manifestarsi della crisi nei contesti territoriali, è stata delineata per la prima volta una regolamentazione minima sugli ammortizzatori in deroga fondata su alcuni elementi essenziali riguardanti la definizione delle categorie dei destinatari, alcuni requisiti soggettivi per l’accesso ai trattamenti e la durata degli stessi e stabilita la necessità di un effettivo collegamento tra gli strumenti di sostegno al reddito e le misure di politica attiva. In tale contesto, a partire dall’Accordo del 12 febbraio 2009 sono state stipulate intese successive tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, realizzando così, per la prima volta, attraverso un elevato impegno politico istituzionale da parte di tutti gli attori coinvolti e un ingente stanziamento di risorse finanziarie statali e regionali (con il concorso del Fse), un sistema coordinato di interventi di sostegno al reddito e di politica attiva del lavoro a favore di quei soggetti esclusi dagli strumenti ordinari. Sulla descrizione del sistema degli ammortizzatori sociali in deroga del periodo 2009-2012, con l’attuazione dell’accordo del 12 febbraio 2012, si rimanda ai numerosi approfondimenti effettuati nei numeri passati di QT, in cui sono stati affrontati sia gli aspetti di evoluzione normativa sia i profili di attuazione regionale, attraverso l’analisi dei modelli territoriali condivisi con le parti sociali nonché delle modalità di integrazione tra le politiche attive e passive, in coerenza con il quadro di indirizzo e di regole delineate dal continuo confronto interistituzionale.

In questa sede, partendo da un breve richiamo delle novità introdotte sul sistema delle tutele dalla legge 92/2012, che ha visto l’impegno delle Regioni e Province autonome sia nel Tavolo del ministero del Lavoro con le parti sociali, volto a delineare gli indirizzi di intervento relativi alla riforma del mercato del lavoro, sia nel processo che ne ha condotto all’approvazione parlamentare, si intende dar conto dell’intensa attività regionale che ha portato alla sottoscrizione di una nuova intesa sugli ammortizzatori sociali in deroga per il 2013 e dei relativi accordi con le parti sociali, ponendo in estrema sintesi l’attenzione su alcuni elementi di riflessione che si profilano nei tavoli di confronto interistituzionale.

L. 92/2012, le principali novità  introdotte dalla riforma degli ammortizzatori

Con la legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, il legislatore ha modificato notevolmente il quadro di riferimento normativo, prevedendo un nuovo sistema di ammortizzatori sociali che sarà introdotto in maniera graduale ed entrerà a pieno regime dal 2017. L’elemento di novità su cui si basa la riforma riguarda la definizione di un sistema di tutele orientato in senso “universalistico” e, al contempo, “condizionato” all’impegno dei lavoratori disoccupati nella ricerca attiva di un posto di lavoro, che può essere sostanzialmente ricondotto a due pilastri: la tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro e la tutela del reddito in caso di disoccupazione.

Per quanto riguarda la tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro, si mantiene invariato il sistema della cassa integrazione guadagni ordinaria, mentre vi è un ampliamento a decorrere dal 1° gennaio 2013 dell’ambito di applicazione della cassa guadagni straordinaria, ad alcune tipologie di imprese già interessate da estensioni mediante il ricorso a disposizioni transitorie, che con tale norma vengono di fatto portate a regime (1). Inoltre, in coerenza con la finalità della cassa integrazione guadagni, volta ad assicurare la tutela del reddito dei lavoratori  in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa in attesa della ripresa della normale attività dell’impresa, a partire dal 1° gennaio 2016, viene abrogato l’articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, in materia di intervento straordinario di integrazione salariale in caso di procedure concorsuali, per cui non sarà più possibile, da quella data, ricorrere alla cassa integrazione straordinaria in caso di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria.

La novità più significativa, su tale versante, attiene comunque all’estensione delle tutele a favore dei lavoratori delle imprese escluse dall’ambito di applicazione degli strumenti ordinari nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria, tramite la creazione di specifici fondi di solidarietà bilaterali. Tale sistema di tutele, che diviene obbligatorio per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale in relazione alle imprese che occupino mediamente più di 15 dipendenti, sarà realizzato tramite la costituzione da parte delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, dei citati fondi di solidarietà, attraverso la stipula di accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali. Si evidenzia che i fondi possono perseguire ulteriori finalità quali quella di assicurare ai lavoratori una tutela in caso di cessazione dal rapporto di lavoro, integrativa rispetto all’assicurazione sociale per l’impiego; prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito, nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni; contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell’Unione europea. Laddove nei settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale sia presente un sistema della bilateralità consolidato, il legislatore ha previsto un modello di costituzione dei fondi di solidarietà alternativo attraverso l’adeguamento da parte delle parti sociali della disciplina dei rispettivi fondi bilaterali alle finalità contenute nella legge 92/2012. A differenza del modello principale, pertanto, i fondi di solidarietà bilaterale nel modello alternativo conservano la loro natura privatistica. Infine, il legislatore ha previsto anche l’introduzione di un meccanismo di sussidiarietà, riservandosi di intervenire in caso di mancata attivazione da parte delle parti sociali per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali comunque superiori ai quindici dipendenti, attraverso l’istituzione di un fondo di solidarietà residuale, tramite l’emanazione di un apposito decreto di natura non regolamentare.
Si rileva che il termine per la costituzione dei fondi di solidarietà bilaterale e l’eventuale intervento da parte del ministro del Lavoro per l’istituzione del fondo di solidarietà residuale sono stati prorogati e portati rispettivamente al 31 ottobre 2013 e al 1° gennaio 2014 (cfr. L. 228/2012 e D.L. 76/2013).

Con riguardo alla tutela del reddito in caso di disoccupazione, con la riforma viene istituito dal 1° gennaio 2013 un nuovo strumento, l’Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), che si concretizza nell’erogazione di un’indennità mensile a favore di una categoria più estesa di lavoratori dipendenti del settore privato, che comprende gli apprendisti ed i soci di cooperative di lavoro. L’Aspi sostituirà, a regime, l’indennità di mobilità (che sarà in vigore fino al 2016), l’indennità di disoccupazione non agricola a requisiti normali, nonché l’indennità di disoccupazione speciale edile. Sono sostanzialmente confermati i requisiti attualmente richiesti ai fini della fruizione dell’indennità di disoccupazione ordinaria ovvero almeno 2 anni di anzianità assicurativa e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione, mentre è prevista una differenziazione delle durate in base all’età dei lavoratori (12 mesi per i lavoratori con meno di 55 anni di età e 18 mesi per i lavoratori con almeno 55 anni di età).  Per il periodo transitorio dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 sono previste ulteriori disposizioni concernenti la durata massima degli istituti di sostegno al reddito che l’Aspi ha ricompreso (cfr. art. 2, comma 45).

Viene, inoltre, introdotto un nuovo istituto di sostegno del reddito - cd. mini-Aspi - che va a sostituire l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, condizionandola alla presenza e permanenza dello stato di disoccupazione, ampliandone di fatto il campo di applicazione. Il sistema dei trattamenti in caso di disoccupazione è poi completato dall’istituzione, a decorrere dal 2013, di un’indennità una tantum per i collaboratori coordinati e continuativi in regime di monocomittenza, misura già prevista in via sperimentale dal decreto legge 29 novembre 2008, n. 185.
Infine, per consentire la graduale transizione verso il nuovo sistema di tutele delineato dalla riforma e in attesa dell’entrata a regime dei fondi di solidarietà bilaterali, per il periodo 2013-2016 viene mantenuto sostanzialmente l’attuale sistema della deroga, confermando la possibilità per il ministero del Lavoro, di concerto con il ministero dell’Economia, di stipulare con le Regioni specifici accordi per periodi non superiori a 12 mesi, con la finalità di gestire le situazioni di crisi aziendale derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi. Viene peraltro previsto un meccanismo di decalage dei trattamenti a seguito di proroghe successive, per incentivare il reingresso nel mercato del lavoro, nonché l’obbligo di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale organizzati dalle Regioni.

L'intesa Stato Regioni sugli ammortizzatori sociali in deroga del 2012 e gli accordi con le parti sociali

In tale contesto, tenendo conto della positiva esperienza realizzata nel quadriennio 2009-2012 con l’accordo del 12 febbraio 2009, è stata stipulata l’intesa del 22 novembre 2012 tra lo Stato, le Regioni e Province autonome, al fine di realizzare anche per il 2013 un coordinamento efficace delle iniziative volte a fronteggiare l’attuale crisi economica che, si conferma dai dati particolarmente difficile, lasciando peraltro tuttora incerte le prospettive degli effetti della congiuntura sfavorevole sulla struttura produttiva. L’intesa citata conferma sostanzialmente le disposizioni contenute negli accordi precedenti con riferimento alle categorie dei lavoratori destinatari dei trattamenti, ai criteri e alle procedure per l’accesso, sottolineando l’impegno a programmare ed attuare, a favore dei percettori degli ammortizzatori sociali, adeguate politiche attive del lavoro in analogia a quanto previsto dal comma 33 dell’articolo 4 della legge 92/2012, nonché a rafforzare, soprattutto in vista di una ripresa economica in alcuni settori, il rapporto sinergico tra le politiche di sostegno al reddito e le politiche occupazionali e formative, anche tramite il concorso dei fondi interprofessionali, degli enti bilaterali e dei fondi di solidarietà, proprio per rispondere in maniera adeguata ai fabbisogni professionali delle imprese coinvolte nei processi di ristrutturazione e di riconversione industriale. Nell’intesa, inoltre, si condivide l’impegno, ritenuto ormai indispensabile alla luce dell’esperienza di gestione maturata, di individuare linee comuni di accesso agli ammortizzatori in deroga che, pur tenendo conto delle specificità che contraddistinguono i mercati del lavoro locali, siano volte ad assicurare ai lavoratori trattamenti omogenei sul territorio. Si tratta pertanto di un sistema già ampiamente consolidato, in cui l’elemento di novità riguarda il finanziamento degli interventi di sostegno al reddito che diviene esclusivamente nazionale, ripristinandosi così la modalità preesistente all’accordo del 12 febbraio 2009.

Su tale impianto, ciascuna Regione ha successivamente sottoscritto con le parti sindacali e datoriali specifici accordi territoriali per il 2013 che, ad una prima lettura, si caratterizzano per un maggiore grado di omogeneità rispetto al passato. In linea generale, si è reso maggiormente uniforme il campo di applicazione degli ammortizzatori sociali in deroga, individuando quali beneficiari i datori di lavoro esclusi in tutto o in parte, in base alla vigente normativa nazionale, dall’accesso agli strumenti ordinari o che abbiano esaurito la possibilità di un loro utilizzo per le sospensioni dell’attività lavorativa.

Inoltre, con riferimento alla concessione dei trattamenti di cassa integrazione in deroga, in molti accordi, sono state introdotte delle durate massime dei trattamenti autorizzabili, è stato definito un tetto delle prestazioni nell’ambito di un determinato periodo di tempo e, per quanto riguarda la mobilità in deroga, ci si è indirizzati verso l’individuazione di limiti di durata nonché l’introduzione di un divieto di concessione della stessa come proroga della mobilità ordinaria, salvo casi particolari. Tale risultato è stato possibile poiché le Regioni fin dall’inizio si sono confrontate su alcune linee di indirizzo per la gestione degli ammortizzatori sociali in deroga, con la finalità di assicurare una parità di trattamento dei cittadini su tutto il territorio nazionale e di limitare così le situazioni di disomogeneità di tutela.

L’individuazione di priorità di intervento si è resa ancor più necessaria alla luce del netto incremento, nei primi mesi del 2013 rispetto all’anno precedente, delle richieste di trattamento da parte delle imprese, in conseguenza dell’aggravarsi della crisi, nonché dalla consapevolezza che le risorse assegnate dallo Stato, nonostante i diversi rifinanziamenti effettuati in successivi provvedimenti normativi, non sarebbero state in grado di soddisfare pienamente le domande provenienti dal territorio. In tal modo, si è cercato di dare continuità alla protezione sociale dei lavoratori colpiti da riduzioni e cessazioni dell’attività produttiva, con interventi che, confermando nelle linee essenziali quanto realizzato negli anni precedenti, sono connotati da:

- un rinnovato e crescente impegno, condiviso anche a livello aziendale e territoriale/settoriale, per la formazione, riqualificazione e, in caso di esuberi, ricollocazione dei lavoratori, attraverso un utilizzo finalizzato delle politiche attive del lavoro in stretta connessione con la corresponsione delle indennità;

- un impegno a favorire il concorso delle risorse pubbliche, private e paritetiche sociali per rendere effettivo l’utilizzo ottimale di tutti gli istituti destinati alla tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro previsti dalla legislazione vigente, e la loro connessione con gli interventi di politiche attive del lavoro;

- un impegno a sostenere i processi di riposizionamento competitivo delle imprese prevedendo, nella misura del possibile, il loro coinvolgimento nella definizione della azioni formative più opportune per il rientro al lavoro delle persone sospese o licenziate.

Pertanto, stante l’importanza, più volte richiamata, di collegare gli strumenti di tutela del reddito alle politiche attive, le Regioni hanno attivato programmi di politica attiva del lavoro a favore dei percettori di ammortizzatori sociali, in analogia con quanto previsto dal comma 33 dell’art. 4 della L. 92/2012, con priorità per coloro che perdono il lavoro, privilegiando laddove possibile il raccordo con i fondi interprofessionali per ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili. Sotto tale profilo, in molte Regioni sono stati ridefiniti i destinatari, gli obiettivi e le modalità dei programmi di politica attiva del lavoro, in connessione con gli ammortizzatori sociali in deroga, secondo le modalità innovative consentite dal mutato contesto normativo e tenendo conto delle risorse disponibili.

Dati di contesto e linee di attività 

In attesa che la riforma degli ammortizzatori sociali prevista dalla L. 92/2012 entri pienamente a regime e se ne possano analizzare interamente gli effetti sul mercato del lavoro attraverso indicatori di equità ed efficienza, anche in considerazione dell’avvenuta proroga dei termini per la costituzione dei fondi di solidarietà bilaterali, si rileva che la fase transitoria relativa al periodo 2013-2016 di gestione degli strumenti in deroga si stia configurando ben più complessa e difficile di quanto fosse nelle previsioni, richiedendo un notevole e rinnovato impegno di carattere interistituzionale e con le parti sociali. Ciò in considerazione del fatto che la crisi economico - produttiva non sia ancora finita e che si registrano solo in alcuni settori lievi segnali di ripresa, come emerge da alcuni dati sul mercato del lavoro che non appaiono incoraggianti.
Le stime prodotte dall’indagine Istat sulle forze di lavoro nel primo semestre 2013 mostrano, infatti, un’accentuata diminuzione su base annua del numero di occupati (-2,5%, pari a -585.000 unità), che ha interessato soprattutto il Mezzogiorno (-5,4%, pari a -335.000 unità), portando così il tasso di occupazione della popolazione tra i 15 e 64 anni al 55,7%, con una flessione dell’1,4% sul II trimestre 2012. Particolarmente preoccupante appare la continua discesa del tasso di occupazione dei giovani, che per i 18-29enni diminuisce dal 40,2% rilevato nel secondo trimestre 2012 all’attuale 36,6%. A ciò si accompagna un ulteriore incremento delle persone in cerca di occupazione, che raggiungono in totale i 3.075 milioni e tale aumento ha interessato in circa otto casi su dieci gli ex-occupati (21,9%, pari a +303.000 unità) che raggiungono i 1.682 milioni.
Con riferimento ai settori produttivi si rileva che nell’industria in senso stretto prosegue la flessione dell’occupazione, con una discesa tendenziale del 2,4% (-111.000 unità), cui si associa la più marcata contrazione di occupati nelle costruzioni (-12,7%, pari a -230.000 unità) e per il secondo trimestre consecutivo, e a ritmi più sostenuti, l’occupazione si riduce anche nel terziario (-1,0%, pari a -154.000 unità). Il ricorso all’integrazione salariale nei primi sei mesi dell’anno, dopo un avvio in crescita, mostra un relativo assestamento sui livelli, peraltro molto elevati, del 2012, con un monte ore autorizzato per le imprese dell’industria pari a 68 milioni. Un differente discorso va effettuato per il settore delle costruzioni che ha utilizzato 69,9 milioni di ore Cig, con un aumento tendenziale di 8,9 ore rispetto al II semestre 2012 e per le imprese dei servizi che hanno utilizzato 15,2 milioni di ore di Cig per mille ore lavorate, registrando rispetto al secondo trimestre 2012 un incremento di 1,4 ore ogni mille. Risulta, pertanto, in aumento il flusso di iscrizioni nelle liste di mobilità da procedure di licenziamento collettive, ad indicare che il rallentamento nell’utilizzo dell’integrazione salariale dipende, almeno in parte, dallo sbocco verso la mobilità di situazioni critiche per le quali non è stato più possibile prorogare la copertura assicurata dalla Cig.

Alla luce di tale quadro, pertanto, le Regioni e Province autonome sono da tempo impegnate in una fase di confronto con il ministero del Lavoro, al fine di individuare soluzioni valide e risorse finanziare adeguate che consentano di far fronte alla difficile situazione di crisi occupazionale che su alcuni territori sta assumendo carattere di emergenza. Si attende a breve l’emanazione del decreto di cui all’art. 4 del D.L. 54/2013, da parte del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, per la determinazione dei criteri di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, con particolare riguardo ai termini di presentazione, alle causali di concessione, ai limiti di durata e reiterazione delle prestazioni anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre prestazioni di sostegno del reddito, alle tipologie dei datori di lavoro e dei lavoratori beneficiari. Inoltre, un ambito di confronto tra le Regioni ha riguardato l’implementazione dei flussi amministrativi per la gestione degli ammortizzatori sociali in deroga, anche con la previsione dell’invio alle Regioni dei moduli SR 41 da parte delle imprese, con la finalità di monitorare l’andamento della spesa e accertare l’eventuale presenza di economie da utilizzare in tempi brevi.

Infine, si richiama per completezza l’art. 8 del D.L. 76/2013 che prevede l’istituzione presso il ministero del Lavoro della Banca dati sulle politiche attive e passive attraverso il raccordo con banche dati esistenti (ovvero la Banca dati percettori di cui all’art. 19 del D.L. 185/2008; l’Anagrafe degli studenti e laureati delle università di cui all’art. 1-bis del D.L. 105/2003; la dorsale informativa  di cui al comma 51 dell’art. 4 della L. 92/2012). Nella citata banca dati andranno a confluire le informazioni relative alle persone da collocare nel mercato del lavoro, ai servizi erogati per favorire la collocazione e alle opportunità di impiego, con la finalità di consentire un utilizzo più efficiente dei dati disponibili e per attuare in maniera più efficace le politiche attive del lavoro e di ricollocazione dei lavoratori.

L. 92/2012, le principali novità  introdotte dalla riforma degli ammortizzatori

Con la legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, il legislatore ha modificato notevolmente il quadro di riferimento normativo, prevedendo un nuovo sistema di ammortizzatori sociali che sarà introdotto in maniera graduale ed entrerà a pieno regime dal 2017. L’elemento di novità su cui si basa la riforma riguarda la definizione di un sistema di tutele orientato in senso “universalistico” e, al contempo, “condizionato” all’impegno dei lavoratori disoccupati nella ricerca attiva di un posto di lavoro, che può essere sostanzialmente ricondotto a due pilastri: la tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro e la tutela del reddito in caso di disoccupazione.

Per quanto riguarda la tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro, si mantiene invariato il sistema della cassa integrazione guadagni ordinaria, mentre vi è un ampliamento a decorrere dal 1° gennaio 2013 dell’ambito di applicazione della cassa guadagni straordinaria, ad alcune tipologie di imprese già interessate da estensioni mediante il ricorso a disposizioni transitorie, che con tale norma vengono di fatto portate a regime (1). Inoltre, in coerenza con la finalità della cassa integrazione guadagni, volta ad assicurare la tutela del reddito dei lavoratori  in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa in attesa della ripresa della normale attività dell’impresa, a partire dal 1° gennaio 2016, viene abrogato l’articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, in materia di intervento straordinario di integrazione salariale in caso di procedure concorsuali, per cui non sarà più possibile, da quella data, ricorrere alla cassa integrazione straordinaria in caso di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria.

La novità più significativa, su tale versante, attiene comunque all’estensione delle tutele a favore dei lavoratori delle imprese escluse dall’ambito di applicazione degli strumenti ordinari nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria, tramite la creazione di specifici fondi di solidarietà bilaterali. Tale sistema di tutele, che diviene obbligatorio per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale in relazione alle imprese che occupino mediamente più di 15 dipendenti, sarà realizzato tramite la costituzione da parte delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, dei citati fondi di solidarietà, attraverso la stipula di accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali. Si evidenzia che i fondi possono perseguire ulteriori finalità quali quella di assicurare ai lavoratori una tutela in caso di cessazione dal rapporto di lavoro, integrativa rispetto all’assicurazione sociale per l’impiego; prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito, nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni; contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell’Unione europea. Laddove nei settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale sia presente un sistema della bilateralità consolidato, il legislatore ha previsto un modello di costituzione dei fondi di solidarietà alternativo attraverso l’adeguamento da parte delle parti sociali della disciplina dei rispettivi fondi bilaterali alle finalità contenute nella legge 92/2012. A differenza del modello principale, pertanto, i fondi di solidarietà bilaterale nel modello alternativo conservano la loro natura privatistica. Infine, il legislatore ha previsto anche l’introduzione di un meccanismo di sussidiarietà, riservandosi di intervenire in caso di mancata attivazione da parte delle parti sociali per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali comunque superiori ai quindici dipendenti, attraverso l’istituzione di un fondo di solidarietà residuale, tramite l’emanazione di un apposito decreto di natura non regolamentare.
Si rileva che il termine per la costituzione dei fondi di solidarietà bilaterale e l’eventuale intervento da parte del ministro del Lavoro per l’istituzione del fondo di solidarietà residuale sono stati prorogati e portati rispettivamente al 31 ottobre 2013 e al 1° gennaio 2014 (cfr. L. 228/2012 e D.L. 76/2013).

Con riguardo alla tutela del reddito in caso di disoccupazione, con la riforma viene istituito dal 1° gennaio 2013 un nuovo strumento, l’Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), che si concretizza nell’erogazione di un’indennità mensile a favore di una categoria più estesa di lavoratori dipendenti del settore privato, che comprende gli apprendisti ed i soci di cooperative di lavoro. L’Aspi sostituirà, a regime, l’indennità di mobilità (che sarà in vigore fino al 2016), l’indennità di disoccupazione non agricola a requisiti normali, nonché l’indennità di disoccupazione speciale edile. Sono sostanzialmente confermati i requisiti attualmente richiesti ai fini della fruizione dell’indennità di disoccupazione ordinaria ovvero almeno 2 anni di anzianità assicurativa e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione, mentre è prevista una differenziazione delle durate in base all’età dei lavoratori (12 mesi per i lavoratori con meno di 55 anni di età e 18 mesi per i lavoratori con almeno 55 anni di età).  Per il periodo transitorio dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 sono previste ulteriori disposizioni concernenti la durata massima degli istituti di sostegno al reddito che l’Aspi ha ricompreso (cfr. art. 2, comma 45).

Viene, inoltre, introdotto un nuovo istituto di sostegno del reddito - cd. mini-Aspi - che va a sostituire l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, condizionandola alla presenza e permanenza dello stato di disoccupazione, ampliandone di fatto il campo di applicazione. Il sistema dei trattamenti in caso di disoccupazione è poi completato dall’istituzione, a decorrere dal 2013, di un’indennità una tantum per i collaboratori coordinati e continuativi in regime di monocomittenza, misura già prevista in via sperimentale dal decreto legge 29 novembre 2008, n. 185.
Infine, per consentire la graduale transizione verso il nuovo sistema di tutele delineato dalla riforma e in attesa dell’entrata a regime dei fondi di solidarietà bilaterali, per il periodo 2013-2016 viene mantenuto sostanzialmente l’attuale sistema della deroga, confermando la possibilità per il ministero del Lavoro, di concerto con il ministero dell’Economia, di stipulare con le Regioni specifici accordi per periodi non superiori a 12 mesi, con la finalità di gestire le situazioni di crisi aziendale derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi. Viene peraltro previsto un meccanismo di decalage dei trattamenti a seguito di proroghe successive, per incentivare il reingresso nel mercato del lavoro, nonché l’obbligo di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale organizzati dalle Regioni.

L'intesa Stato Regioni sugli ammortizzatori sociali in deroga del 2012 e gli accordi con le parti sociali

In tale contesto, tenendo conto della positiva esperienza realizzata nel quadriennio 2009-2012 con l’accordo del 12 febbraio 2009, è stata stipulata l’intesa del 22 novembre 2012 tra lo Stato, le Regioni e Province autonome, al fine di realizzare anche per il 2013 un coordinamento efficace delle iniziative volte a fronteggiare l’attuale crisi economica che, si conferma dai dati particolarmente difficile, lasciando peraltro tuttora incerte le prospettive degli effetti della congiuntura sfavorevole sulla struttura produttiva. L’intesa citata conferma sostanzialmente le disposizioni contenute negli accordi precedenti con riferimento alle categorie dei lavoratori destinatari dei trattamenti, ai criteri e alle procedure per l’accesso, sottolineando l’impegno a programmare ed attuare, a favore dei percettori degli ammortizzatori sociali, adeguate politiche attive del lavoro in analogia a quanto previsto dal comma 33 dell’articolo 4 della legge 92/2012, nonché a rafforzare, soprattutto in vista di una ripresa economica in alcuni settori, il rapporto sinergico tra le politiche di sostegno al reddito e le politiche occupazionali e formative, anche tramite il concorso dei fondi interprofessionali, degli enti bilaterali e dei fondi di solidarietà, proprio per rispondere in maniera adeguata ai fabbisogni professionali delle imprese coinvolte nei processi di ristrutturazione e di riconversione industriale. Nell’intesa, inoltre, si condivide l’impegno, ritenuto ormai indispensabile alla luce dell’esperienza di gestione maturata, di individuare linee comuni di accesso agli ammortizzatori in deroga che, pur tenendo conto delle specificità che contraddistinguono i mercati del lavoro locali, siano volte ad assicurare ai lavoratori trattamenti omogenei sul territorio. Si tratta pertanto di un sistema già ampiamente consolidato, in cui l’elemento di novità riguarda il finanziamento degli interventi di sostegno al reddito che diviene esclusivamente nazionale, ripristinandosi così la modalità preesistente all’accordo del 12 febbraio 2009.

Su tale impianto, ciascuna Regione ha successivamente sottoscritto con le parti sindacali e datoriali specifici accordi territoriali per il 2013 che, ad una prima lettura, si caratterizzano per un maggiore grado di omogeneità rispetto al passato. In linea generale, si è reso maggiormente uniforme il campo di applicazione degli ammortizzatori sociali in deroga, individuando quali beneficiari i datori di lavoro esclusi in tutto o in parte, in base alla vigente normativa nazionale, dall’accesso agli strumenti ordinari o che abbiano esaurito la possibilità di un loro utilizzo per le sospensioni dell’attività lavorativa.

Inoltre, con riferimento alla concessione dei trattamenti di cassa integrazione in deroga, in molti accordi, sono state introdotte delle durate massime dei trattamenti autorizzabili, è stato definito un tetto delle prestazioni nell’ambito di un determinato periodo di tempo e, per quanto riguarda la mobilità in deroga, ci si è indirizzati verso l’individuazione di limiti di durata nonché l’introduzione di un divieto di concessione della stessa come proroga della mobilità ordinaria, salvo casi particolari. Tale risultato è stato possibile poiché le Regioni fin dall’inizio si sono confrontate su alcune linee di indirizzo per la gestione degli ammortizzatori sociali in deroga, con la finalità di assicurare una parità di trattamento dei cittadini su tutto il territorio nazionale e di limitare così le situazioni di disomogeneità di tutela.

L’individuazione di priorità di intervento si è resa ancor più necessaria alla luce del netto incremento, nei primi mesi del 2013 rispetto all’anno precedente, delle richieste di trattamento da parte delle imprese, in conseguenza dell’aggravarsi della crisi, nonché dalla consapevolezza che le risorse assegnate dallo Stato, nonostante i diversi rifinanziamenti effettuati in successivi provvedimenti normativi, non sarebbero state in grado di soddisfare pienamente le domande provenienti dal territorio. In tal modo, si è cercato di dare continuità alla protezione sociale dei lavoratori colpiti da riduzioni e cessazioni dell’attività produttiva, con interventi che, confermando nelle linee essenziali quanto realizzato negli anni precedenti, sono connotati da:

- un rinnovato e crescente impegno, condiviso anche a livello aziendale e territoriale/settoriale, per la formazione, riqualificazione e, in caso di esuberi, ricollocazione dei lavoratori, attraverso un utilizzo finalizzato delle politiche attive del lavoro in stretta connessione con la corresponsione delle indennità;

- un impegno a favorire il concorso delle risorse pubbliche, private e paritetiche sociali per rendere effettivo l’utilizzo ottimale di tutti gli istituti destinati alla tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro previsti dalla legislazione vigente, e la loro connessione con gli interventi di politiche attive del lavoro;

- un impegno a sostenere i processi di riposizionamento competitivo delle imprese prevedendo, nella misura del possibile, il loro coinvolgimento nella definizione della azioni formative più opportune per il rientro al lavoro delle persone sospese o licenziate.

Pertanto, stante l’importanza, più volte richiamata, di collegare gli strumenti di tutela del reddito alle politiche attive, le Regioni hanno attivato programmi di politica attiva del lavoro a favore dei percettori di ammortizzatori sociali, in analogia con quanto previsto dal comma 33 dell’art. 4 della L. 92/2012, con priorità per coloro che perdono il lavoro, privilegiando laddove possibile il raccordo con i fondi interprofessionali per ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili. Sotto tale profilo, in molte Regioni sono stati ridefiniti i destinatari, gli obiettivi e le modalità dei programmi di politica attiva del lavoro, in connessione con gli ammortizzatori sociali in deroga, secondo le modalità innovative consentite dal mutato contesto normativo e tenendo conto delle risorse disponibili.

Dati di contesto e linee di attività 

In attesa che la riforma degli ammortizzatori sociali prevista dalla L. 92/2012 entri pienamente a regime e se ne possano analizzare interamente gli effetti sul mercato del lavoro attraverso indicatori di equità ed efficienza, anche in considerazione dell’avvenuta proroga dei termini per la costituzione dei fondi di solidarietà bilaterali, si rileva che la fase transitoria relativa al periodo 2013-2016 di gestione degli strumenti in deroga si stia configurando ben più complessa e difficile di quanto fosse nelle previsioni, richiedendo un notevole e rinnovato impegno di carattere interistituzionale e con le parti sociali. Ciò in considerazione del fatto che la crisi economico - produttiva non sia ancora finita e che si registrano solo in alcuni settori lievi segnali di ripresa, come emerge da alcuni dati sul mercato del lavoro che non appaiono incoraggianti.
Le stime prodotte dall’indagine Istat sulle forze di lavoro nel primo semestre 2013 mostrano, infatti, un’accentuata diminuzione su base annua del numero di occupati (-2,5%, pari a -585.000 unità), che ha interessato soprattutto il Mezzogiorno (-5,4%, pari a -335.000 unità), portando così il tasso di occupazione della popolazione tra i 15 e 64 anni al 55,7%, con una flessione dell’1,4% sul II trimestre 2012. Particolarmente preoccupante appare la continua discesa del tasso di occupazione dei giovani, che per i 18-29enni diminuisce dal 40,2% rilevato nel secondo trimestre 2012 all’attuale 36,6%. A ciò si accompagna un ulteriore incremento delle persone in cerca di occupazione, che raggiungono in totale i 3.075 milioni e tale aumento ha interessato in circa otto casi su dieci gli ex-occupati (21,9%, pari a +303.000 unità) che raggiungono i 1.682 milioni.
Con riferimento ai settori produttivi si rileva che nell’industria in senso stretto prosegue la flessione dell’occupazione, con una discesa tendenziale del 2,4% (-111.000 unità), cui si associa la più marcata contrazione di occupati nelle costruzioni (-12,7%, pari a -230.000 unità) e per il secondo trimestre consecutivo, e a ritmi più sostenuti, l’occupazione si riduce anche nel terziario (-1,0%, pari a -154.000 unità). Il ricorso all’integrazione salariale nei primi sei mesi dell’anno, dopo un avvio in crescita, mostra un relativo assestamento sui livelli, peraltro molto elevati, del 2012, con un monte ore autorizzato per le imprese dell’industria pari a 68 milioni. Un differente discorso va effettuato per il settore delle costruzioni che ha utilizzato 69,9 milioni di ore Cig, con un aumento tendenziale di 8,9 ore rispetto al II semestre 2012 e per le imprese dei servizi che hanno utilizzato 15,2 milioni di ore di Cig per mille ore lavorate, registrando rispetto al secondo trimestre 2012 un incremento di 1,4 ore ogni mille. Risulta, pertanto, in aumento il flusso di iscrizioni nelle liste di mobilità da procedure di licenziamento collettive, ad indicare che il rallentamento nell’utilizzo dell’integrazione salariale dipende, almeno in parte, dallo sbocco verso la mobilità di situazioni critiche per le quali non è stato più possibile prorogare la copertura assicurata dalla Cig.

Alla luce di tale quadro, pertanto, le Regioni e Province autonome sono da tempo impegnate in una fase di confronto con il ministero del Lavoro, al fine di individuare soluzioni valide e risorse finanziare adeguate che consentano di far fronte alla difficile situazione di crisi occupazionale che su alcuni territori sta assumendo carattere di emergenza. Si attende a breve l’emanazione del decreto di cui all’art. 4 del D.L. 54/2013, da parte del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, per la determinazione dei criteri di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, con particolare riguardo ai termini di presentazione, alle causali di concessione, ai limiti di durata e reiterazione delle prestazioni anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre prestazioni di sostegno del reddito, alle tipologie dei datori di lavoro e dei lavoratori beneficiari. Inoltre, un ambito di confronto tra le Regioni ha riguardato l’implementazione dei flussi amministrativi per la gestione degli ammortizzatori sociali in deroga, anche con la previsione dell’invio alle Regioni dei moduli SR 41 da parte delle imprese, con la finalità di monitorare l’andamento della spesa e accertare l’eventuale presenza di economie da utilizzare in tempi brevi.

Infine, si richiama per completezza l’art. 8 del D.L. 76/2013 che prevede l’istituzione presso il ministero del Lavoro della Banca dati sulle politiche attive e passive attraverso il raccordo con banche dati esistenti (ovvero la Banca dati percettori di cui all’art. 19 del D.L. 185/2008; l’Anagrafe degli studenti e laureati delle università di cui all’art. 1-bis del D.L. 105/2003; la dorsale informativa  di cui al comma 51 dell’art. 4 della L. 92/2012). Nella citata banca dati andranno a confluire le informazioni relative alle persone da collocare nel mercato del lavoro, ai servizi erogati per favorire la collocazione e alle opportunità di impiego, con la finalità di consentire un utilizzo più efficiente dei dati disponibili e per attuare in maniera più efficace le politiche attive del lavoro e di ricollocazione dei lavoratori.