Premessa
di Teresa Cianni
Settore Fse - Tecnostruttura
Il quadro di recessione che ha caratterizzato lo scenario economico italiano degli ultimi anni ha impattato negativamente sul tessuto produttivo, determinando una sempre più frequente incapacità delle imprese ad adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti di terzi (lavoratori, fornitori ecc.). Ciò ha comportato un significativo aumento delle procedure di espropriazione forzata promosse nei confronti delle medesime, per il soddisfacimento dei crediti, che si è riverberato in diversi casi anche sulle amministrazioni pubbliche.
Diverse sono state infatti le PA destinatarie di atti di pignoramento presso terzi, a seguito di procedimenti esecutivi proposti da soggetti privati nei confronti di enti che sovente beneficiano di risorse di provenienza comunitaria. La particolare natura di tali Fondi, quali trasferimenti destinati al perseguimento di obiettivi della UE, ha, tuttavia, sollevato dubbi interpretativi in merito alla loro assoggettabilità a provvedimenti coercitivi. Su impulso di alcune Regioni è stato quindi avviato un approfondimento in materia di pignorabilità dei fondi europei, che si propone di offrire una possibile chiave di lettura a partire dal panorama normativo e giurisprudenziale sul tema.
Muovendo dalle prime pronunce della Cassazione, in materia di pignoramenti presso la pubblica amministrazione, l’istruttoria mette in luce come, rispetto alla posizione iniziale diretta ad assegnare alla PA una posizione di privilegio che la sottraeva a qualsivoglia procedura di espropriazione forzata, a partire dagli anni Ottanta si assiste ad un cambiamento di rotta che porta i giudici ad equiparare l’amministrazione pubblica ai soggetti privati e a sancire che, solo in presenza di un vincolo di destinazione, le somme ed i crediti diventano patrimonio indisponibile e non possono essere oggetto di pignoramento.
Per quanto attiene più direttamente alla pignorabilità delle risorse comunitarie, e più nello specifico dei Fondi strutturali, il contributo fornisce una disamina delle principali sentenze emesse dagli organi giurisdizionali italiani e dalla Corte di Giustizia europea, che indurrebbero a ritenere tali somme impignorabili in quanto assoggettate ad un vincolo di destinazione alla realizzazione di obiettivi di interesse pubblico. A completare il quadro alcuni cenni ad elementi procedurali di rilievo, che potrebbero essere di ausilio alle amministrazioni nella predisposizione di pareri/scritti difensivi, nei casi di provvedimenti coercitivi posti in essere da terzi per il soddisfacimento dei loro crediti.
La sezione conclusiva sintetizza infine i principi chiave, tratteggiati nella normativa e nella giurisprudenza nazionale e comunitaria, su cui poggia la tesi dell’impignorabilità delle risorse della UE, provando altresì ad identificare i provvedimenti amministrativi da cui discenderebbe il vincolo di destinazione delle risorse dei PO che le sottrarrebbe alle azioni di espropriazione forzata.
La presente trattazione focalizza l’attenzione esclusivamente sulle fattispecie di pignoramenti disposti da terzi nelle mani della pubblica amministrazione. Esulano pertanto dalla stessa i casi di deroga al principio dell’integrità dei pagamenti ai beneficiari, introdotte dalle recenti modifiche alla normativa nazionale sugli appalti pubblici e potenzialmente ascrivibili all’ambito delle compensazioni tra rapporti di debito/credito nei confronti della PA, che potranno essere eventualmente oggetto di ulteriore approfondimento.
Pignoramento di denaro nei confronti delle PA: evoluzione dell'orientamento giurisprudenziale
Con riguardo a procedure di esecuzione forzata promosse nei confronti della pubblica amministrazione è opportuno preliminarmente sottolineare che per diversi anni si è affermato un indirizzo giurisprudenziale in base al quale “le somme di denaro e i crediti pecuniari dello Stato e degli enti pubblici, quando iscritti nei rispettivi bilanci preventivi, si presumevano destinati ad un pubblico servizio e non potevano pertanto essere sottratte alla loro destinazione assoggettandole con il pignoramento all’esecuzione forzata. La destinazione dei proventi pecuniari al pubblico servizio originava dalla semplice iscrizione in bilancio e si attuava non singolarmente per ogni entrata, ma globalmente per tutte le somme iscritte nella parte passiva” [ex plurimis Cass. Sez. III civ. 3 gennaio 1967 n.1]. Corollario di questa impostazione era che l’iscrizione di somme e crediti preventivi nei bilanci dello Sato e degli enti pubblici era di per sé sufficiente per farli qualificare come “beni destinati ad un pubblico servizio” (ex art. 828 c.c.) quindi inalienabili e inespropriabili, sulla base dell’assunto che la legge di approvazione del bilancio non vincolava solo la PA, ma operava anche nei confronti dei terzi (1).
Negli ultimi anni si è registrata, tuttavia, un’importante evoluzione della giurisprudenza che ha portato ad un’inversione di tendenza rispetto alla linea tradizionale.
Le più recenti pronunce della Corte di Cassazione hanno portato infatti ad affermare che alla pubblica amministrazione si applica il principio della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. “Poiché le limitazioni della responsabilità patrimoniale sono ammesse solo nei casi stabiliti dalla legge - ha sancito la Corte - le somme di denaro ed i crediti dello Stato e degli altri Enti pubblici possono essere conclusi dall’azione esecutiva soltanto se un’apposita norma di legge (o un provvedimento amministrativo che nella legge trovi fondamento) imprima loro un vincolo di destinazione ad un pubblico servizio in modo da creare un collegamento diretto tra quelle entrate ed un determinato servizio pubblico, restando insufficiente a tal fine la semplice iscrizione della somma nel bilancio preventivo dello Stato o dell’Ente pubblico” [Cass. 15 settembre 1995 n. 9727].
La ratio, alla base dell’orientamento del Supremo collegio, va ricercata nella considerazione che il bilancio non può incidere sulla sostanza dei rapporti tra lo Stato/ente pubblico e gli altri soggetti dell’ordinamento, e paralizzare addirittura la responsabilità patrimoniale per l’adempimento di obbligazioni pecuniarie. (2)
“In realtà il bilancio, proprio perché contempla tutte le entrate e tutte le uscite in una visione globale, non consente in alcun modo di collegare singole entrate (determinate somme di denaro) a singole uscite (cioè all’espletamento di determinati servizi); non può pertanto essere considerato come fonte di un vincolo di destinazione in senso tecnico di particolari somme, tale da sottrarle all’azione espropriativa dei creditori” [Cass. Sez. Un. 13 luglio 1979 n. 4071].
“Di fronte a sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro - prosegue la Corte - la posizione della PA è uguale a quella del privato, così come non ci sono differenze per la qualità pubblica o privata del soggetto debitore al fine della formazione del titolo esecutivo” [Cass. 5 maggio 2009, n. 10284].
Ne deriva che “a seguito della pronuncia di sentenza di condanna da parte del giudice amministrativo o del giudice ordinario, il pagamento del debito è un atto dovuto rispetto al quale la PA manca di potere discrezionale, con la conseguenza che in caso di inerzia, la situazione del creditore integra un diritto soggettivo tutelabile dinnanzi al giudice ordinario attraverso l’esecuzione forzata per espropriazione” [Cass. Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4071 e Cass. Sez. Un. 25 ottobre 1999, n. 740]. La non assoggettabilità all’esecuzione medesima potrebbe discendere soltanto dal fatto che le somme, in virtù di uno specifico vincolo di destinazione impresso mediante legge o atto amministrativo, concorrano a formare il patrimonio indisponibile dell’ente pubblico/Stato, mentre la mera iscrizione nel bilancio preventivo non vale di per sé a determinare l’indisponibilità. Per giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione infatti “i crediti della PA sono pignorabili salvo abbiano ricevuto per effetto di una disposizione di legge o di un provvedimento amministrativo, una precisa e concreta destinazione ad un pubblico servizio. In tal caso i crediti e le somme di denaro diventano indisponibili e non possono essere sottratte alla loro destinazione, e quindi sono impignorabili per il soddisfacimento di crediti di terzi verso la PA” [ex plurimis Cass. 5/5/2009 n. 10284; 12/2/2008 nr 3287].
La condicio si ne qua non posta dalla Corte è comunque che “il vincolo d’impignorabilità deve risultare da una precedente delibera della Giunta Regionale e non dalla sola iscrizione del denaro dell’Ente in bilancio” [Cass. Sez Un. 13/7/1979 n. 4071; Corte Costituzionale 21/7/1981 n. 138].
In estrema sintesi il principio che la Cassazione ha voluto affermare è che i crediti e le somme di denaro dello Stato sono pignorabili, salvo siano destinate ad un pubblico servizio o all’attuazione di una funzione istituzionale dell’amministrazione, per diposizione di legge o di un provvedimento amministrativo. Solo in presenza di questo vincolo di destinazione, le somme ed i crediti diventano patrimonio indisponibile [Cass. Sez. Un. 13/7/1979, n. 4071; Cass. 8/11/1983, n. 6597; Corte Cost. 21/7/1981, n. 138]. Conseguentemente, l’esecuzione per espropriazione è limitata ai soli crediti ed alle somme di denaro non destinate a pubblici servizi (3).
Tale disciplina ha superato anche il vaglio di costituzionalità della Consulta, che ne ha ribadito la ratio e la legittimità, in quanto finalizzata all’attuazione dell’interesse pubblico e al regolare svolgimento dell’attività amministrativa [Corte Cost. 23/4/1998, n. 142; ld. 9/10/1998, n. 350; ld. 9/10/1998, n. 353].
Limiti ai pignoramenti presso la PA: somme di provenienza comunitaria
Con riferimento alle fattispecie di pignoramento presso terzi (presso la pubblica amministrazione) profili di problematicità potrebbero porsi relativamente ai Fondi di provenienza comunitaria, che le PA sono chiamate a gestire per la realizzazione di obiettivi fissati dall’Unione.
Sul piano operativo si tratterà di verificare se tali risorse possono essere qualificate quali somme vincolate, come tali impignorabili in quanto ricomprese nel patrimonio indisponibile dell’ente pubblico. In altre parole si tratterà di verificare la sussistenza di speciali disposizioni di legge che, ai sensi dell’art. 545, comma 6, del c.p.c., imprimano alle stesse un vincolo di destinazione che legittimi la loro sottrazione al soddisfacimento degli interessi dei creditori (4).
Allo scopo viene innanzitutto in rilievo l’articolo 1 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità Europee, a mente del quale “i beni e gli averi della Comunità non possono essere oggetto di alcun provvedimento di coercizione amministrativa o giudiziaria senza autorizzazione della Corte di Giustizia”.
Per quanto attiene ai Fondi strutturali, giova altresì richiamare l’articolo 80 del Reg. 1083/2006, che nel disciplinare i pagamenti, statuisce che “gli Stati membri si accertano che gli organismi responsabili dei pagamenti assicurino che i beneficiari ricevano l'importo totale del contributo pubblico entro il più breve termine e nella sua integrità. Non si applica nessuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione di detti importi per i beneficiari”. La riferita disposizione mira a garantire che i beneficiari di interventi cofinanziati attraverso le risorse dei Fondi strutturali, ricevano integralmente gli importi per la realizzazione dei progetti presentati e che non si possa applicare alcuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione di detti importi.
Peraltro l’articolo 80 sembra ampliare la portata applicativa del principio di integrità, rispetto all’analoga previsione sancita dall’art. 32 del precedente Reg.(CE) 1260/99, riferendola al totale del contributo pubblico e non soltanto all’importo corrispondente alla partecipazione dei fondi comunitari.
Coerentemente con la definizione di spesa pubblica fornita al paragrafo 5 dell’articolo 2 del Reg. (CE) 1083/2006, l’Agenzia delle Entrate in una risoluzione fornita in risposta ad un interpello (5), ha chiarito che l’espressione “contributo pubblico” debba intendersi riferita non solo ai contributi provenienti dal bilancio dell’Unione europea, ma anche ai contributi di cofinanziamento provenienti dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali e più in generale dagli enti riconducibili alla definizione di cui al summenzionato art. 2, comma 5. Ne discende, ad avviso dell’Agenzia, che “nessuna detrazione o trattenuta possa essere applicata ai trasferimenti da effettuare ai beneficiari a titolo di finanziamento di operazioni finanziate dai Fondi Comunitari sia con riferimento alla quota a carico del bilancio UE sia ai contributi di cofinanziamento provenienti dallo Stato o dagli enti pubblici territoriali”.
Le suddette previsioni appongono in sostanza alle citate somme, sia pure indirettamente, un vincolo di destinazione che ne impedisce l’aggressione mediante espropriazione presso terzi. (6) In tal senso si è espressa l’Avvocatura distrettuale dello Stato secondo cui “le somme destinate dalla Comunità Europea al finanziamento dei fondi strutturali sono vincolate nella loro destinazione, potendo essere utilizzate unicamente per gli obiettivi di sviluppo fissati in ambito comunitario” (7). Tale interpretazione ha trovato concorde la Corte di Giustizia dell’Unione europea. Quest’ultima, chiamata a pronunciarsi su fattispecie di pignoramento presso terzi, sebbene riferite a casistiche parzialmente diverse, ha rigettato le domande di autorizzazione a procedere al pignoramento ritenendo che “l’autorizzazione del pignoramento significherebbe, nella specie, destinare ad interessi particolari estranei alla politica della cooperazione allo sviluppo, fondi espressamente destinati dalla Comunità a tale politica. Con la conseguenza che detti provvedimenti coercitivi potrebbero ostacolare il buon funzionamento delle Comunità andando ad incidere sul finanziamento delle politiche comuni o sull’attuazione dei programmi d’azione decisi dalla Comunità” [ordinanza 29.5.2001 – Causa C-1/00 SA; causa C-1/02 SA del 27.03.2003].
Analoga valutazione aveva del resto precedentemente indotto la Corte, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto un pignoramento di somme che le Comunità dovevano pagare ad uno Stato membro a titolo di canoni di locazione, ad accogliere la richiesta della ricorrente autorizzando il pignoramento nelle mani della CE nei limiti delle sole somme dovute a titolo di canone di locazione. Tale orientamento derivava infatti dalla considerazione che “tale provvedimento, a differenza di quelli di natura coercitiva che incidono sul finanziamento delle politiche comuni o sull’attuazione di programmi d’azione stabiliti dalle Comunità, non può ostacolare il funzionamento di tali politiche/programmi” [ordinanza 11.4.1989 causa 1/88 SA].
In ambito nazionale, a sancire l’impignorabilità dei Fondi strutturali, in quanto somme vincolate ad una specifica destinazione, sono recentemente intervenute due pronunce del Tribunale di Napoli e di quello di Vallo della Lucania.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza dell’8 febbraio 2011, ha sospeso l’esecuzione promossa nei confronti della Regione Campania, quale terzo pignorato in virtù di un obbligo nei riguardi del debitore esecutato ma nella qualità di organo incaricato dalla Comunità europea del pagamento di provvidenze erogate dalla stessa Comunità per il finanziamento di progetti rientranti nel PO Fesr. A fondamento della propria decisione il giudice ha dedotto “l’esistenza di un vincolo di destinazione sulle somme e la loro conseguente non aggredibilità in via esecutiva. Vincolo da affermarsi - prosegue il magistrato - alla stregua di quanto sancito: a) nelle generali previsioni contenute nel Trattato istitutivo della Comunità europea, e segnatamente dell’art. 1, secondo periodo del protocollo 36 allegato a detto Trattato”; b) nella specifica disposizione dell’ordinamento interno dettata dall’art.2, comma secondo, del DPR 24 dicembre 1974 n. 727 come modificato dall’articolo 3, comma 5 duodicies, legge 11 novembre 2005 n. 231 (” le somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni dell’ordinamento comunitario relative a provvidenze finanziarie, la cui erogazione sia affidata agli organismi pagatori riconosciuti ai sensi del Regolamento (CE) n. 1663/95 del 7 luglio 1995 della Commissione, non possono essere sequestrate, pignorate o formare oggetto di provvedimenti cautelari tranne che per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze”)” [Tribunale di Napoli 13 f. , sezione quinta bis, 8 febbraio 2011].
Sulla stessa linea anche la decisione del Tribunale di Vallo della Lucania che - con sent. 117/2013- ha rigettato la domanda di Equitalia di pignoramento presso terzi, promossa nei confronti dell’Ente Parco, sulla base dell’assunto che: “i finanziamenti a specifica destinazione sono impignorabili, in deroga alle procedure di rito, in quanto perseguono obiettivi di programmi di sviluppo pubblico”.
Elementi procedurali di rilievo
Sotto il profilo procedurale va evidenziato come il provvedimento che dispone “il pignoramento su fondi vincolati sia affetto da nullità; per le Regioni tuttavia la nullità non è rilevabile d’ufficio dal giudice ma deve essere dedotta con opposizione agli atti esecutivi” [art. 159 c.2 D.Lgs 18/8/2000 n. 267]. “L’eccezione della non assoggettabilità del credito ad esecuzione forzata (contestazione dell’impignorabilità dei Fondi) esula, infatti, dall’accertamento dell’obbligo del terzo e costituisce in linea di principio motivo di opposizione agli atti esecutivi (deducibile ex art. 617 c.p.c.) e non di opposizione all’esecuzione, trattandosi di contestazione della procedibilità dell’esecuzione e non del diritto di procedere alla stessa” [Cass. 20/2/2006, n. 3655].
“L’onere della prova (art. 2697 c.c.) dell’impignorabilità delle somme grava in ogni caso sulla PA che dovrà dimostrare due circostanze: 1) l’esistenza di una delibera di giunta antecedente alla notificazione dell’atto di pignoramento presso terzi, 2) l’insussistenza di somme disponibili, dedotte quelle vincolate” (Cass. 18/1/2000, n. 496).
“Qualora il pignoramento riguardi crediti di cui all'art. 545, terzo e quarto comma (somme dovute a titolo di stipendio, salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro, o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento), quando il terzo non compare all'udienza stabilita, il credito pignorato, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, e il giudice provvede a norma degli artt. 552 e 553 c.p.c. (rispettivamente, assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo e assegnazione e vendita di crediti)” [art 548 c.pc. a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge di stabilità 2013 – L. 24 dicembre 2012 n. 24 art. 1 comma 20].
Conclusioni
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, e sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale delineatosi a livello europeo e nazionale, deve dunque concludersi che i finanziamenti europei, in quanto fondi soggetti ad uno specifico vincolo di destinazione, sono impignorabili per il soddisfacimento di crediti di terzi verso la PA.
Tale vincolo di destinazione trova origine innanzitutto nelle disposizioni contenute nel Trattato istitutivo della Comunità europea, e segnatamente nell’art. 1, secondo periodo del protocollo 36 allegato a detto Trattato.
Per i Fondi strutturali il vincolo discende, altresì, dall’atto amministrativo di approvazione del Programma operativo (es. delibera di giunta), che impegna le somme alla realizzazione di servizi di interesse pubblico, nonché dal provvedimento con cui le Regioni procedono all’approvazione delle graduatorie dei progetti ammessi al finanziamento, definendo gli importi da corrispondere ai singoli beneficiari. A tale riguardo si evidenzia come, in virtù dell’impianto complessivo del sistema di finanziamento dei Fondi strutturali, basato su un meccanismo di rimborsi a fronte di spese effettivamente sostenute dai soggetti attuatori, le amministrazioni titolari di programmi cofinanziati dalla UE siano assimilabili agli organismi pagatori riconosciuti (di cui al Reg. (CE) n. 1663/95 del 7 luglio 1995) e come tali assoggettate alla medesima disciplina per essi prevista dall’articolo 3, comma 5 duodicies, legge 11 novembre 2005, n. 231.
Per effetto di tale equiparazione le somme dovute agli aventi diritto in attuazione di programmi cofinanziati dalla UE, relative a provvidenze finanziarie la cui erogazione sia affidata a soggetti pagatori, non possono essere sequestrate, pignorate o formare oggetto di provvedimenti cautelari in quanto costituiscono un semplice trasferimento di somme che transitano per la PA ma sono destinate al conseguimento di precisi obiettivi di interesse pubblico.
La soggezione dei Fondi strutturali ad un vincolo di destinazione, risulta d’altra parte comprovata dalla norma che il Regolamento generale pone a garanzia dell’integrità dei pagamenti da corrispondere ai beneficiari (art. 80 del Reg. 1083/2006). In forza di tale disposizione “la PA deve assicurare che i beneficiari ricevano l’importo totale del contributo pubblico entro il più breve tempo possibile e nelle sua integrità. Non è dunque possibile applicare alcuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione di detti importi per i beneficiari”.
A conferma della impignorabilità delle somme in parola vengono da ultimo in rilievo gli articoli 633 e 744 del codice di procedura civile, che sanciscono quale requisito imprescindibile per procedere ad esecuzione forzata che il credito sia certo, liquido ed esigibile. Con il termine certo si intende che il credito non è controverso nella sua esistenza; liquido vuol dire determinato nel suo ammontare o facilmente determinabile; esigibile significa che non è sottoposto a condizione sospensiva né a termini, ovvero è venuto a maturazione e può essere fatto valere in giudizio.
Nella fattispecie delle sovvenzioni Fse il credito difetta del requisito della certezza e della liquidità; tali presupposti si concretizzano infatti solo al momento in cui viene ultimata la verifica rendicontuale delle spese e determinato il saldo complessivo dell'operazione finanziata. Fino a quel momento si tratta di crediti sottoposti a condizione o, comunque, incerti ed eventuali, e perciò privi di attitudine satisfattiva. Del resto denegare ai Fondi strutturali la natura di somme vincolate rischierebbe di esporre ad un potenziale lesivo il conseguimento degli obiettivi dell’Unione. La qualificazione quali risorse libere ne determirebbe, infatti, l’assoggettabilità a provvedimenti coercitivi, implicando la possibilità di destinarle ad interessi particolari estranei alle politiche della UE.