Premessa
di Teresa Cianni
Tecnostruttura - Settore FSE
Dopo un primo studio in tema di pignorabilità dei fondi europei nel 2013, Tecnostruttura oggi torna sull’argomento per un aggiornamento del panorama normativo e giurisprudenziale.
Muovendo dalle prime pronunce della Cassazione in materia di pignoramenti presso la pubblica amministrazione, questo approfondimento mette in luce come rispetto alla posizione iniziale diretta ad assegnare alla pubblica amministrazione una posizione di privilegio che la sottraeva a qualsivoglia procedura di espropriazione forzata, a partire dagli anni Ottanta si assiste ad un cambiamento di rotta che porta i giudici ad equiparare l’amministrazione pubblica ai soggetti privati e a sancire che solo in presenza di un vincolo di destinazione, le somme ed i crediti diventano patrimonio indisponibile e non possono essere oggetto di pignoramento.
Per quanto attiene più direttamente alla pignorabilità dei fondi europei, e più nello specifico, alla fattispecie del pignoramento presso terzi-PA l’elaborato fornisce una disamina delle principali sentenze emesse dagli organi giurisdizionali italiani e dalla Corte di Giustizia Europea, che indurrebbero a ritenere tali somme impignorabili in quanto assoggettate ad un vincolo di destinazione alla realizzazione di obiettivi di interesse pubblico stabiliti dall’Unione. A completare il quadro alcuni cenni ad elementi procedurali alla luce delle modifiche apportate lo scorso anno al codice di procedura civile.
La sezione conclusiva, infine, sintetizza i passaggi chiave su cui poggia la tesi dell’impignorabilità presso terzi – PA delle risorse della UE.
Pignoramento nei confronti delle pubbliche amministrazioni
Con riguardo a procedure di esecuzione forzata promosse nei confronti della pubblica amministrazione è opportuno preliminarmente sottolineare che per diversi anni si è affermato un indirizzo giurisprudenziale in base al quale le somme di denaro e i crediti pecuniari dello Stato e degli enti pubblici, quando iscritti nei rispettivi bilanci preventivi, si presumevano destinati ad un pubblico servizio e non potevano pertanto essere sottratte alla loro destinazione assoggettandole con il pignoramento all’esecuzione forzata. La destinazione dei proventi pecuniari al pubblico servizio originava dalla semplice iscrizione in bilancio e si attuava non singolarmente per ogni entrata, ma globalmente per tutte le somme iscritte nella parte passiva [ex plurimis Cass. Sez. III civ. 3 gennaio 1967 n.1]. Corollario di questa impostazione era che l’iscrizione di somme e crediti nei bilanci preventivi dello Sato e degli enti pubblici era di per sé sufficiente per farli qualificare come “beni destinati ad un pubblico servizio” (ex art. 828 c.c.), quindi inalienabili e inespropriabili, sulla base dell’assunto che la legge di approvazione del bilancio non vincolava solo la PA, ma operava anche nei confronti dei terzi.
Già dalla fine degli anni ‘70 si è registrata, tuttavia, un’importante evoluzione della giurisprudenza che ha portato ad un’inversione di tendenza rispetto alla linea tradizionale, affermando invece che alla pubblica amministrazione si applica il principio della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. e che la mera iscrizione nel bilancio preventivo non vale di per sé a determinare l’indisponibilità. “In realtà il bilancio, proprio perché contempla tutte le entrate e tutte le uscite in una visione globale, non consente in alcun modo di collegare singole entrate (determinate somme di denaro) a singole uscite (cioè all’espletamento di determinati servizi); non può pertanto essere considerato come fonte di un vincolo di destinazione in senso tecnico di particolari somme, tale da sottrarle all’azione espropriativa dei creditori”. Ancora, “Il vincolo d’impignorabilità deve risultare da una precedente delibera della Giunta Regionale e non dalla sola iscrizione del denaro dell’Ente in bilancio” [Cass. Sez Un. 13/7/1979 n. 4071; Corte Costituzionale 21/7/1981 n. 138]. La ratio alla base dell’orientamento della Corte va ricercata nella considerazione che il bilancio non può incidere sulla sostanza dei rapporti tra lo Stato/ente pubblico e gli altri soggetti dell’ordinamento, e paralizzare addirittura la responsabilità patrimoniale per l’adempimento di obbligazioni pecuniarie. (1)
Sempre su tale linea anche le più recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione hanno precisato che: “I crediti della PA sono pignorabili salvo abbiano ricevuto per effetto di una disposizione di legge o di un provvedimento amministrativo, una precisa e concreta destinazione ad un pubblico servizio. In tal caso i crediti e le somme di denaro diventano indisponibili e non possono essere sottratte alla loro destinazione, e quindi sono impignorabili per il soddisfacimento di crediti di terzi verso la PA” [ex plurimis: Cass. 15 settembre 1995 n. 9727; 5/5/2009 n. 10284; 12/2/2008 nr 3287].
“Di fronte a sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro - prosegue la Corte - la posizione della PA è uguale a quella del privato, così come non ci sono differenze per la qualità pubblica o privata del soggetto debitore al fine della formazione del titolo esecutivo” [Cass. 5 maggio 2009, n. 10284]. Inoltre la Corte Costituzionale ha anche affermato che “i limiti di pignorabilità dei beni patrimoniali dello Stato e degli Enti pubblici vanno individuati concretamente in relazione alla natura o alla destinazione degli specifici beni dei quali di volta in volta si chiede l'espropriazione” [Corte Cost. 25/06/1981 nr 138].
In sintesi, il principio affermato dalla giurisprudenza è che i crediti e le somme di denaro degli enti pubblici sono pignorabili, salvo siano destinate ad un pubblico servizio o all’attuazione di una funzione istituzionale dell’amministrazione, per diposizione di legge o di un provvedimento amministrativo su di essa basato (2). Solo in presenza di questo vincolo di destinazione, le somme ed i crediti diventano patrimonio indisponibile e quindi impignorabili.
Sotto un profilo sostanziale, si tratterà di verificare se le somme su cui è richiesto il pignoramento possono essere qualificate quali somme vincolate, come tali impignorabili in quanto ricomprese nel patrimonio indisponibile dell’ente pubblico, atteso che l’art. 545 del c.p.c. dopo aver elencato ai primi tre commi i crediti impignorabili (3) al comma 6 prevede espressamente “restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge” e che l’articolo 1 bis, comma 4, della legge n. 720/1984 (4) richiama i “vincoli di destinazione imposti o derivanti dalla legge”.
Per quanto riguarda in particolare l’impignorabilità dei fondi europei, la disposizione normativa da cui la giurisprudenza ha fatto discendere il vincolo di destinazione è l’articolo 1 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea, a mente del quale “i beni e gli averi della Comunità non possono essere oggetto di alcun provvedimento di coercizione amministrativa o giudiziaria senza autorizzazione della Corte di Giustizia”.
Va infine ricordato che, per poter essere pignorato, il credito deve essere certo, liquido ed esigibile, come sancito dal combinato disposto degli articoli 525, 633 e 474 del c.p.c. Con il termine certo si intende che il credito non è controverso nella sua esistenza; liquido vuol dire determinato nel suo ammontare o facilmente determinabile; esigibile significa che non è sottoposto a condizione sospensiva né a termini, ovvero è venuto a maturazione e può essere fatto valere in giudizio.
Nella fattispecie delle sovvenzioni FSE, il credito difetta del requisito della certezza e della liquidità fino a quando non viene ultimata l’attività di verifica di gestione sulle spese sostenute o sulle realizzazioni/risultati dell'operazione finanziata, attività che determina l’ammontare da versare a un beneficiario. Fino a quel momento, si tratta di crediti sottoposti a condizione o, comunque, incerti ed eventuali, e perciò privi di attitudine satisfattiva, ossia impignorabili.
Limiti ai pignoramenti presso la PA terza con riferimento a somme di provenienza comunitaria
Con riferimento alle fattispecie di pignoramento c/o terzi, presso la pubblica amministrazione, relativamente ai fondi di provenienza comunitaria, ed in particolare per quanto attiene ai Fondi Strutturali, viene in rilievo l’articolo 132 del Regolamento UE 1303/2013 recante disposizioni generali sui Fondi SIE; che nel disciplinare i pagamenti, statuisce che “l’autorità di gestione assicura che un beneficiario riceva l’importo totale della spesa pubblica ammissibile dovuta entro 90 giorni dalla data di presentazione della domanda di pagamento. Non si applica nessuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione di detti importi per i beneficiari”.
La riferita disposizione, quantunque la sua formulazione appaia sul piano letterale meno focalizzata sull’integrità del pagamento rispetto a quella dell’art. 80 del Regolamento 1083/2006 (5), mira a garantire che i beneficiari di interventi cofinanziati attraverso le risorse dei Fondi strutturali, ricevano per intero gli importi per la realizzazione dei progetti presentati (6). Ciò induce a ritenere che tale previsione apponga alle citate somme, sia pure indirettamente, un vincolo di destinazione che ne impedisce l’aggressione mediante espropriazione presso terzi. (7) In tal senso si è espressa l’Avvocatura distrettuale dello Stato secondo cui “le somme destinate dalla Comunità Europea al finanziamento dei fondi strutturali sono vincolate nella loro destinazione, potendo essere utilizzate unicamente per gli obiettivi di sviluppo fissati in ambito comunitario (8)”.
D’altro canto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi su fattispecie di pignoramento presso terzi di finanziamenti gestiti direttamente dalla Commissione Europea, ha rigettato le domande di autorizzazione a procedere al pignoramento in parola ritenendo che “l’autorizzazione del pignoramento significherebbe, nella specie, destinare ad interessi particolari estranei alla politica della cooperazione allo sviluppo, fondi espressamente destinati dalla Comunità a tale politica”. Con la conseguenza che detti provvedimenti coercitivi potrebbero ostacolare il buon funzionamento delle Comunità andando ad incidere sulle politiche comuni o sull’attuazione dei programmi d’azione decisi dalla Comunità [ordinanza 29.5.2001 – Causa C-1/00 SA; causa C-1/02 SA del 27.03.2003].
Analoga valutazione aveva del resto precedentemente indotto la Corte, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto un pignoramento di somme che le Comunità dovevano pagare ad uno Stato membro a titolo di canoni di locazione, ad accogliere la richiesta della ricorrente autorizzando il pignoramento. Tale orientamento derivava infatti dalla considerazione che “tale provvedimento, a differenza di quelli di natura coercitiva che incidono sul finanziamento delle politiche comuni o sull’attuazione di programmi d’azione stabiliti dalle Comunità, non può ostacolare il funzionamento di tali politiche/programmi” [ordinanza 11.4.1989 causa 1/88 SA], in quanto lo stabilirsi della Commissione sul territorio sarà apparso funzionale al raggiungimento degli obiettivi di politica europea.
In ambito nazionale, a sancire l’impignorabilità dei Fondi Strutturali, in quanto somme vincolate ad una specifica destinazione, sono intervenute due pronunce del giudice civile, una del Tribunale di Napoli e una di quello di Vallo della Lucania, nonché una recente sentenza del TAR Puglia. Il Tribunale di Napoli, con sentenza dell’8 febbraio 2011, ha sospeso l’esecuzione promossa nei confronti della Regione Campania, quale terzo pignorato in virtù di un obbligo nei riguardi del debitore esecutato ma nella qualità di organo incaricato dalla Comunità europea del pagamento di provvidenze erogate dalla stessa Comunità per il finanziamento di progetti rientranti nel PO FESR. A fondamento della propria decisione il giudice ha dedotto “l’esistenza di un vincolo di destinazione sulle somme e la loro conseguente non aggredibilità in via esecutiva”. Vincolo da affermarsi, prosegue il magistrato, alla stregua di quanto sancito: a) nelle generali previsioni contenute nel Trattato istitutivo della Comunità Europea, e segnatamente dell’art. 1, secondo periodo del protocollo 36 (9) allegato a detto Trattato”; b) nella specifica disposizione dell’ordinamento interno dettata dall’art.2 comma secondo, del DPR 24 dicembre 1974 n. 727 come modificato dall’articolo 3, comma 5 duodicies, legge 11 novembre 2005 n. 231 (”le somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni dell’ordinamento comunitario relative a provvidenze finanziarie, la cui erogazione sia affidata agli organismi pagatori riconosciuti ai sensi del Regolamento (CE) n. 1663/95 del 7 luglio 1995 della Commissione, non possono essere sequestrate, pignorate o formare oggetto di provvedimenti cautelari tranne che per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze”) [Tribunale di Napoli 13 f. , sezione quinta bis, 8 febbraio 2011].
Sulla stessa linea si pone anche la decisione del Tribunale di Vallo della Lucania che - con sent. 117/2013 - ha rigettato la domanda di Equitalia di pignoramento presso terzi, promossa nei confronti dell’Ente Parco sulla base dell’assunto che: “I finanziamenti a specifica destinazione sono impignorabili, in deroga alle procedure di rito, in quanto perseguono obiettivi di programmi di sviluppo pubblico”.
Da ultimo, anche il TAR Puglia -Lecce- chiamato a pronunciarsi in merito ad una controversia tra la Regione e la Provincia di Brindisi, in ordine al mancato riconoscimento di una somma corrisposta dalla Provincia - in qualità di terza pignorata - ai diretti creditori dell’ENAIP (lavoratori dipendenti dell’Ente di Formazione), ha ritenuto che “gli importi corrisposti in via di anticipazione alla Provincia esecutata costituiscono fondi aventi vincolo di destinazione (PO Puglia FSE 2007-2013 – LR n. 15/2002) per cui non sono assoggettabili a pignoramento. Tale vincolo di destinazione trova fondamento – ad avviso del Collegio - nel principio di integrità dei pagamenti ai beneficiari, sancito dall’art. 80 del Reg. (CE) n.1083/2006 a mente del quale “gli Stati Membri accertano che gli organismi responsabili dei pagamenti assicurino che i beneficiari ricevano l’importo totale del contributo pubblico entro il più breve tempo possibile e nella sua integrità. Non si applica nessuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione di detti importi per i beneficiari”; nonché nell’art. 23, co.3, LR 15/2002 secondo cui “le convenzioni oppure atti unilaterali d’obbligo [per l’affidamento delle attività formative o di orientamento professionale, come nel caso in esame devono prevedere che i fondi assegnati siano utilizzati esclusivamente per i fini per i quali sono attribuiti e che degli stessi venga dato regolare rendiconto a conclusione delle attività, con restituzione delle eventuali somme non utilizzate]” [TAR Puglia- Lecce sentenza del 22/12/2014].
Elementi procedurali di rilievo del pignoramento presso terzi
Sotto il profilo procedurale si evidenzia come il Decreto Giustizia (DL n. 132/2014 convertito dalla legge n. 162/2014) abbia introdotto importanti novità in materia di esecuzione coattiva, con particolare riferimento agli artt. 543 e segg. del codice di procedura civile, che disciplinano il pignoramento di crediti del debitore che risultino in possesso di terzi soggetti. Innanzitutto si rileva come l’atto di pignoramento presso terzi (la citazione) non dovrà più essere necessariamente notificato personalmente, vale a dire “a mani”, ma ciò potrà avvenire anche a mezzo posta.
Una volta notificato il pignoramento e restituito l’originale dello stesso a cura dell’ufficiale giudiziario (diversamente da quanto avveniva nel codice previgente), il creditore dovrà entro trenta giorni depositare nella cancelleria del Tribunale competente per l’esecuzione (quello di residenza del debitore) la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell’atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, ai fini della costituzione del fascicolo dell’esecuzione (10). Il mancato deposito della predetta documentazione, nel termine sopra indicato, comporta la perdita di efficacia del pignoramento. Ad ogni modo il citato Decreto Giustizia (art. 164 ter disp. att. c.p.c) sancisce l’obbligo per il creditore, che nei termini di legge non abbia provveduto all’iscrizione a ruolo del pignoramento, di dare comunicazione “entro cinque giorni dalla scadenza del termine” dell’inefficacia del pignoramento mediante atto notificato al debitore ed al terzo. Il richiamato articolo dispone inoltre che resta in ogni caso ferma la cessazione di ogni obbligo del debitore e del terzo con il mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nei termini di legge.
Ulteriore aspetto rilevante della riforma riguarda la dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c. Per effetto delle modifiche apportate all’art. 548 c.p.c, la mancata dichiarazione diventa infatti riconoscimento della debenza delle somme dovute all’esecutato o della sussistenza dei beni pignorati.(11) Infatti il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato se l’allegazione del creditore consente l’identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo e il giudice provvede, a norma dell’articolo 553, all’assegnazione e vendita di crediti. Per il terzo incolpevole il novellato art. 148 c.p.c. consente tuttavia l’utilizzo dello strumento dell’opposizione agli atti esecutivi contro l’ordinanza di assegnazione, a condizione che provi di non averne avuto tempestiva conoscenza “per irregolarità della notificazione dell’atto, il caso fortuito o la forza maggiore”.
La giurisprudenza prevalente più recente ritiene che nell’esecuzione per espropriazione la contestazione della pignorabilità di un bene o di una somma di denaro, importando il diritto ad agire in executivis, implica non già un’opposizione agli atti esecutivi, bensì un’opposizione all’esecuzione [tra le più recenti si veda Cass. Ord. n. 21876/2013; Cass. Sent. n. 11493/2015].
L’onere della prova (art. 2697 c.c.) dell’impignorabilità delle somme grava in ogni caso sulla pubblica amministrazione.
Conclusioni
Fermo restando che la decisione in merito alla pignorabilità/impignorabilità delle somme/crediti spetta al giudice, sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale delineatosi a livello europeo e nazionale, sembra si possa concludere che i finanziamenti europei, in quanto fondi soggetti ad uno specifico vincolo di destinazione, siano impignorabili per il soddisfacimento di crediti di terzi verso la pubblica amministrazione. Tale vincolo di destinazione trova origine, secondo la giurisprudenza nazionale, innanzitutto nelle disposizioni contenute nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e segnatamente dell’art. 1, secondo periodo del protocollo 7 allegato a detto Trattato.
Per quanto attiene nello specifico ai Fondi strutturali, tale vincolo discende dall’art.132 del Regolamento UE 1303/2013 posto a garanzia dell’integrità dei pagamenti da corrispondere ai beneficiari. In forza di tale norma infatti la PA deve assicurare che “i beneficiari ricevano l’importo totale della spesa pubblica ammissibile dovuta entro 90 giorni dalla data di presentazione della domanda di pagamento. Non è dunque possibile applicare alcuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione di detti importi per i beneficiari”.
Inoltre, la destinazione vincolata dei fondi discende dalla decisione della Commissione Europea e dall’atto amministrativo regionale di approvazione del Programma operativo (delibera di giunta), che individua gli obiettivi e le azioni di interesse pubblico cui le somme sono finalizzate; un’eventuale distrazione delle stesse risulterebbe lesiva per il conseguimento degli obiettivi della UE. Qualificare infatti i fondi trasferiti dalla UE alle Regioni quali risorse libere e come tali assoggettabili a provvedimenti coercitivi significherebbe (come evidenziato dalla Corte di Giustizia) destinare ad interessi particolari estranei alle politiche dell’Unione, fondi espressamente destinati dalla UE a tali politiche.
Infine, il provvedimento con il quale le Regioni procedono all’approvazione delle graduatorie dei progetti ammessi al finanziamento, individuando gli importi da corrispondere ai singoli beneficiari, determina l’impegno giuridicamente vincolante per l’amministrazione. Tuttavia va rilevato che, in linea con il sistema di finanziamento dei Fondi strutturali organizzato non come un'anticipazione di risorse, bensì come un sistema di rimborso di spese, gli importi che la PA deve corrispondere ai soggetti attuatori vengono determinati solo alla fine dell’attività con la presentazione del rendiconto del progetto e la verifica di gestione della Regione. Conseguentemente il credito non è certo liquido ed esigibile fino a quel momento e pertanto neanche pignorabile.
Nelle ipotesi di pignoramenti promossi da creditori del beneficiario che abbiano contribuito alla realizzazione del progetto per cui i fondi sono stati stanziati (es. lavoratori e/o fornitori del beneficiario), qualora il giudice condanni la PA a pagare il creditore del beneficiario e il credito sia divenuto pignorabile perché a seguito delle verifiche di gestione sul rendiconto si è solo in attesa della liquidazione del saldo, il pagamento diretto da parte della PA ai creditori del beneficiario troverebbe la sua legittimazione nella circostanza che i fondi UE non verrebbero distratti verso finalità diverse da quelle per cui sono state vincolate.
In tali particolari fattispecie non si determinerebbe, peraltro, una violazione del principio di integrità dei pagamenti configurandosi piuttosto una mera operazione di compensazione finanziario-contabile tra crediti e debiti vantati dal beneficiario nei confronti della PA (12).
Da ultimo considerato l’andamento ondivago della giurisprudenza sul tema della pignorabilità dei contributi erogati da soggetti pubblici (13), la certezza del diritto si realizzerebbe solo attraverso un provvedimento normativo dello Stato, che, in linea con la disciplina dettata per il FEASR dalla legge 11 novembre 2005 n. 231, sancisca l’impignorabilità dei Fondi Strutturali.