Premessa
di Cristina Iacobelli
Tecnostruttura - Settore Lavoro
Negli anni della pandemia, della conseguente crisi sociale, economica ed occupazionale, della difesa dei sistemi per preparare la strada alla ripresa, l’operato delle Regioni sul versante delle politiche del lavoro si è confermato davvero “resiliente”, in un quadro di forte evoluzione, con elementi di scenario complessi, nuovi, sfidanti.
Il biennio passato è stato cruciale per il sistema dei servizi per il lavoro. Le misure restrittive imposte dall’emergenza sanitaria, la sospensione e la conseguente riorganizzazione di molte attività a livello amministrativo, lavorativo ed economico, hanno costituito un banco di prova anche per i servizi per l’impiego, che hanno dovuto tempestivamente fronteggiare la criticità, una situazione del tutto inattesa, mantenendo fermi i capisaldi della continuità amministrativa, della garanzia di parità di accesso dei cittadini alle prestazioni, della tutela delle categorie di utenza più fragili. La necessità di contemperare tali principi con il rispetto delle regole di sicurezza e di prevenzione del contagio ha, altresì, offerto un impulso alla rimodulazione ed all’ammodernamento delle modalità di erogazione delle politiche attive, con lo sviluppo di nuove forme di svolgimento dei servizi a distanza. A ciò si è affiancata una nuova impostazione nella programmazione degli interventi, rivolti ad una platea di soggetti da inserire/reinserire nel mercato del lavoro in crescita esponenziale, nonostante gli effetti mitigatori prodotti dalla normativa nazionale in materia di blocco dei licenziamenti. Banco di dura prova e, al contempo, momento obbligatorio di “crescita”: entrambe le leve sono riscontrabili nell’attività delle Regioni ed entrambe sono state attivate a fronte di un’ondata di cessazione/sospensione dal lavoro di entità straordinaria, da contenere e contrastare con strumenti altrettanto non ordinari.
In questo contesto di complessità è proseguito, nel corso del 2020 e del 2021, l’impegno delle Regioni diretto al rafforzamento dei servizi per l’impiego, in attuazione del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l’impiego (CPI) e delle politiche attive del lavoro.
Di seguito, riportiamo gli elementi principali che caratterizzano il percorso di rafforzamento, offrendo una breve fotografia dello stato di avanzamento del Piano, sulla base dei monitoraggi realizzati periodicamente dagli uffici tecnici della Commissione XI Lavoro e Formazione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. A corredo, proponiamo alcuni brevi cenni alla luce dei nuovi profili strategici e programmatici intervenuti nel 2021, innovando ed ampliando in modo rilevante il panorama di riferimento del percorso di potenziamento dei CPI, con possibili ricadute operative non indifferenti.
Il percorso di potenziamento dei CPI
Il Piano straordinario, si rammenta, è stato approvato con l’Intesa della Conferenza Stato – Regioni del 17 aprile 2019 ed è stato formalmente adottato nel mese di giugno 2019 con il DM n. 78, provvedimento modificato in modo sostanziale a maggio 2020 dal DM n. 59.
Si tratta di un documento ambizioso, in cui sono definite in una cornice unitaria le coordinate per il rafforzamento dei CPI su un duplice crinale:
- il rafforzamento della base professionale, mediante l’immissione di un numero consistente di nuovi operatori nel sistema dei servizi, “fino a 11.600 unità”, secondo i dettami della legge di Bilancio 2019 (Articolo 1, comma 258, legge n. 145/2018, nel combinato disposto con l’articolo 12, comma 3 bis del DL n. 4/2019 convertito nella legge n. 26/2019);
- il rafforzamento delle infrastrutture dei servizi, mediante attività di ammodernamento e adeguamento delle sedi e delle strumentazioni dei CPI, a valere sullo stanziamento di risorse una tantum contenuto nella medesima legge di Bilancio 2019 per il biennio 2019 – 2020 (Articolo 1, comma 258 della legge 145/2018).
Successivamente all’adozione formale del Piano con il DM n. 74/2019 e alla sua modifica con il DM n.59/2020, con progressivi atti di natura tecnica/amministrativa del ministero del Lavoro sono state specificate le modalità attuative del documento, fornendo le necessarie indicazioni circa le tipologie di intervento finanziate dal Piano e ammissibili alla rendicontazione delle relative risorse.
Sul piano dell’impianto, il documento prevede l’attuazione mediante l’approvazione di specifici Piani regionali, chiamati a declinare sui territori le direttrici individuate nel quadro nazionale, in una logica di coerenza con le priorità tematiche e con lo schema delle attività ivi concordato, pur nel rispetto della specificità di ciascuna realtà regionale. Ciascun Piano regionale individua gli specifici rafforzamenti della rete territoriale dei CPI - indicando analiticamente gli interventi previsti, a valere sulle annualità delle risorse 2019 e 2020 - ed è condizione preliminare ai trasferimenti a decorrere dal 2020.
In particolare, nel mese di settembre 2020 – a distanza di più di un anno dalla approvazione del Piano - sono state rese disponibili dall’amministrazione centrale (con decreto del Segretario Generale del ministero del lavoro) Linee Guida ad hoc in merito alla sua attuazione a livello regionale ed alle modalità di rendicontazione della spesa. Di fatto, il chiarimento della cornice amministrativa si è posto come una precondizione ineludibile per poter dar seguito alle previsioni ed agli impegni condivisi nel documento, tramite la programmazione regionale. Le Regioni hanno potuto così definire in modo compiuto i propri dispositivi solo a partire dall’ultimo trimestre del 2020 - in alcuni casi procedendo all’aggiornamento dei piani inizialmente definiti - e in concomitanza con le successive indicazioni operative e strumentazioni fornite dal Ministero in relazione ai processi di rendicontazione ed al monitoraggio delle attività.
Dal monitoraggio realizzato alla fine di novembre dagli uffici della Commissione XI, risulta che a distanza di un anno, tutte le Regioni hanno approvato il piano territoriale attuativo del Piano straordinario, con l’eccezione di due realtà regionali che hanno trasmesso al ministero del Lavoro il proprio documento di programmazione, attualmente in fase di valutazione da parte dell’amministrazione centrale. Le linee di azione richiamate nei piani regionali corrispondono alle priorità di intervento individuate nella cornice nazionale. In particolare, le voci programmatiche di spesa per il rafforzamento dei CPI riguardano gli interventi di adeguamento strumentale e infrastrutturale delle sedi dei CPI, reclutamento del personale, informatizzazione dei servizi ed implementazione dei sistemi informativi, formazione del personale, comunicazione coordinata sui CPI, sviluppo di osservatori del mercato del lavoro. A tali ambiti prioritari, va aggiunta una voce relativa alle spese generali di attuazione del Piano, che ciascuna Regione ha previsto nell’ambito della riserva finanziaria (pari al tetto del 4% delle risorse attribuite per il rafforzamento a carattere infrastrutturale) definita dal Piano nazionale. Inoltre, sono state contemplate delle azioni di assistenza tecnica, tra cui azioni di supporto alle amministrazioni regionali nella fase di organizzazione dei concorsi per l’assunzione degli operatori. A valere sullo stanziamento una tantum di 70 milioni di euro previsto dall'articolo 12, comma 3 della legge n. 26/2019, destinato all'implementazione di attività connesse alla gestione del reddito di cittadinanza, alla luce del connesso ampliamento del bacino di utenza dei CPI, sono stati riportate attività di rafforzamento delle politiche attive e di acquisizione di risorse umane temporanee, nelle more dell’espletamento dei concorsi per il potenziamento degli organici in pianta stabile.
Una nuova cornice strategica
Sul percorso del potenziamento si sono innestati due fattori di rilievo, cha hanno condizionato ed orientato l’operatività regionale:
- l’irrompere della crisi pandemica, che nella prima fase ha comportato un inevitabile rallentamento delle procedure attuative sui territori, in connessione con le richiamate misure sospensive;
- il profilarsi di un nuovo orizzonte strategico, determinato dalla approvazione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), all’interno del programma europeo Next Generation EU, a riparo dei danni economici e sociali della crisi pandemica stessa.
Con la definizione del PNRR, in particolare, è mutato significativamente il contesto programmatico del Piano di Potenziamento, ricondotto nell’ambito più ampio della relativa Missione n. 5 “Inclusione e Coesione”, con uno stanziamento complessivo di risorse imponente (pari a complessivi 22,6 miliardi di euro, di cui 19,85 miliardi di derivazione europea e le restanti a valere sul Piano nazionale per gli investimenti complementari), finalizzate a facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione, a rafforzare le politiche attive del lavoro e i centri per l’impiego e favorire l’inclusione sociale (1).
Il Piano di Potenziamento dei CPI è diventato, così, parte costitutiva del PNRR, accanto al Programma Garanzia per l’Occupabilità (GOL), approvato ad ottobre 2021 mediante Intesa della Conferenza Stato – Regioni, a completamento ed innovazione del quadro degli interventi di riforma del sistema dei servizi per l’impiego.
La riconduzione del potenziamento dei CPI nell’alveo strategico del PNRR ha prodotto conseguenze sostanziali che si riflettono sul piano dell’attuazione sotto un triplice profilo di attenzione:
- l’estensione dell’orizzonte di durata del Piano nazionale di potenziamento e, a cascata, dei Piani regionali, alla luce della nuova valenza temporale del PNRR che si svilupperà nel quinquennio 2021- 2025;
- l’ampliamento della dotazione finanziaria del Piano nazionale, con lo stanziamento di ulteriori 200 milioni di euro finalizzati al rafforzamento a carattere anche infrastrutturale dei servizi (2), che si aggiungono ai precedenti stanziamenti pari a 400 milioni di euro, per un ammontare complessivo dell’investimento pari a 600 milioni di euro;
- l’applicazione delle regole per l’ammissibilità e rendicontazione della spesa e per il monitoraggio degli interventi proprie del PNRR al Piano di potenziamento, da contemperare con l’esigenza di preservare la coerenza con le indicazioni attuative specifiche di quest’ultimo;
- lo stretto grado di interrelazione che si pone tra il Piano di potenziamento dei CPI e il Programma GOL, per cui la buona riuscita del primo diventa non solo una condizione preliminare del secondo, ma anche parte integrante dei suoi target di risultato (3).
Sotto questo ultimo aspetto, le dimensioni sottese alle due iniziative - implementazione e qualificazione dei servizi per l’impiego e implementazione e qualificazione delle politiche attive da rivolgere alle categorie dei destinatari dei servizi – non possono essere disgiunte: i CPI rappresentano la porta di accesso agli interventi di attivazione, accompagnamento al lavoro e formazione elegibili sul Programma GOL e tali interventi (che saranno messi in atto dalla rete dei soggetti competenti sui territori in relazione agli ambiti di intervento) presuppongono, comunque, un sistema di servizi per l’impiego rafforzato e ben funzionante, nell’ambito della cornice unitaria del Programma, al fine della presa in carico dei cluster di beneficiari e dell’erogazione di percorsi di politica attiva individuati e modulati in rapporto alle caratteristiche ed ai fabbisogni dei primi.
Ad oggi, alla luce della cornice programmatica “alta” del PNRR, si profila la necessità di procedere ad un aggiornamento del Piano nazionale e, di conseguenza, dei piani territoriali attuativi, estendendone la durata al 2025 e integrando le attività funzionali al rafforzamento dei servizi per l’impiego secondo le indicazioni del PNRR relativamente alle risorse addizionali. Il quadro è tuttora in evoluzione; si pone ad ogni modo l’esigenza di salvaguardare la rendicontazione delle spese relative ai progetti già compiuti o in corso, secondo le modalità già definite dalle amministrazioni centrali, procedendo altresì ad un chiarimento del nuovo contesto amministrativo di riferimento, senza ulteriori appesantimenti burocratici che si tradurrebbero in un ulteriore rallentamento delle attività. In linea generale, emerge una necessità dirimente di sviluppare percorsi improntati alla logica della più ampia semplificazione amministrativa, per garantire un’attuazione del Piano di Rafforzamento in linea con le tempistiche e i target di risultato definiti dal Programma GOL.
Il potenziamento professionale
Il Piano prevede, come ricordato, un ampliamento degli organici dei CPI con l’immissione di nuove unità di operatori. Il potenziamento della base professionale dei servizi risponde ad un’istanza profondamente avvertita dalle Regioni, finalizzata a dotare il sistema dei CPI di nuovo personale assunto in pianta stabile, numericamente più consistente e professionalmente qualificato, superando così le persistenti forme di precarietà e discontinuità lavorativa che caratterizzavano questo comparto e consolidando una modalità di sostegno strutturale del sistema attraverso finanziamenti nazionali fissi.
A tal riguardo, la norma di Bilancio 2019 (legge n. 145/2018, articolo 1, comma 258, nel combinato disposto con l’articolo 12, comma 3 bis del DL n. 4/2019 convertito nella legge n. 26/2019) stanzia le risorse destinate alla messa in atto di un significativo programma di assunzioni, con l’obiettivo di un concreto raddoppio degli organici dei CPI, mediante l’immissione fino a 11.600 operatori aggiuntivi, assunti a tempo indeterminato. In particolare, le risorse previste contemplano i finanziamenti stabiliti per il 2019 (pari a 120 milioni di euro) e per il 2020 (pari a 160 milioni di euro, a decorrere da tale anno) per l’immissione fino a 4.000 nuove unità di personale da destinare ai CPI da parte delle Regioni/Agenzie ed enti regionali, Province e città metropolitane, ove delegate con legge regionale all’esercizio delle relative funzioni (ai sensi dell’articolo 1, comma 795, della legge n. 205/2017). A tale finanziamento viene affiancato per il 2020 un ulteriore stanziamento (nel limite di 120 milioni di euro) per assumere fino a 3.000 unità di personale dei CPI. A decorrere dal 2021, viene disposto uno stanziamento aggiuntivo (nel limite di 304 milioni di euro), per l’assunzione di fino a ulteriori 4.600 unità di personale (compresa la stabilizzazione delle 1.600 unità a tempo determinato del Piano di Rafforzamento del 21 dicembre 2017). Un corposo programma di assunzioni, dunque, che porterebbe, una volta compiuto, ad una crescita sostanziale e duratura dei servizi pubblici per l’impiego.
A monte, si pone una riflessione in merito alla corretta interpretazione dell’obiettivo quantitativo del rafforzamento professionale, indicato nei dispositivi normativi (fino a 11.600 nuove unità di operatori per i CPI). Di fatto, questo target costituisce un parametro di riferimento da modulare necessariamente in relazione agli specifici fabbisogni professionali dei sistemi organizzativi regionali. Si tratta, infatti, di un tetto massimo di spesa per ciascuna amministrazione regionale, che non può essere tradotto automaticamente in un numero fisso di persone da assumere, in quanto appare fortemente correlato ai profili professionali richiesti per l’implementazione del sistema (con inquadramenti contrattuali differenti, a seconda se riconducibili alla categoria C o alla categoria D nel pubblico impiego) e, di conseguenza, ai relativi costi salariali, comprensivi anche degli elementi variabili della retribuzione. In questo senso, lo stato di avanzamento del rafforzamento professionale deve essere considerato in rapporto alla complessiva dimensione qualitativa dei servizi per l’impiego, per un effettivo innalzamento delle risorse umane preposte ai servizi, nell’ambito delle scelte organizzative autonome delle Regioni sul territorio.
I dati di monitoraggio raccolti dalla Commissione XI ci restituiscono una fotografia di insieme del potenziamento professionale, che alla fine dell’anno si attesterà ad un aumento di più di 3500 operatori dei CPI, poco meno di un terzo delle assunzioni previste. Tale dato è destinato a crescere significativamente nel primo semestre del 2022, secondo la tempistica delle assunzioni programmata dalle Regioni e in linea con gli stanziamenti delle annualità di riferimento. Alle assunzioni a tempo indeterminato a valere sui contingenti di risorse stanziate dal Piano, le Regioni stanno affiancando le assunzioni con contratti a tempo determinato, a valere sulle risorse del POC SPAO e del PON Inclusione e riconducibili al Piano di Rafforzamento dei CPI adottato a dicembre 2017. Come richiamato, tali assunzioni a termine (pari a 1.600 nuove unità) sono comunque destinate alla stabilizzazione a decorrere dal 2021, alla luce di quanto previsto dal Piano straordinario che stanzia risorse ad hoc per l’implementazione in pianta stabile degli organici anche mediante questi operatori. Sotto il profilo delle modalità attuative del rafforzamento professionale, le Regioni hanno fatto ricorso sia all’indizione di procedure di concorso ad hoc per la selezione dei nuovi profili professionali ricercati, sia allo scorrimento, a tal fine, di graduatorie valide disponibili presso le amministrazioni regionali. Sul piano dei profili professionali richiesti, si evidenzia uno sforzo diffuso di innalzamento della qualificazione degli operatori preposti ai servizi, con la selezione nelle realtà regionali di profili alti, afferenti alla categoria D del pubblico impiego, e con competenze specialistiche, accanto alle figure a carattere amministrativo e con competenze a carattere trasversale.
Pesano, sul percorso di potenziamento, alcuni evidenti ritardi che sono riconducibili essenzialmente ad un duplice ordine di problematiche.
Da una parte, con l’irrompere della pandemia, si è verificato un inevitabile rallentamento nell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione del personale. Ci si riferisce, in particolare, alla sospensione dei concorsi pubblici per legge per quasi tutto il 2020 (impedendo così anche il completamento delle procedure già avviate) ed alla necessità di adottare ai fini dell’organizzazione delle prove d’esame regole di prevenzione dal contagio e di contingentamento delle presenze, con particolare riferimento alle prove scritte. Il blocco, in una prima fase emergenziale, e la successiva riorganizzazione delle attività imposte dal rispetto dei dispositivi di sicurezza nazionale anti COVID 19 hanno, di fatto, condizionato e reso più lenta la messa in atto dei concorsi per le assunzioni degli operatori dei servizi per l’impiego, pur programmate dalle amministrazioni regionali nei propri atti di pianificazione dei fabbisogni del personale. Gli stessi strumenti di semplificazione delle procedure concorsuali sono stati introdotti dalla normativa nazionale solo ad aprile del 2021 (DL n. 44/2021, convertito nella legge di conversione n. 76/2021, articolo 10).
Dall’altra, la mancata copertura dei costi fissi di gestione connessi al personale (cd. oneri di funzionamento) ha ostacolato il completamento dei programmi per le assunzioni. Rientrano in questa voce di spesa, a titolo di esempio, i costi per le locazioni, le utenze, le dotazioni, le manutenzioni e i servizi accessori, che necessariamente sono collegati allo svolgimento della prestazione di lavoro. Il sostegno in forma stabile degli oneri di funzionamento rappresenta, dunque, un tema essenziale, che ha condizionato la buona riuscita del potenziamento professionale degli organici. In mancanza di una copertura stabile degli oneri con risorse nazionali, le amministrazioni regionali non possono portare a pieno compimento le procedure selettive per l’attuazione dei piani di fabbisogno professionale definiti sui territori, dovendo gli enti regionali osservare sempre l’equilibrio di bilancio e preservate la legittimità economico-finanziaria e di regolarità contabile delle procedure stesse. Le Regioni, in più occasioni, hanno ribadito la necessità di intervenire su tale ambito di spesa, pena l’impossibilità di dare corpo al potenziamento. Un primo passo in avanti verso tale direzione, è stato compiuto dal DL 25 maggio 2021, n. 73, convertito nella legge n. 106/2021 (cd. “Sostegni Bis”), che ha previsto per il 2021 lo stanziamento di un importo pari a 70 milioni di euro, a copertura degli oneri di funzionamento correlati all'esercizio delle funzioni dei nuovi assunti nei CPI. Trattasi, tuttavia, di uno stanziamento una tantum, determinato solo per l’anno 2021 e, in quanto tale, non risolutivo della problematica, che attiene alla copertura di una spesa fissa e ricorrente. È solo con la manovra di Bilancio per il 2022, attualmente all’esame degli organi parlamentari, che sembra finalmente prendere forma e sostanza una soluzione alla questione. L'articolo 22 del disegno di legge di Bilancio dispone, infatti, la copertura a carattere strutturale dei costi fissi connessi alle assunzioni degli operatori dei CPI, recependo un'istanza lungamente manifestata nei momenti di confronto interistituzionale (4). Viene, finalmente, superata la logica temporanea sottesa allo stanziamento una tantum per la copertura degli oneri. Con l’inserimento di un finanziamento stabile in legge di Bilancio verrà rimosso dal 2022 definitivamente un ostacolo che, di fatto, ha bloccato l’immissione in servizio di operatori aggiuntivi, inficiando l’obiettivo stesso del Piano.
Il rafforzamento infrastrutturale
Rientra nel filone del rafforzamento infrastrutturale tutto un insieme di interventi di spesa, differente dalla spesa destinata al personale, che le amministrazioni regionali stanno realizzando, in virtù degli stanziamenti fissati dalla legge di Bilancio 2019 (legge n. 145/2018, articolo 1, comma 258) pari, rispettivamente, a 467,2 milioni di euro per il 2019 ed a 403,1 milioni di euro per il 2020. Si tratta di un’erogazione di risorse una tantum, pertanto a carattere non stabile. La destinazione di tali risorse riguarda attività di potenziamento anche infrastrutturale dei CPI e risponde all’esigenza, più volte ribadita dalle amministrazioni regionali, di un intervento straordinario, sostenuto da risorse nazionali, per l’ammodernamento e l’adeguamento dei CPI, al fine di rendere le strutture e gli strumenti - con particolare riferimento a quelli informatici – idonei a rispondere ai fabbisogni di garanzia dei LEP.
Dai monitoraggi effettuati dalla Commissione XI emerge una spesa extra personale che, alla fine del mese di novembre 2021, ammonta a circa 100 milioni di euro. Si tratta di un dato provvisorio, che è destinato ad aumentare laddove si tengano in conto anche le risorse finanziarie già impegnate con atti giuridicamente vincolanti, rispetto alle quali sussiste un vincolo di destinazione nell’utilizzo. Nell’ambito delle voci di spesa, le Regioni hanno contemplato anche le spese generali per l’attuazione, per le quali il Piano nazionale poneva una riserva finanziaria pari al 4%. Le voci di spesa segnalate dalle Regioni, in linea con le linee di intervento individuate dal Piano nazionale e con i relativi target di spesa, attengono per lo più allo sviluppo e manutenzione dei sistemi informativi, agli interventi infrastrutturali sulle sedi dei CPI ed agli interventi sulle dotazioni strumentali dei CPI, alla formazione del personale, alla comunicazione coordinata in merito alle politiche attive, allo sviluppo di osservatori del mercato del lavoro. Una parte delle risorse è stata utilizzata anche per le azioni di assistenza tecnica, correlate anche all’organizzazione dei concorsi.
In questo ambito, una parte del potenziamento riguarda interventi relativi all’adeguamento/implementazione delle sedi e dei locali adibiti a CPI. Si tratta, infatti, di una sfera di azione fondamentale, anche in vista dell’imminente aumento di personale dei CPI, che rende necessario e urgente dotarsi di nuove sedi, oltre che di sedi più idonee, alla luce della vetustà e dell’insufficienza del patrimonio immobiliare e della relativa strumentazione. Un intervento di tale natura, a carattere nazionale, risaliva ormai alla fine degli anni ‘90, quando si operò il primo decentramento amministrativo alle Regioni e alle Province delle funzioni in materia di servizi per l’impiego, comprensivo delle risorse umane e strumentali. Nella lunga fase di transizione, prima del passaggio dei CPI dalle Province alle Regioni, immobili e attrezzature non sono stati oggetto di alcun intervento manutentivo o tantomeno sostitutivo, subendo un lento e progressivo degrado. Rispetto a tale ambito, l’avanzamento del Piano nazionale appare ancora contenuto, alla luce di alcune criticità che le Regioni stanno riscontrando e che possono essere ricondotte essenzialmente ad un triplice ordine di problematiche.
In primo luogo, si pone la necessità di fluidificare ed omogeneizzare le procedure di interlocuzione sui territori con i Comuni, coinvolti in prima battuta nell’attuazione di questo segmento di potenziamento. Si ricorda, infatti, che il Piano nazionale richiama esplicitamente la norma posta dall’articolo 3 della legge n. 56/1987, in base alla quale è posto in capo ai Comuni l’onere della fornitura dei locali necessari per il funzionamento dei CPI. Secondo la disciplina tuttora vigente, dunque, le Regioni sono tenute a rivolgersi prioritariamente ai Comuni per verificare preliminarmente la disponibilità di immobili da adibire a sedi dei CPI. A questo proposito, dal monitoraggio emerge come sui territori si stia registrando una situazione molto variegata, con differenze tra le amministrazioni regionali e anche all’interno delle singole Regioni rispetto ai diversi territori comunali. Le Regioni hanno richiamato, in tal senso, l’opportunità di sviluppare un confronto strutturato con ANCI su questo tema, al fine di definire un quadro chiaro di regole e rapporti con le amministrazioni comunali, nonché individuare caratteristiche standard dei locali che i Comuni debbono mettere a disposizione.
Un secondo fattore di rilievo che incide sull’attuazione di questo segmento del potenziamento è costituito dalla tempistica necessaria per la realizzazione degli interventi sugli immobili, che appare fisiologicamente più lunga. La tipologia delle attività, infatti, richiede un pieno rispetto delle procedure e delle regole definite in materia di appalti, nonché un costante lavoro istruttorio, sul piano tecnico ed amministrativo, essenziale ai fini della riuscita dell’operazione. Ne consegue un allungamento dei tempi di realizzazione del potenziamento.
Un terzo punto di evidenza riguarda la complessità delle attività da porre in luogo, che richiede il possesso di competenze sia tecnico/trasversali, sia specifiche/settoriali. In questo senso, le Regioni stanno procedendo al rafforzamento degli gli organici dei CPI e delle Agenzie regionali, mediante l’acquisizione di professionalità specifiche (ad esempio, ingegneri, architetti, geometri, periti) in grado di presidiare la complessità connessa al rafforzamento infrastrutturale.
Lo stato di attuazione complessiva del Piano evidenzia, dunque, un livello non sempre omogeneo di realizzazione delle diverse linee di intervento, con situazioni diversificate nei territori regionali. Il Piano straordinario, si ricorda, assume la valenza di un’azione di sistema per poter garantire in una cornice nazionale il potenziamento e il miglioramento dei servizi per l’impiego. Si tratta di un obiettivo ambizioso ed essenziale, oggi più che mai alla luce dell’impatto della pandemia sull’occupazione e del ruolo strategico che le politiche attive dovranno svolgere per supportare le persone e le imprese nei processi di transizione nel mercato del lavoro. Appare, pertanto, necessario che le istituzioni mantengano un livello elevato di attenzione sul tema e garantiscano un appropriato supporto nell’attuazione del Piano, soprattutto nelle aree territoriali che mostrano maggiori difficoltà. La cornice strategica del PNRR imprime oggi un impulso più deciso verso il conseguimento delle priorità del rafforzamento, agendo come stimolo e come vincolo verso cui orientare l’impegno congiunto delle istituzioni, in un cammino di leale collaborazione.