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Quaderni di Tecnostruttura - Quaderno del 26 giugno 2018

Le azioni delle Regioni nel lavoro e nella formazione

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Al via il nuovo assetto organizzativo dei servizi regionali per l'impiego

di Cristina Iacobelli

Settore Lavoro - Tecnostruttura

La fine di giugno segna lo scadere di un appuntamento cruciale per le amministrazioni regionali e per l’assetto organizzativo dei servizi per l’impiego.

Entro il 30 giugno 2018, infatti, le Regioni a statuto ordinario sono chiamate dalla Legge di Bilancio 2018 (legge n. 205/2017, articolo 1, commi 793- 799) a provvedere agli adempimenti normativi, amministrativi e strumentali conseguenti al trasferimento, operato dalla stessa norma finanziaria, del personale a tempo indeterminato dei servizi per l’impiego, di derivazione provinciale, alle dipendenze regionali ovvero dell’Agenzia o altro ente strumentale della Regione competente in materia di servizi e/o ad hoc costituito. Parimenti, entro la medesima data le Regioni devono porre in essere gli adempimenti connessi alla successione in capo alle Regioni, agenzie/enti regionali dei contratti a tempo determinato e dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, successione anch’essa disposta dalla Legge di Bilancio per consentire la regolare funzionalità dei servizi per l’impiego.

A decorrere dal prossimo 1° luglio, pertanto, tutti gli operatori dei Centri per l’impiego (CPI) entreranno a pieno titolo nei ranghi del personale delle Regioni, ovvero saranno trasferiti e/o assegnati presso i relativi enti strumentali deputati alla gestione dei servizi per l’impiego.

Si completa, di fatto un lungo iter transitorio che ha preso le mosse dall’attribuzione, operata dal D. Lgs. n. 150/2015 (articolo 11 e articolo 18) alle amministrazioni regionali delle competenze gestionali in materia di politiche attive del lavoro, da esercitare attraverso strutture territoriali aperte al pubblico denominate, per l’appunto, Centri per l’impiego. Un’attribuzione – e, a ben vedere, una conferma - di funzioni e compiti a titolarità regionale, cui di fatto ancora mancava il tassello, preliminare e nei fatti condizionante la buona riuscita del processo, dell’assegnazione del relativo personale, afferente, come noto, al livello provinciale e coinvolto nei processi di attuazione della legge n. 56/2014 (cd. Legge Delrio) (1).

Va però chiarito che il 1° luglio rappresenta solo la linea massima di confine, entro cui chiudere il percorso transitorio per la regionalizzazione dei servizi per l’impiego, definendo così l’entrata a regime del nuovo assetto organizzativo dei CPI. Va, infatti, sottolineato come tale processo sia stato già determinato dalla norma finanziaria che, ricordiamo, è in vigore dal 1° gennaio 2018; da tale data, pertanto, decorrono di fatto gli effetti giuridici conseguenti ai trasferimenti ed alle successioni dei rapporti di lavoro.

D’altro canto, il processo di regionalizzazione si sta di fatto sviluppando con caratteristiche proprie in ciascuna realtà regionale, sia in relazione al momento temporale di effettivo passaggio degli operatori alle dipendenze dell’amministrazione regionale, sia in rapporto alla scelta delle modalità organizzative e di governance dei servizi. Se in alcune Regioni l’attuazione del trasferimento pertanto appare già completata, in altre si stanno proprio in questi giorni perfezionando gli strumenti normativi e/o amministrativi necessari per chiuderla. I fattori che hanno, in questo senso, influito sulla tempistica sono legati, essenzialmente, al modello organizzativo prescelto dall’amministrazione regionale in relazione alla modalità di governance del mercato del lavoro; in taluni casi, tuttavia, hanno giocato un ruolo anche le variabili di tipo politico, collegate al recente rinnovo delle Giunte e dei Consigli in alcune realtà regionali.

Nelle Regioni in cui si è optato per la costituzione di un’Agenzia regionale del Lavoro, ovvero per una riconfigurazione - alla luce del nuovo quadro normativo di riferimento - dell’Agenzia o dell’organismo già esistente, risalente al primo percorso di attuazione del decentramento delle funzioni amministrative, si profila la tendenza all’assunzione del personale direttamente in capo alla stessa; in alcuni casi, si sta ragionando anche nella direzione della duplice possibilità dell’assunzione come dipendenti dell’Agenzia ovvero come dipendenti della Regione con successiva assegnazione all’Agenzia/ente. Ad ogni modo, al personale inquadrato nelle Agenzie viene garantito il medesimo trattamento giuridico e salariale dei dipendenti regionali. Inoltre, nelle normative regionali si introduce una clausola di salvaguardia tesa a tutelare gli operatori dei CPI trasferiti all’Agenzia, con la garanzia di una collocazione dello stesso personale nei ruoli regionali nel caso di processi di privatizzazione, soppressione o trasformazione dell’ente.

Diversamente, nelle Regioni in cui un’Agenzia o una struttura similare non sono operative, si è intrapresa la strada diretta della regionalizzazione, configurando gli operatori dei CPI come dipendenti dei dipartimenti/direzioni regionali, in parte rinviando a futuri eventuali interventi normativi la possibile costituzione – che, in alcuni casi, sarebbe una reviviscenza, a seguito di una passata soppressione – di un’Agenzia.

Le Agenzie regionali del Lavoro

Dai monitoraggi periodici effettuati dal Coordinamento per la IX Commissione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome emerge il dato significativo della presenza sul territorio di Agenzie regionali per il Lavoro, attive oggi in 12 realtà regionali, seppur con diversa conformazione e compiti. Progetti di legge tesi ad introdurre sul territorio un’Agenzia regionale sono, inoltre, all’attenzione attuale dei Consigli regionali.


Come rilevato, si tratta in alcuni casi di organismi derivanti dall’attuazione territoriale del decentramento amministrativo operato dal decreto legislativo n. 469/1997, ad oggi rimodulati con nuove funzioni; in altri casi, siamo di fronte a strutture regionali di nuova e più recente istituzione.

Le Agenzie, pur dotate di autonomia giuridica, organizzativa, patrimoniale e contabile, sono centri di competenza tecnica rispondenti agli indirizzi programmatici e strategici degli assessorati regionali nella gestione e qualificazione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive.

In linea generale - ma con alcune doverose eccezioni - all’Agenzia sono affidati anche il coordinamento e le competenze gestionali in materia di centri per l’impiego e di alcune misure e strumenti di politica attiva. Peraltro, la presenza di Agenzie regionali per il Lavoro caratterizza anche le Regioni a statuto speciale, configurandosi in talune esperienze come aree interne/dipartimenti delle direzioni regionali del lavoro.


L’istituzione dell’Agenzia regionale del Lavoro ha richiesto, nei fatti, una modifica delle norme regionali che regolano l’assetto del mercato del lavoro; in tal senso, sono state emanate leggi regionali ad hoc, ovvero si è utilizzato il canale legislativo offerto dal riordino delle funzioni amministrative conferite alle Province, in attuazione della legge n. 56/2014 (Legge Delrio). In alcuni casi, sono proprio in questi giorni in corso di esame presso i Consigli regionali disegni di legge per la riorganizzazione del sistema.

Parimenti, anche la rimodulazione delle funzioni delle Agenzie di precedente introduzione hanno comportato interventi di rango legislativo. Il modello di Agenzia regionale presenta alcune differenze e caratteristiche specifiche nei territori: si va, infatti, da modelli più “spinti”, in cui l’Agenzia sviluppa direttamente gli indirizzi politici della Giunta regionale in materia di gestione e qualificazione dei servizi per il lavoro, avendo di fatto assorbito le funzioni in precedenza attribuite ai Dipartimenti del Lavoro, a modelli “più soft”, in cui l’Agenzia affianca la Regione nello svolgimento delle funzioni in materia di politica attiva del lavoro e ne sviluppa gli indirizzi, figurando in entrambi casi come titolare della gestione della rete regionale dei CPI.

L'iter del trasferimento nelle Regioni a Statuto ordinario

In connessione con il modello organizzativo prescelto, anche l’iter seguito dalle amministrazioni regionali per il trasferimento del personale presenta alcune variabili. Nelle realtà dove è stata introdotta o, comunque, riconfigurata l’Agenzia regionale del lavoro, per adeguare il sistema regionale alla nuova configurazione e per consentire il trasferimento del personale in capo alla stessa è stata percorsa una pista legislativa, cui sono già susseguiti - o conseguiranno nei giorni a venire - atti amministrativi attuativi. Ciò è avvenuto anche mediante l’introduzione di norme “ponte” nelle leggi di bilancio regionale; parimenti, sono all’attenzione dei Consigli regionali progetti di legge in tal senso.


Nei territori in cui, invece, si è prescelta la strada della “regionalizzazione diretta”, si è prevalentemente optato per dare immediata esecuzione alla vigente legge di bilancio, a copertura normativa del passaggio, rimettendo comunque a delibere e regolamenti di Giunta regionale la declinazione degli elementi specifici del trasferimento, comprensive delle variazioni degli atti di previsione del fabbisogno regionale del personale, degli elenchi nominativi del personale impiegato, nonché degli aspetti relativi agli inquadramenti contrattuali ed agli oneri salariali.


Infine, si segnala l’esperienza, in corso di definizione in un territorio regionale, che vede l’esame di un progetto di legge teso a mantenere presso gli enti di area vasta e le Città metropolitane, quale livello organizzativo maggiormente adeguato, le funzioni relative ai procedimenti amministrativi connessi alla gestione dei servizi per l’impiego, con la permanenza nel ruolo provinciale dell’inquadramento del relativo personale.

Le Agenzie regionali del Lavoro

Dai monitoraggi periodici effettuati dal Coordinamento per la IX Commissione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome emerge il dato significativo della presenza sul territorio di Agenzie regionali per il Lavoro, attive oggi in 12 realtà regionali, seppur con diversa conformazione e compiti. Progetti di legge tesi ad introdurre sul territorio un’Agenzia regionale sono, inoltre, all’attenzione attuale dei Consigli regionali.


Come rilevato, si tratta in alcuni casi di organismi derivanti dall’attuazione territoriale del decentramento amministrativo operato dal decreto legislativo n. 469/1997, ad oggi rimodulati con nuove funzioni; in altri casi, siamo di fronte a strutture regionali di nuova e più recente istituzione.

Le Agenzie, pur dotate di autonomia giuridica, organizzativa, patrimoniale e contabile, sono centri di competenza tecnica rispondenti agli indirizzi programmatici e strategici degli assessorati regionali nella gestione e qualificazione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive.

In linea generale - ma con alcune doverose eccezioni - all’Agenzia sono affidati anche il coordinamento e le competenze gestionali in materia di centri per l’impiego e di alcune misure e strumenti di politica attiva. Peraltro, la presenza di Agenzie regionali per il Lavoro caratterizza anche le Regioni a statuto speciale, configurandosi in talune esperienze come aree interne/dipartimenti delle direzioni regionali del lavoro.


L’istituzione dell’Agenzia regionale del Lavoro ha richiesto, nei fatti, una modifica delle norme regionali che regolano l’assetto del mercato del lavoro; in tal senso, sono state emanate leggi regionali ad hoc, ovvero si è utilizzato il canale legislativo offerto dal riordino delle funzioni amministrative conferite alle Province, in attuazione della legge n. 56/2014 (Legge Delrio). In alcuni casi, sono proprio in questi giorni in corso di esame presso i Consigli regionali disegni di legge per la riorganizzazione del sistema.

Parimenti, anche la rimodulazione delle funzioni delle Agenzie di precedente introduzione hanno comportato interventi di rango legislativo. Il modello di Agenzia regionale presenta alcune differenze e caratteristiche specifiche nei territori: si va, infatti, da modelli più “spinti”, in cui l’Agenzia sviluppa direttamente gli indirizzi politici della Giunta regionale in materia di gestione e qualificazione dei servizi per il lavoro, avendo di fatto assorbito le funzioni in precedenza attribuite ai Dipartimenti del Lavoro, a modelli “più soft”, in cui l’Agenzia affianca la Regione nello svolgimento delle funzioni in materia di politica attiva del lavoro e ne sviluppa gli indirizzi, figurando in entrambi casi come titolare della gestione della rete regionale dei CPI.

L'iter del trasferimento nelle Regioni a Statuto ordinario

In connessione con il modello organizzativo prescelto, anche l’iter seguito dalle amministrazioni regionali per il trasferimento del personale presenta alcune variabili. Nelle realtà dove è stata introdotta o, comunque, riconfigurata l’Agenzia regionale del lavoro, per adeguare il sistema regionale alla nuova configurazione e per consentire il trasferimento del personale in capo alla stessa è stata percorsa una pista legislativa, cui sono già susseguiti - o conseguiranno nei giorni a venire - atti amministrativi attuativi. Ciò è avvenuto anche mediante l’introduzione di norme “ponte” nelle leggi di bilancio regionale; parimenti, sono all’attenzione dei Consigli regionali progetti di legge in tal senso.


Nei territori in cui, invece, si è prescelta la strada della “regionalizzazione diretta”, si è prevalentemente optato per dare immediata esecuzione alla vigente legge di bilancio, a copertura normativa del passaggio, rimettendo comunque a delibere e regolamenti di Giunta regionale la declinazione degli elementi specifici del trasferimento, comprensive delle variazioni degli atti di previsione del fabbisogno regionale del personale, degli elenchi nominativi del personale impiegato, nonché degli aspetti relativi agli inquadramenti contrattuali ed agli oneri salariali.


Infine, si segnala l’esperienza, in corso di definizione in un territorio regionale, che vede l’esame di un progetto di legge teso a mantenere presso gli enti di area vasta e le Città metropolitane, quale livello organizzativo maggiormente adeguato, le funzioni relative ai procedimenti amministrativi connessi alla gestione dei servizi per l’impiego, con la permanenza nel ruolo provinciale dell’inquadramento del relativo personale.