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Quaderni di Tecnostruttura - Quaderno del 27 marzo 2019

Le Regioni protagoniste nei processi di riforma

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Premessa

di Vittorio Simoncelli

Tecnostruttura

L'articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede che la legge ordinaria possa attribuire alle Regioni "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" sulla base di un'intesa fra lo Stato e la Regione interessata. La norma costituzionale, introdotta in occasione del riordino del Titolo V della Costituzione del 2001, sino a oggi non è mai stata attuata.

Nella parte conclusiva della XVII legislatura, tuttavia, le Regioni Emilia - Romagna, Lombardia e Veneto hanno avviato negoziati con il Governo per arrivare a un’intesa sull'attribuzione di autonomia differenziata.

Lo scorso 28 febbraio, sul finire della scorsa legislatura, il Governo ha sottoscritto con le Regioni tre distinti accordi preliminari che hanno individuato i principi generali, la metodologia e un (primo) elenco di materie in vista della definizione dell'intesa.

Alla fine del 2018, si è consumato un passaggio molto importante in Consiglio dei Ministri, al fine di poter chiudere l’intesa con le tre Regioni già a febbraio 2019. Tale Accordo dovrà poi essere approvato con legge dal Parlamento, mediante un procedimento “rinforzato” e cioè a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.

Nel frattempo anche altre Regioni del Nord, del Centro ed anche del Sud, sulla scia delle iniziative di Emilia - Romagna, Lombardia e Veneto, hanno mostrato un interesse crescente per l'istituto, pur in un quadro estremamente eterogeneo.

L’elenco delle materie su cui sono attivabili le "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia", tra cui tutte le materie di potestà legislativa concorrente (1), come pure di alcune materie di potestà legislativa esclusiva statale (2), sono stabilite dall'art. 117 della Costituzione, terzo comma.

Il dibattito

Di fronte a materie così importanti, si pensi ad esempio all’istruzione, ma anche alla ricerca scientifica e tecnologica, piuttosto che all’ambiente o al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, si è avviato un dibattito acceso. Cerchiamo di capire come stanno i fatti, analizzandoli nella loro oggettività.

Negli ultimi mesi, il regionalismo differenziato – e soprattutto le sue potenzialità in termini di efficienza nella fornitura di servizi e di volano dello sviluppo del territorio – rappresenta uno dei temi di maggiore interesse per le Regioni italiane a statuto ordinario.

Sull’esempio di Lombardia, Veneto ed Emilia - Romagna - che hanno già sottoscritto accordi preliminari con il Governo per l'attivazione di forme e condizioni ulteriori di autonomia come previsto dall'art. 116, terzo comma, della Costituzione - praticamente tutte le Regioni, con la sola eccezione dell'Abruzzo e del Molise (per ora), hanno assunto iniziative in proposito e nutrono rilevanti aspettative rispetto alle sue potenzialità.

Tenuto conto di quanto precede, sono ora possibili tre differenti scenari per lo sviluppo delle trattative con le Regioni, di fatto il Governo può:

- proseguire speditamente con Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, per definire un modello da applicare successivamente alle altre Regioni (un modello necessariamente flessibile in modo da potersi conformare alle diverse esigenze, sensibilità e caratteristiche delle varie realtà regionali);

- includere sin da subito, nei tavoli di lavoro già avviati, anche le Regioni che hanno formalmente avanzato la richiesta di avvio del negoziato;

- attendere che anche le altre Regioni, che hanno manifestato interesse, completino l'iter di avvio della richiesta.

Il primo scenario è certamente quello più probabile, poiché ogni ipotesi di accrescere il numero degli attori interessati rende il processo più inclusivo e partecipato e, al contempo, più complesso e articolato, ciò potrebbe anche incidere sui tempi di attuazione della stessa norma costituzionale.

Al di là dell’analisi dell’attualità in costante divenire e perciò imprevedibile, vi sono tuttavia alcuni temi delicati da cui non si può prescindere ed anzi sui quali occorre riflettere sin da subito, in particolare ne segnaliamo qui tre: la fiscalità e la finanza pubblica, l’organizzazione e i diritti dei cittadini.

La fiscalità  e la finanza pubblica

Un punto rilevante del regionalismo differenziato afferisce gli aspetti finanziari: occorre determinare come dovrà avvenire l’attribuzione delle risorse legate alle funzioni trasferite, i criteri per la quantificazione delle stesse, le garanzie sul gettito erariale e sul Fondo Perequativo Nazionale.

La maggiore attribuzione di risorse (siano esse trasferite dallo Stato ovvero trattenute direttamente sui territori secondo il modello della compartecipazione ai tributi) dovrà tenere conto delle specifiche funzioni oggetto di trasferimento, delle economie di scala, di ricchezza marginale e non solo di “costo” standard.

All’avvio della effettiva “autonomia” verosimilmente si farà una “fotografia” delle risorse che lo Stato spende sui singoli territori (la cd Spesa statale regionalizzata) nonché della percentuale di assegnazione delle risorse trasferite alle Regioni. Il rischio pertanto è che l’eventuale disparità di spesa sul territorio, nonché dei criteri di assegnazione alle singole Regioni venga “registrata” ad un dato momento, ma permanendo nel futuro, possa acuire piuttosto che colmare il divario di partenza.

L'organizzazione

In un incontro istituzionale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, del 12 luglio scorso, il presidente dell’Emilia-Romagna e della stessa Conferenza, Stefano Bonaccini ha richiamato l’attenzione sul rischio della “moda” di chiedere l’autonomia da parte delle Regioni senza valutare che l’avvio di questo percorso richiede che vi siano (come è stato per le tre Regioni apripista: Lombardia, Vento ed Emilia-Romagna) tavoli puntuali con i singoli Ministeri su ciascuna materia richiesta e da qui la valutazione sulle effettive capacità della Regione richiedente a gestire tali materie ulteriori e con quali margini di qualità, efficacia ed efficienza.

Occorre perciò puntare da subito l’attenzione sulle capacità organizzative delle amministrazioni regionali a gestire – in un quadro di efficacia e di efficienza – le ulteriori materie oggetto di autonomia.

Ciò pone ancora una volta il problema del divario Nord/Sud, poiché come Svimez ha osservato nel suo ultimo "Rapporto Mezzogiorno" la qualità amministrativa delle Regioni meridionali è inferiore rispetto al Nord: “La Svimez ha costruito un indice sintetico della performance delle Pubbliche Amministrazioni nelle Regioni italiane sulla base della qualità dei servizi pubblici forniti al cittadino nella vita quotidiana. Fatto 100 il valore della Regione più efficiente (Trentino - Alto Adige) emerge che quelle meridionali, ad eccezione della Campania che si attesta a 61, della Sardegna a 60 e dell’Abruzzo a 53, sono al di sotto di 50: Calabria 39, Sicilia 40, Basilicata 42, Puglia 43” (3).

I diritti dei cittadini

Un passaggio fondamentale nel dibattito in corso riguarda l’eguaglianza dei diritti dei cittadini che vanno preservati e garantiti sull’intero territorio nazionale a prescindere dalla latitudine ed anche dalla densità di popolazione della Regione di appartenenza, nella speranza che il rafforzamento del regionalismo e l’asimmetria degli assetti istituzionali, giustificata da una maggiore vicinanza alle esigenze dei territori, sia effettivamente in grado di promuovere e di tutelare l’uniformità dei diritti dei cittadini elevandone lo standard qualitativo.

La garanzia dell’uguaglianza sostanziale certifica l’insufficienza dei criteri che attribuiscono risorse sui territori basati solo sul numero di abitanti, richiedendo di parametrare le condizioni di contesto sul piano sociale, economico, geomorfologico, di estensione dei territori, di densità abitativa, di privazione materiale e culturale.

Le risorse, quale spesa statale regionalizzata o i trasferimenti alle Regioni o per le funzioni cui concorre ordinariamente lo Stato (es. LEP/LEA Fondo Sanitario, Fondo TPL, Fondo Politiche Sociali), non affrontano l’esigenza del superamento di gap storici e/o recenti sui territori regionali.

In estrema sintesi possiamo affermare che nell’affrontare il dibattito sul regionalismo differenziato non possiamo prescindere da un altro tema centrale che è il divario Nord/Sud.

Conclusioni

Il quadro complessivo che si evince finora è di un “Regionalismo alla Carta”, in cui anche le tre Regioni “capofila” hanno una visione diversa del regionalismo differenziato. Lombardia e Veneto vedono questo processo come una risposta “istituzionalizzata” al proprio desiderio di autonomia in senso lato (non a caso si sono espresse mediante un referendum e hanno selezionato come oggetto di autonomia tutte le materie a loro disposizione in maniera indistinta); l’Emilia-Romagna, invece, ha una visione più selettiva con l’individuazione solo di alcuni temi ritenuti strategici a seguito di appropriate analisi e di un’ampia discussione in sede di Consiglio regionale.

Alle istanze delle prime si sono aggiunte le altre Regioni che, in ordine sparso, hanno intrapreso l’iter della riforma.

Va da sé che il processo se non ben governato a livello complessivo rischia di far implodere l’equilibrio nazionale che deve garantire a tutti i cittadini eguaglianza di diritti, di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente, basti pensare ad un tema su tutti: la Scuola.

In questo quadro, l’attenzione generale si è concentrata principalmente sull’assegnazione delle risorse finanziarie, ossia sulla presunta volontà delle Regioni del Nord di trattenere e gestire direttamente il proprio gettito tributario, senza più contribuire alle spese di quelle del Sud, meno ricche in termini di tassazione.

Tuttavia, il principio della “perequazione fiscale” tra territori è garantito dalla Costituzione (art. 119) e perciò inviolabile, ciò induce a pensare che una soluzione condivisa si troverà, mentre permane dietro l’angolo un altro elemento potenzialmente critico, finora poco dibattuto. Esso è rappresentato dalla capacità amministrativa necessaria ad esercitare le materie oggetto di autonomia. Qualsiasi materia oggetto di richiesta di autonomia dovrà essere ben analizzata tanto in termini di effettiva disponibilità delle necessarie risorse economico-finanziarie, quanto di quelle tecnico amministrative (capacity building) utili alla sua reale attuazione sul territorio.

Un percorso di autonomia differenziata richiede attenzione, dunque, anche sui seguenti punti:

- individuazione dei temi oggetto di richiesta di autonomia rispetto a tutti quelli previsti, valutandone con attenzione la motivazione e soprattutto le ricadute effettive sui cittadini (ad es. sulla scuola: sono certo di potere garantire un servizio scolastico migliore dell’attuale?);

- inquadramento del tema da un punto di vista della fattibilità finanziaria, conducendo un’analisi dettagliata delle risorse finanziarie disponibili e necessarie all’attivazione diretta dell’ambito di competenza, mediante un’indagine sui conti pubblici territoriali, la finanza regionale, le risorse aggiuntive (ad es. royalties);

- inquadramento del tema da un punto di vista della fattibilità tecnico-amministrativa (capacità amministrativa): una volta selezionato il tema e verificate le risorse necessarie e disponibili alla sua attuazione, bisognerà valutare l’effettiva capacità amministrativa ed organizzativa in grado di gestire adeguatamente il servizio. Occorrerà fare una mappa delle competenze necessarie tra tutti gli uffici e le strutture coinvolte a diverso livello territoriale. In seguito occorrerà costruire l’iter amministrativo necessario ad implementare il processo attuativo della competenza richiesta.

Da ultimo una riflessione generale, qualsiasi riforma si decida di attuare, essa deve necessariamente produrre un doppio vantaggio sia in termini di efficienza che di efficacia e questo tanto al Nord quanto al Sud.

Perciò se da un lato l’autonomia potrà prevedere per coloro che vi aderiscono un obiettivo di maggiore efficienza nell’uso delle risorse che potranno essere reinvestite nel miglioramento del servizio, dall’altro occorre prevedere di agganciare tali obiettivi per lo più quantitativi al raggiungimento di migliori standard qualitativi legati al raggiungimento/miglioramento delle attuali performance.

In estrema sintesi un assetto differenziato delle materie oggetto di autonomia potrà essere giustificato se grazie a tale assetto le amministrazioni regionali che vi aderiscono saranno in grado di produrre servizi “più vicini ai cittadini”, di qualità elevata e comunque con uno standard superiore a quello già garantito dall’attuale assetto centralizzato.

Il dibattito

Di fronte a materie così importanti, si pensi ad esempio all’istruzione, ma anche alla ricerca scientifica e tecnologica, piuttosto che all’ambiente o al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, si è avviato un dibattito acceso. Cerchiamo di capire come stanno i fatti, analizzandoli nella loro oggettività.

Negli ultimi mesi, il regionalismo differenziato – e soprattutto le sue potenzialità in termini di efficienza nella fornitura di servizi e di volano dello sviluppo del territorio – rappresenta uno dei temi di maggiore interesse per le Regioni italiane a statuto ordinario.

Sull’esempio di Lombardia, Veneto ed Emilia - Romagna - che hanno già sottoscritto accordi preliminari con il Governo per l'attivazione di forme e condizioni ulteriori di autonomia come previsto dall'art. 116, terzo comma, della Costituzione - praticamente tutte le Regioni, con la sola eccezione dell'Abruzzo e del Molise (per ora), hanno assunto iniziative in proposito e nutrono rilevanti aspettative rispetto alle sue potenzialità.

Tenuto conto di quanto precede, sono ora possibili tre differenti scenari per lo sviluppo delle trattative con le Regioni, di fatto il Governo può:

- proseguire speditamente con Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, per definire un modello da applicare successivamente alle altre Regioni (un modello necessariamente flessibile in modo da potersi conformare alle diverse esigenze, sensibilità e caratteristiche delle varie realtà regionali);

- includere sin da subito, nei tavoli di lavoro già avviati, anche le Regioni che hanno formalmente avanzato la richiesta di avvio del negoziato;

- attendere che anche le altre Regioni, che hanno manifestato interesse, completino l'iter di avvio della richiesta.

Il primo scenario è certamente quello più probabile, poiché ogni ipotesi di accrescere il numero degli attori interessati rende il processo più inclusivo e partecipato e, al contempo, più complesso e articolato, ciò potrebbe anche incidere sui tempi di attuazione della stessa norma costituzionale.

Al di là dell’analisi dell’attualità in costante divenire e perciò imprevedibile, vi sono tuttavia alcuni temi delicati da cui non si può prescindere ed anzi sui quali occorre riflettere sin da subito, in particolare ne segnaliamo qui tre: la fiscalità e la finanza pubblica, l’organizzazione e i diritti dei cittadini.

La fiscalità  e la finanza pubblica

Un punto rilevante del regionalismo differenziato afferisce gli aspetti finanziari: occorre determinare come dovrà avvenire l’attribuzione delle risorse legate alle funzioni trasferite, i criteri per la quantificazione delle stesse, le garanzie sul gettito erariale e sul Fondo Perequativo Nazionale.

La maggiore attribuzione di risorse (siano esse trasferite dallo Stato ovvero trattenute direttamente sui territori secondo il modello della compartecipazione ai tributi) dovrà tenere conto delle specifiche funzioni oggetto di trasferimento, delle economie di scala, di ricchezza marginale e non solo di “costo” standard.

All’avvio della effettiva “autonomia” verosimilmente si farà una “fotografia” delle risorse che lo Stato spende sui singoli territori (la cd Spesa statale regionalizzata) nonché della percentuale di assegnazione delle risorse trasferite alle Regioni. Il rischio pertanto è che l’eventuale disparità di spesa sul territorio, nonché dei criteri di assegnazione alle singole Regioni venga “registrata” ad un dato momento, ma permanendo nel futuro, possa acuire piuttosto che colmare il divario di partenza.

L'organizzazione

In un incontro istituzionale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, del 12 luglio scorso, il presidente dell’Emilia-Romagna e della stessa Conferenza, Stefano Bonaccini ha richiamato l’attenzione sul rischio della “moda” di chiedere l’autonomia da parte delle Regioni senza valutare che l’avvio di questo percorso richiede che vi siano (come è stato per le tre Regioni apripista: Lombardia, Vento ed Emilia-Romagna) tavoli puntuali con i singoli Ministeri su ciascuna materia richiesta e da qui la valutazione sulle effettive capacità della Regione richiedente a gestire tali materie ulteriori e con quali margini di qualità, efficacia ed efficienza.

Occorre perciò puntare da subito l’attenzione sulle capacità organizzative delle amministrazioni regionali a gestire – in un quadro di efficacia e di efficienza – le ulteriori materie oggetto di autonomia.

Ciò pone ancora una volta il problema del divario Nord/Sud, poiché come Svimez ha osservato nel suo ultimo "Rapporto Mezzogiorno" la qualità amministrativa delle Regioni meridionali è inferiore rispetto al Nord: “La Svimez ha costruito un indice sintetico della performance delle Pubbliche Amministrazioni nelle Regioni italiane sulla base della qualità dei servizi pubblici forniti al cittadino nella vita quotidiana. Fatto 100 il valore della Regione più efficiente (Trentino - Alto Adige) emerge che quelle meridionali, ad eccezione della Campania che si attesta a 61, della Sardegna a 60 e dell’Abruzzo a 53, sono al di sotto di 50: Calabria 39, Sicilia 40, Basilicata 42, Puglia 43” (3).

I diritti dei cittadini

Un passaggio fondamentale nel dibattito in corso riguarda l’eguaglianza dei diritti dei cittadini che vanno preservati e garantiti sull’intero territorio nazionale a prescindere dalla latitudine ed anche dalla densità di popolazione della Regione di appartenenza, nella speranza che il rafforzamento del regionalismo e l’asimmetria degli assetti istituzionali, giustificata da una maggiore vicinanza alle esigenze dei territori, sia effettivamente in grado di promuovere e di tutelare l’uniformità dei diritti dei cittadini elevandone lo standard qualitativo.

La garanzia dell’uguaglianza sostanziale certifica l’insufficienza dei criteri che attribuiscono risorse sui territori basati solo sul numero di abitanti, richiedendo di parametrare le condizioni di contesto sul piano sociale, economico, geomorfologico, di estensione dei territori, di densità abitativa, di privazione materiale e culturale.

Le risorse, quale spesa statale regionalizzata o i trasferimenti alle Regioni o per le funzioni cui concorre ordinariamente lo Stato (es. LEP/LEA Fondo Sanitario, Fondo TPL, Fondo Politiche Sociali), non affrontano l’esigenza del superamento di gap storici e/o recenti sui territori regionali.

In estrema sintesi possiamo affermare che nell’affrontare il dibattito sul regionalismo differenziato non possiamo prescindere da un altro tema centrale che è il divario Nord/Sud.

Conclusioni

Il quadro complessivo che si evince finora è di un “Regionalismo alla Carta”, in cui anche le tre Regioni “capofila” hanno una visione diversa del regionalismo differenziato. Lombardia e Veneto vedono questo processo come una risposta “istituzionalizzata” al proprio desiderio di autonomia in senso lato (non a caso si sono espresse mediante un referendum e hanno selezionato come oggetto di autonomia tutte le materie a loro disposizione in maniera indistinta); l’Emilia-Romagna, invece, ha una visione più selettiva con l’individuazione solo di alcuni temi ritenuti strategici a seguito di appropriate analisi e di un’ampia discussione in sede di Consiglio regionale.

Alle istanze delle prime si sono aggiunte le altre Regioni che, in ordine sparso, hanno intrapreso l’iter della riforma.

Va da sé che il processo se non ben governato a livello complessivo rischia di far implodere l’equilibrio nazionale che deve garantire a tutti i cittadini eguaglianza di diritti, di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente, basti pensare ad un tema su tutti: la Scuola.

In questo quadro, l’attenzione generale si è concentrata principalmente sull’assegnazione delle risorse finanziarie, ossia sulla presunta volontà delle Regioni del Nord di trattenere e gestire direttamente il proprio gettito tributario, senza più contribuire alle spese di quelle del Sud, meno ricche in termini di tassazione.

Tuttavia, il principio della “perequazione fiscale” tra territori è garantito dalla Costituzione (art. 119) e perciò inviolabile, ciò induce a pensare che una soluzione condivisa si troverà, mentre permane dietro l’angolo un altro elemento potenzialmente critico, finora poco dibattuto. Esso è rappresentato dalla capacità amministrativa necessaria ad esercitare le materie oggetto di autonomia. Qualsiasi materia oggetto di richiesta di autonomia dovrà essere ben analizzata tanto in termini di effettiva disponibilità delle necessarie risorse economico-finanziarie, quanto di quelle tecnico amministrative (capacity building) utili alla sua reale attuazione sul territorio.

Un percorso di autonomia differenziata richiede attenzione, dunque, anche sui seguenti punti:

- individuazione dei temi oggetto di richiesta di autonomia rispetto a tutti quelli previsti, valutandone con attenzione la motivazione e soprattutto le ricadute effettive sui cittadini (ad es. sulla scuola: sono certo di potere garantire un servizio scolastico migliore dell’attuale?);

- inquadramento del tema da un punto di vista della fattibilità finanziaria, conducendo un’analisi dettagliata delle risorse finanziarie disponibili e necessarie all’attivazione diretta dell’ambito di competenza, mediante un’indagine sui conti pubblici territoriali, la finanza regionale, le risorse aggiuntive (ad es. royalties);

- inquadramento del tema da un punto di vista della fattibilità tecnico-amministrativa (capacità amministrativa): una volta selezionato il tema e verificate le risorse necessarie e disponibili alla sua attuazione, bisognerà valutare l’effettiva capacità amministrativa ed organizzativa in grado di gestire adeguatamente il servizio. Occorrerà fare una mappa delle competenze necessarie tra tutti gli uffici e le strutture coinvolte a diverso livello territoriale. In seguito occorrerà costruire l’iter amministrativo necessario ad implementare il processo attuativo della competenza richiesta.

Da ultimo una riflessione generale, qualsiasi riforma si decida di attuare, essa deve necessariamente produrre un doppio vantaggio sia in termini di efficienza che di efficacia e questo tanto al Nord quanto al Sud.

Perciò se da un lato l’autonomia potrà prevedere per coloro che vi aderiscono un obiettivo di maggiore efficienza nell’uso delle risorse che potranno essere reinvestite nel miglioramento del servizio, dall’altro occorre prevedere di agganciare tali obiettivi per lo più quantitativi al raggiungimento di migliori standard qualitativi legati al raggiungimento/miglioramento delle attuali performance.

In estrema sintesi un assetto differenziato delle materie oggetto di autonomia potrà essere giustificato se grazie a tale assetto le amministrazioni regionali che vi aderiscono saranno in grado di produrre servizi “più vicini ai cittadini”, di qualità elevata e comunque con uno standard superiore a quello già garantito dall’attuale assetto centralizzato.