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Quaderni di Tecnostruttura - Quaderno del 28 giugno 2017

Programmazione Ue, le novità  nell'ambito del sociale

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Premessa

di Teresa Cianni

Settore Fse - Tecnostruttura

L’approccio all’integrazione (1) ha guidato le Regioni sia nella fase di programmazione sia in quella di realizzazione degli interventi destinati alla promozione dell’inclusione sociale; la logica d’intervento è stata infatti di combinare misure di inclusione attiva, sostegno al reddito, percorsi di attivazione e di accompagnamento al lavoro, supporto per la fruizione di servizi economicamente accessibili e di qualità.

La realizzazione di azioni integrate/sinergiche riferibili a settori e politiche diverse, che agiscano sulle varie dimensioni di bisogno della persona svantaggiata (tutela socio-sanitaria, sostegno alla famiglia, nuovi servizi per l’accesso), ha implicato la messa a punto di modelli d’intervento che prevedono il coinvolgimento di diversi soggetti istituzionali, dei differenti livelli di governo, degli attori del privato sociale e in taluni casi la combinazione di diverse fonti di finanziamento, al fine di rispondere alle problematiche locali o trasversali con un orientamento verso i risultati da perseguire.

Il processo di costruzione degli interventi, in genere, è stato piuttosto complesso e ha sollecitato una trasformazione nei rapporti all’interno e all’esterno dell’amministrazione. I percorsi di programmazione hanno richiesto negoziazioni con molti attori interni alle Regioni, allo scopo di andare verso una nuova direzione della programmazione; la mappatura dei gruppi e le risorse locali coinvolgibili: percorsi di ricognizione sui servizi territoriali per rilevare le funzioni già esistenti e spesso non conosciute. Particolare attenzione è stata posta, poi, allo scambio e alla negoziazione con i beneficiari e, in alcuni casi, con i destinatari al fine di definire una visione condivisa dei problemi da affrontare e degli scenari possibili. La consultazione e l’interazione è avvenuta principalmente attraverso la costituzione di tavoli di lavoro/consulte, workshop tematici, forum, laboratori progettuali. In alcuni casi c’è stato un ridisegno complessivo delle politiche per l’inclusione sociale e degli interventi volti alla trasformazione dei sistemi di welfare territoriale. Nel processo di consultazione, ove presenti, sono state coinvolte anche reti territoriali pubblico-privato (profit e non). In alcuni casi si è giunti finanche alla costruzione partecipata di progetti con gli operatori dei servizi sociali e con i soggetti organizzati del terzo settore, che sono stati così chiamati a concorrere alla costruzione del welfare locale, facendo leva su una autonomia crescente sotto il profilo, non solo della gestione/erogazione di tali servizi (come accadeva in passato), ma anche della loro progettazione, programmazione e finanziamento.

Sono tutti processi che potremmo assimilare a elementi di innovazione sociale o, meglio ancora, qualificare come strategie di innovazione sociale che hanno inteso migliorare la qualità della vita delle persone che vivono in zone o condizioni economicamente e socialmente sfavorite in modo democratico e partecipativo, attraverso il coinvolgimento nella definizione del percorso di inclusione sociale di tutti gli attori istituzionali e non.

Nell’ambito degli interventi/programmi avviati finora dalle Regioni possiamo ricondurre le esperienze, a seconda della modalità programmatoria prescelta o del diverso livello di strutturazione dei rapporti di partnership, alle seguenti tipologie di approccio: istituzionale, corresponsabilizzante, tematico.

L'approccio istituzionale

Tale approccio prevede la combinazione di azioni di diversa natura (strutturali o funzionali o di prossimità) e ai diversi livelli (regionale e locale) e fonti di finanziamento complementari tra loro per il perseguimento di una strategia diretta ad affrontare un problema strutturale di difficile soluzione (ad esempio la povertà e l’esclusione sociale). Lo stesso implica la collaborazione interistituzionale e intersettoriale e la multiprofessionalità per affrontare i difficili casi sociali, attraverso la condivisione degli interventi da realizzare in fase di pianificazione e la sottoscrizione di un impegno tra i diversi attori pubblici coinvolti nel quale definire ruoli e responsabilità nell’attuazione delle iniziative. Spesso è collegato a strategie di sviluppo territoriale e richiede la mobilitazione di risorse a carattere locale.
Gli strumenti operativi utilizzati per il perseguimento di tale approccio sono: gli Accordi di Programma e gli Accordi di Cooperazione pubblico-pubblico (ex art. 15 L. 241/90).

 

Accordi di Programma

L’Accordo di Programma è lo strumento attuativo con il quale è stata affrontata, dalla Regione Emilia -Romagna, la sfida di una presa in carico integrata del soggetto svantaggiato sotto vari profili (sociale, sanitario, lavorativo) attraverso una forte interazione tra i diversi operatori interessati e la condivisione di approcci e di strumenti, finanziari e non, resi disponibili dalla programmazione europea, nazionale e regionale. Tale Accordo è sottoscritto da Regione, Azienda unità sanitaria locale, Comuni e/o Unione dei Comuni e rappresenta il dispositivo con il quale vengono approvati i Piani integrati Territoriali, presentati da ciascun ambito distrettuale, nei quali sono tratteggiati gli obiettivi, le priorità e le misure d’intervento per l’inserimento sociale e lavorativo delle persone in condizione di fragilità/vulnerabilità.

Con la sottoscrizione dell’Accordo i soggetti istituzionali coinvolti assumono l’impegno ad erogare le prestazioni di propria competenza. La Regione, sulla base delle misure identificate nel piano stesso, individua (tramite avviso pubblico) gli enti attuatori in grado di erogare le prestazioni di politica attiva del lavoro finanziate con le risorse del Fondo sociale europeo (2). Le ASL garantiscono le prestazioni di natura socio sanitaria necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano integrato, mentre i Comuni (facenti parte dell’Ambito distrettuale) provvedono all'erogazione delle prestazioni di natura sociale.

Le risorse regionali sono programmate, infatti, unitamente alle ulteriori risorse individuate dai soggetti istituzionali sottoscrittori dell'Accordo di Programma. È previsto, quindi, l’utilizzo di risorse provenienti da diverse fonti di finanziamento (Fse, Fondo sociale regionale, risorse dei bilanci comunali, risorse delle ASL) attraverso le quali vengono sovvenzionati, da ciascuna per la propria specificità, gli interventi che le équipe multi-professionali inseriscono nei Programmi personalizzati di intervento.

L’Accordo di Programma è stato utilizzato anche dalla Regione Sardegna per la realizzazione di iniziative di sviluppo locale in ambito urbano, attraverso l’utilizzo dell’Investimento Territoriale Integrato (ITI) (3). Nell’ambito dell’Accordo sono state definite le risorse destinate all’iniziativa, gli impegni dei soggetti sottoscrittori (Regione e città urbane), declinati puntualmente gli interventi da realizzare e i risultati da raggiungere.

L’ITI è un nuovo strumento attuativo, previsto dai regolamenti, che consente di riunire le risorse di più assi prioritari di uno o più programmi operativi per la realizzazione di interventi multi-dimensionali e intersettoriali e si caratterizza per la previsione di un regime di gestione e di attuazione integrato. I finanziamenti dei diversi assi prioritari e programmi possono essere, infatti, raggruppati in una strategia d'investimento integrata per un determinato territorio o area.

La Regione Sardegna ha fatto ricorso a tale dispositivo per promuovere azioni integrate Fse-Fesr, per agire sulle diverse dimensioni di vulnerabilità dei territori (infrastrutturali, economiche e sociali). Gli interventi diretti alla promozione dell’inclusione sociale si inscrivono, infatti, in un quadro articolato di azioni che affrontano i diversi nodi critici e sono prioritariamente indirizzate allo sviluppo di servizi di cura socio-educativi e all’attivazione di progetti di inclusione attiva e di innovazione sociale.

Quantunque l’ITI, a differenza dello sviluppo locale partecipativo, sia una modalità di programmazione prevalentemente top down, la strategia di sviluppo delle città in cui realizzare l’ITI è stata definita dalla Regione Sardegna con un approccio “placebased” fortemente integrato. Le amministrazioni cittadine (Cagliari, Sassari e Olbia) sono state, infatti, coinvolte in un percorso partenariale attraverso il quale sono state individuate le aree urbane d’intervento e, a seguito di un’approfondita analisi di contesto, definite una serie di iniziative strettamente correlate tra loro finalizzate alla riqualificazione dei quartieri selezionati.

Il percorso intrapreso che ha portato alla definizione dell’azione integrata di sviluppo e quindi alla firma delle convenzioni tra Comuni interessati e Regione (per ora solo Cagliari e Sassari, con Olbia si sta per firmare l’Accordo di Programma), ha seguito cinque fasi, di seguito riportate:

Fase 0 – Definizione del Quadro Conoscitivo. È stata effettuata una ricognizione delle progettualità presenti sul territorio, orientata rispetto alle prescrizioni regolamentari comunitarie e nazionali, nonché rispetto ai documenti di lavoro prodotti a livello centrale e agli esiti degli incontri tra AdG, Ministeri e Commissione europea.

Fase 1 – Definizione delle Priorità di Intervento. Si è provveduto ad analizzare gli interventi tenendo conto della programmazione regionale riassunta nel Documento Strategico Unitario e dei documenti di programmazione 2014/2020 nonché delle indicazioni fornite dai rappresentanti delle amministrazioni locali coinvolte.

Fase 2 – Identificazione dello strumento e coprogettazione. In questa fase sono stati definiti i possibili interventi da finanziare e sono stati individuati gli strumenti con cui realizzarli; nel caso in esame è stato scelto l’intervento integrato Fesr e Fse. È stata fondamentale la verifica ex ante della fattibilità delle azioni individuate, della coprogettazione, dell’individuazione dei risultati da raggiungere e del percorso di governance.

Fase 3 – Inserimento della proposta all’interno dei Programmi. Nei programmi operativi Fse e Fesr sono stati inseriti gli interventi da attuare attraverso gli strumenti di progettazione integrata territoriale.

Fase 4 – Implementazione dell’azione integrata di sviluppo. Questa fase ha visto il pieno coinvolgimento degli attori partecipanti all’intervento integrato nelle attività di coprogettazione finalizzate alla definizione di un Accordo di Programma e successivamente alla stipula di una convenzione con i Comuni, previa verifica della capacità amministrativa volta ad assicurare la realizzazione degli interventi in qualità di Organismo intermedio. Questo stadio è ancora in corso, in quanto si sta procedendo alla stesura di schede di progettazione di dettaglio in cui vengono definiti: numero dei destinatari, indicatori da monitorare ed infine modalità e procedure che il Comune intende seguire per la realizzazione delle azioni/sub azioni dell’ITI.

 

Accordi fra pubbliche amministrazioni ex art. 15 legge 241/90

Sono procedure fra pubbliche amministrazioni rivolte a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, al fine di consentire l’adempimento della funzione di servizio pubblico loro assegnata dall'ordinamento. Attraverso l'accordo si instaura fra le amministrazioni un rapporto pattizio e pari ordinato, con diritti e obblighi reciproci. Il coordinamento dell’azione di diversi apparati amministrativi si inquadra nell’ambito della sussidiarietà di cui all’art. 118 della Costituzione.

Nel quadro delle iniziative dirette all’inclusione sociale dei target svantaggiati, Accordi di Cooperazione sono stati siglati dalla Regione Umbria con gli Ambiti territoriali per la realizzazione di specifiche aree d’intervento delineate nel PO, con particolare riferimento allo sviluppo urbano. Si tratta, in sostanza, di una modalità innovativa di pianificazione e realizzazione degli interventi secondo un modello a guida regionale improntato ad una logica di governance partecipata, coprogettazione e sussidiarietà orizzontale.

Nell’Accordo sono state definite le risorse finanziarie destinate al Comune/Ambito per l’intero periodo di programmazione, declinate in maniera puntuale le azioni da attivare (4) e le risorse a disposizione, i tempi di attuazione, le tipologie di destinatari finali e i criteri di loro eleggibilità, i target fisici e finanziari da raggiungere, le procedure da utilizzare per la selezione dei soggetti gestori dei servizi e delle persone fisiche, nonché le voci di costo ammissibili. È altresì prevista una compartecipazione finanziaria (del 15%) da parte del Comune per la realizzazione degli interventi ad essi assegnati, nonché la messa a disposizione (ove necessario) di locali, di strutture e di strumentazione tecnica e informatica.

I Comuni assumono il ruolo di beneficiari e saranno pertanto responsabili dell’attuazione degli interventi (5); la Regione svolge invece un ruolo di indirizzo/coordinamento e monitora /valuta in itinere il rispetto delle pattuizioni e l’efficienza ed efficacia nell’uso delle risorse, nonché (con cadenza annuale) l’attuazione dell’Accordo.

L'approccio corresponsabile

Tale approccio si sostanzia nella costruzione di politiche pubbliche partecipate che prevedano un coinvolgimento attivo di risorse e soggetti diversi, anche privati, in un’ottica di corresponsabilizzazione del soggetto nello svolgimento della funzione pubblica sociale. Ciò può avvenire attraverso la progettazione congiunta dei servizi o degli interventi (coprogettazione) o mediante la richiesta di una compartecipazione finanziaria del privato al fine di alleggerire gli oneri che gravano sulla PA nella realizzazione delle policy.

La coprogettazione rappresenta una modalità procedurale particolarmente indicata per la realizzazione di interventi innovativi e sperimentali. Essa si caratterizza per una piena valorizzazione dei soggetti del terzo settore, i quali non si configurano come semplici attuatori degli interventi, ma svolgono un ruolo proattivo anche nella fase di progettazione dell’iniziativa arricchendo le conoscenze della pubblica amministrazione con il proprio know how.

Tale procedura è stata utilizzata (in ambito Fse) dalla Regione Toscana quale modalità di progettazione congiunta tra la Società della salute e il Terzo Settore per la realizzazione di un sistema diffuso e articolato di servizi di accompagnamento al lavoro di soggetti disabili.

Nell’avviso regionale veniva, infatti, obbligatoriamente richiesto che le proposte progettuali, di sostegno all'inserimento socio-terapeutico e socio-lavorativo di questi soggetti, fossero presentate da imprese, soggetti sia pubblici sia privati, operanti nel recupero socio-lavorativo dei disabili, ed elaborati in coprogettazione con la Società della salute oppure con il soggetto pubblico individuato dalla Conferenza zonale dei sindaci (6). A tal fine, entrambi questi soggetti dovevano provvedere all’emanazione di "Avvisi di manifestazione d'interesse alla coprogettazione" a cui gli interessati al bando dovevano preliminarmente rispondere.

L’indizione dell’istruttoria pubblica di coprogettazione è sostanzialmente preordinata all’avvio di un processo partecipativo nell’ambito del quale la PA e il privato, muovendo da un progetto di base, dialogano al fine di apportare delle variazioni che lo rendano più funzionale al soddisfacimento di bisogni complessi. In linea di massima tale percorso risulta articolato nelle seguenti fasi:

a. costituzione di Gruppi di lavoro per la valutazione della fattibilità preliminare al fine di evidenziare, sulla base di un’analisi delle problematiche e delle potenzialità del territorio, le progettualità attivabili, le risorse umane e tecniche disponibili, le innovazioni da introdurre, le implementazioni da produrre ed i processi da attivare;

b. costituzione di partenariati misti pubblico-privato (ATS) in cui possano attivarsi i gruppi di progettazione;

c. elaborazione delle progettazioni esecutive in una logica di condivisone tra i diversi soggetti coinvolti nel percorso di coprogettazione;

d. sottoscrizione del progetto condiviso da presentare in risposta all'Avviso regionale.

Un’altra modalità di sensibilizzazione/responsabilizzazione del soggetto privato riguarda l’apposizione da parte dell’amministrazione di un vincolo al cofinanziamento dell’iniziativa che si candida a realizzare. Si segnala al riguardo l’esperienza della Regione Piemonte che, nell’avviso pubblico diretto alla promozione di lavori di pubblica utilità per favorire l’occupazione dei target svantaggiati, ha richiesto che i soggetti componenti il partenariato pubblico-privato proponente (7) assicurassero una compartecipazione finanziaria delle iniziative (nella misura del 20% del costo del progetto).

L'approccio tematico

Tale approccio implica lo sviluppo di partnership tra pubblico e privato per affrontare talune priorità trasversali (es. la promozione dell’occupazione dei giovani e delle pari opportunità di genere) e strutturare le reti del territorio ai fini di una migliore organizzazione dei servizi. L’approccio consiste nel non limitare gli sforzi unicamente verso la lotta alla disparità di genere e all’esclusione sociale, ma realizzare misure o azioni specifiche strutturanti nella loro trasversalità. Alcuni esempi possono essere rappresentati dagli accordi territoriali di genere e dai laboratori polivalenti per favorire l’occupabilità dei giovani realizzati dalla Regione Campania.

Al fine di promuovere un sistema integrato di azioni che favoriscano la partecipazione femminile al mercato del lavoro, la Regione ha richiesto nell’avviso pubblico la costituzione di reti territoriali, in cui siano presenti l’Ambito e alcuni soggetti privati appartenenti al mondo produttivo e dell’associazionismo (imprese/consorzi di imprese, associazioni di categoria, sindacati e enti bilaterali), per la presentazione della proposta progettuale e l’attuazione degli interventi. Il progetto prevede l’articolazione in tre interventi integrati, finalizzati a favorire l’occupabilità femminile attraverso la promozione e realizzazione di servizi di informazione ed orientamento e servizi di cura per la prima infanzia.

L’apporto dei privati si estrinseca, in particolare, nell’erogazione di servizi di promozione ed orientamento e nella messa a disposizione delle strutture socio-educative presso cui acquistare (mediante i buoni servizio) i posti bambino. L’apporto dell’ente pubblico riguarda, in particolare, l’individuazione dell’elenco delle strutture titolari/gestori di servizi per l’infanzia presso le quali utilizzare i buoni servizio, idonee, ossia in regola con i requisiti di accreditamento previsti dalla normativa di riferimento, e disponibili ad erogare le singole categorie di servizi che si intende attivare. Tali strutture dovranno, infatti, essere preventivamente individuate dall’Ambito Territoriale, mediante pubblicazione di apposito avviso per la manifestazione d’interesse, ed allegate alla proposta progettuale dal soggetto proponente. Ciascuna struttura individuata per la spesa del buono servizio dovrà poi sottoscrivere apposita convenzione con l’ATS beneficiaria del finanziamento, che regolamenterà le modalità di pagamento e di realizzazione del servizio. L’Ambito Territoriale di riferimento dovrà, inoltre, individuare l’elenco delle donne destinatarie dei buoni servizio, a seguito dell’approvazione di ciascun progetto presentato.

Un’altra sperimentazione di costituzione di reti territoriali tra enti pubblici, associazioni giovanili, associazioni del terzo settore, organismi della formazione accreditati, associazioni culturali, sportive e imprese è rappresentata dai laboratori polivalenti per promuovere l’occupazione dei giovani e migliorarne le condizioni sociali di vita nei quartieri urbani. Si tratta di laboratori educativi e culturali, finalizzati a promuovere attività di animazione giovanile per la crescita personale e l’integrazione sociale dei giovani sui temi della legalità, della cittadinanza attiva, dell’educazione e tutela dell'ambiente, nonché, la partecipazione collettiva di ricostruzione della identità dei luoghi e delle comunità. Il ruolo dei privati nella rete, in special modo delle associazioni giovanili, intende assicurare ai ragazzi un protagonismo nello sviluppo del territorio, mediante un coinvolgimento attivo fin dalla fase di definizione del progetto. L’apporto degli enti pubblici si estrinseca nella messa a disposizione di propri spazi multifunzionali integrati, per favorire la condivisione permanente a livello locale e la partecipazione attiva giovanile.

L'approccio istituzionale

Tale approccio prevede la combinazione di azioni di diversa natura (strutturali o funzionali o di prossimità) e ai diversi livelli (regionale e locale) e fonti di finanziamento complementari tra loro per il perseguimento di una strategia diretta ad affrontare un problema strutturale di difficile soluzione (ad esempio la povertà e l’esclusione sociale). Lo stesso implica la collaborazione interistituzionale e intersettoriale e la multiprofessionalità per affrontare i difficili casi sociali, attraverso la condivisione degli interventi da realizzare in fase di pianificazione e la sottoscrizione di un impegno tra i diversi attori pubblici coinvolti nel quale definire ruoli e responsabilità nell’attuazione delle iniziative. Spesso è collegato a strategie di sviluppo territoriale e richiede la mobilitazione di risorse a carattere locale.
Gli strumenti operativi utilizzati per il perseguimento di tale approccio sono: gli Accordi di Programma e gli Accordi di Cooperazione pubblico-pubblico (ex art. 15 L. 241/90).

 

Accordi di Programma

L’Accordo di Programma è lo strumento attuativo con il quale è stata affrontata, dalla Regione Emilia -Romagna, la sfida di una presa in carico integrata del soggetto svantaggiato sotto vari profili (sociale, sanitario, lavorativo) attraverso una forte interazione tra i diversi operatori interessati e la condivisione di approcci e di strumenti, finanziari e non, resi disponibili dalla programmazione europea, nazionale e regionale. Tale Accordo è sottoscritto da Regione, Azienda unità sanitaria locale, Comuni e/o Unione dei Comuni e rappresenta il dispositivo con il quale vengono approvati i Piani integrati Territoriali, presentati da ciascun ambito distrettuale, nei quali sono tratteggiati gli obiettivi, le priorità e le misure d’intervento per l’inserimento sociale e lavorativo delle persone in condizione di fragilità/vulnerabilità.

Con la sottoscrizione dell’Accordo i soggetti istituzionali coinvolti assumono l’impegno ad erogare le prestazioni di propria competenza. La Regione, sulla base delle misure identificate nel piano stesso, individua (tramite avviso pubblico) gli enti attuatori in grado di erogare le prestazioni di politica attiva del lavoro finanziate con le risorse del Fondo sociale europeo (2). Le ASL garantiscono le prestazioni di natura socio sanitaria necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano integrato, mentre i Comuni (facenti parte dell’Ambito distrettuale) provvedono all'erogazione delle prestazioni di natura sociale.

Le risorse regionali sono programmate, infatti, unitamente alle ulteriori risorse individuate dai soggetti istituzionali sottoscrittori dell'Accordo di Programma. È previsto, quindi, l’utilizzo di risorse provenienti da diverse fonti di finanziamento (Fse, Fondo sociale regionale, risorse dei bilanci comunali, risorse delle ASL) attraverso le quali vengono sovvenzionati, da ciascuna per la propria specificità, gli interventi che le équipe multi-professionali inseriscono nei Programmi personalizzati di intervento.

L’Accordo di Programma è stato utilizzato anche dalla Regione Sardegna per la realizzazione di iniziative di sviluppo locale in ambito urbano, attraverso l’utilizzo dell’Investimento Territoriale Integrato (ITI) (3). Nell’ambito dell’Accordo sono state definite le risorse destinate all’iniziativa, gli impegni dei soggetti sottoscrittori (Regione e città urbane), declinati puntualmente gli interventi da realizzare e i risultati da raggiungere.

L’ITI è un nuovo strumento attuativo, previsto dai regolamenti, che consente di riunire le risorse di più assi prioritari di uno o più programmi operativi per la realizzazione di interventi multi-dimensionali e intersettoriali e si caratterizza per la previsione di un regime di gestione e di attuazione integrato. I finanziamenti dei diversi assi prioritari e programmi possono essere, infatti, raggruppati in una strategia d'investimento integrata per un determinato territorio o area.

La Regione Sardegna ha fatto ricorso a tale dispositivo per promuovere azioni integrate Fse-Fesr, per agire sulle diverse dimensioni di vulnerabilità dei territori (infrastrutturali, economiche e sociali). Gli interventi diretti alla promozione dell’inclusione sociale si inscrivono, infatti, in un quadro articolato di azioni che affrontano i diversi nodi critici e sono prioritariamente indirizzate allo sviluppo di servizi di cura socio-educativi e all’attivazione di progetti di inclusione attiva e di innovazione sociale.

Quantunque l’ITI, a differenza dello sviluppo locale partecipativo, sia una modalità di programmazione prevalentemente top down, la strategia di sviluppo delle città in cui realizzare l’ITI è stata definita dalla Regione Sardegna con un approccio “placebased” fortemente integrato. Le amministrazioni cittadine (Cagliari, Sassari e Olbia) sono state, infatti, coinvolte in un percorso partenariale attraverso il quale sono state individuate le aree urbane d’intervento e, a seguito di un’approfondita analisi di contesto, definite una serie di iniziative strettamente correlate tra loro finalizzate alla riqualificazione dei quartieri selezionati.

Il percorso intrapreso che ha portato alla definizione dell’azione integrata di sviluppo e quindi alla firma delle convenzioni tra Comuni interessati e Regione (per ora solo Cagliari e Sassari, con Olbia si sta per firmare l’Accordo di Programma), ha seguito cinque fasi, di seguito riportate:

Fase 0 – Definizione del Quadro Conoscitivo. È stata effettuata una ricognizione delle progettualità presenti sul territorio, orientata rispetto alle prescrizioni regolamentari comunitarie e nazionali, nonché rispetto ai documenti di lavoro prodotti a livello centrale e agli esiti degli incontri tra AdG, Ministeri e Commissione europea.

Fase 1 – Definizione delle Priorità di Intervento. Si è provveduto ad analizzare gli interventi tenendo conto della programmazione regionale riassunta nel Documento Strategico Unitario e dei documenti di programmazione 2014/2020 nonché delle indicazioni fornite dai rappresentanti delle amministrazioni locali coinvolte.

Fase 2 – Identificazione dello strumento e coprogettazione. In questa fase sono stati definiti i possibili interventi da finanziare e sono stati individuati gli strumenti con cui realizzarli; nel caso in esame è stato scelto l’intervento integrato Fesr e Fse. È stata fondamentale la verifica ex ante della fattibilità delle azioni individuate, della coprogettazione, dell’individuazione dei risultati da raggiungere e del percorso di governance.

Fase 3 – Inserimento della proposta all’interno dei Programmi. Nei programmi operativi Fse e Fesr sono stati inseriti gli interventi da attuare attraverso gli strumenti di progettazione integrata territoriale.

Fase 4 – Implementazione dell’azione integrata di sviluppo. Questa fase ha visto il pieno coinvolgimento degli attori partecipanti all’intervento integrato nelle attività di coprogettazione finalizzate alla definizione di un Accordo di Programma e successivamente alla stipula di una convenzione con i Comuni, previa verifica della capacità amministrativa volta ad assicurare la realizzazione degli interventi in qualità di Organismo intermedio. Questo stadio è ancora in corso, in quanto si sta procedendo alla stesura di schede di progettazione di dettaglio in cui vengono definiti: numero dei destinatari, indicatori da monitorare ed infine modalità e procedure che il Comune intende seguire per la realizzazione delle azioni/sub azioni dell’ITI.

 

Accordi fra pubbliche amministrazioni ex art. 15 legge 241/90

Sono procedure fra pubbliche amministrazioni rivolte a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, al fine di consentire l’adempimento della funzione di servizio pubblico loro assegnata dall'ordinamento. Attraverso l'accordo si instaura fra le amministrazioni un rapporto pattizio e pari ordinato, con diritti e obblighi reciproci. Il coordinamento dell’azione di diversi apparati amministrativi si inquadra nell’ambito della sussidiarietà di cui all’art. 118 della Costituzione.

Nel quadro delle iniziative dirette all’inclusione sociale dei target svantaggiati, Accordi di Cooperazione sono stati siglati dalla Regione Umbria con gli Ambiti territoriali per la realizzazione di specifiche aree d’intervento delineate nel PO, con particolare riferimento allo sviluppo urbano. Si tratta, in sostanza, di una modalità innovativa di pianificazione e realizzazione degli interventi secondo un modello a guida regionale improntato ad una logica di governance partecipata, coprogettazione e sussidiarietà orizzontale.

Nell’Accordo sono state definite le risorse finanziarie destinate al Comune/Ambito per l’intero periodo di programmazione, declinate in maniera puntuale le azioni da attivare (4) e le risorse a disposizione, i tempi di attuazione, le tipologie di destinatari finali e i criteri di loro eleggibilità, i target fisici e finanziari da raggiungere, le procedure da utilizzare per la selezione dei soggetti gestori dei servizi e delle persone fisiche, nonché le voci di costo ammissibili. È altresì prevista una compartecipazione finanziaria (del 15%) da parte del Comune per la realizzazione degli interventi ad essi assegnati, nonché la messa a disposizione (ove necessario) di locali, di strutture e di strumentazione tecnica e informatica.

I Comuni assumono il ruolo di beneficiari e saranno pertanto responsabili dell’attuazione degli interventi (5); la Regione svolge invece un ruolo di indirizzo/coordinamento e monitora /valuta in itinere il rispetto delle pattuizioni e l’efficienza ed efficacia nell’uso delle risorse, nonché (con cadenza annuale) l’attuazione dell’Accordo.

L'approccio corresponsabile

Tale approccio si sostanzia nella costruzione di politiche pubbliche partecipate che prevedano un coinvolgimento attivo di risorse e soggetti diversi, anche privati, in un’ottica di corresponsabilizzazione del soggetto nello svolgimento della funzione pubblica sociale. Ciò può avvenire attraverso la progettazione congiunta dei servizi o degli interventi (coprogettazione) o mediante la richiesta di una compartecipazione finanziaria del privato al fine di alleggerire gli oneri che gravano sulla PA nella realizzazione delle policy.

La coprogettazione rappresenta una modalità procedurale particolarmente indicata per la realizzazione di interventi innovativi e sperimentali. Essa si caratterizza per una piena valorizzazione dei soggetti del terzo settore, i quali non si configurano come semplici attuatori degli interventi, ma svolgono un ruolo proattivo anche nella fase di progettazione dell’iniziativa arricchendo le conoscenze della pubblica amministrazione con il proprio know how.

Tale procedura è stata utilizzata (in ambito Fse) dalla Regione Toscana quale modalità di progettazione congiunta tra la Società della salute e il Terzo Settore per la realizzazione di un sistema diffuso e articolato di servizi di accompagnamento al lavoro di soggetti disabili.

Nell’avviso regionale veniva, infatti, obbligatoriamente richiesto che le proposte progettuali, di sostegno all'inserimento socio-terapeutico e socio-lavorativo di questi soggetti, fossero presentate da imprese, soggetti sia pubblici sia privati, operanti nel recupero socio-lavorativo dei disabili, ed elaborati in coprogettazione con la Società della salute oppure con il soggetto pubblico individuato dalla Conferenza zonale dei sindaci (6). A tal fine, entrambi questi soggetti dovevano provvedere all’emanazione di "Avvisi di manifestazione d'interesse alla coprogettazione" a cui gli interessati al bando dovevano preliminarmente rispondere.

L’indizione dell’istruttoria pubblica di coprogettazione è sostanzialmente preordinata all’avvio di un processo partecipativo nell’ambito del quale la PA e il privato, muovendo da un progetto di base, dialogano al fine di apportare delle variazioni che lo rendano più funzionale al soddisfacimento di bisogni complessi. In linea di massima tale percorso risulta articolato nelle seguenti fasi:

a. costituzione di Gruppi di lavoro per la valutazione della fattibilità preliminare al fine di evidenziare, sulla base di un’analisi delle problematiche e delle potenzialità del territorio, le progettualità attivabili, le risorse umane e tecniche disponibili, le innovazioni da introdurre, le implementazioni da produrre ed i processi da attivare;

b. costituzione di partenariati misti pubblico-privato (ATS) in cui possano attivarsi i gruppi di progettazione;

c. elaborazione delle progettazioni esecutive in una logica di condivisone tra i diversi soggetti coinvolti nel percorso di coprogettazione;

d. sottoscrizione del progetto condiviso da presentare in risposta all'Avviso regionale.

Un’altra modalità di sensibilizzazione/responsabilizzazione del soggetto privato riguarda l’apposizione da parte dell’amministrazione di un vincolo al cofinanziamento dell’iniziativa che si candida a realizzare. Si segnala al riguardo l’esperienza della Regione Piemonte che, nell’avviso pubblico diretto alla promozione di lavori di pubblica utilità per favorire l’occupazione dei target svantaggiati, ha richiesto che i soggetti componenti il partenariato pubblico-privato proponente (7) assicurassero una compartecipazione finanziaria delle iniziative (nella misura del 20% del costo del progetto).

L'approccio tematico

Tale approccio implica lo sviluppo di partnership tra pubblico e privato per affrontare talune priorità trasversali (es. la promozione dell’occupazione dei giovani e delle pari opportunità di genere) e strutturare le reti del territorio ai fini di una migliore organizzazione dei servizi. L’approccio consiste nel non limitare gli sforzi unicamente verso la lotta alla disparità di genere e all’esclusione sociale, ma realizzare misure o azioni specifiche strutturanti nella loro trasversalità. Alcuni esempi possono essere rappresentati dagli accordi territoriali di genere e dai laboratori polivalenti per favorire l’occupabilità dei giovani realizzati dalla Regione Campania.

Al fine di promuovere un sistema integrato di azioni che favoriscano la partecipazione femminile al mercato del lavoro, la Regione ha richiesto nell’avviso pubblico la costituzione di reti territoriali, in cui siano presenti l’Ambito e alcuni soggetti privati appartenenti al mondo produttivo e dell’associazionismo (imprese/consorzi di imprese, associazioni di categoria, sindacati e enti bilaterali), per la presentazione della proposta progettuale e l’attuazione degli interventi. Il progetto prevede l’articolazione in tre interventi integrati, finalizzati a favorire l’occupabilità femminile attraverso la promozione e realizzazione di servizi di informazione ed orientamento e servizi di cura per la prima infanzia.

L’apporto dei privati si estrinseca, in particolare, nell’erogazione di servizi di promozione ed orientamento e nella messa a disposizione delle strutture socio-educative presso cui acquistare (mediante i buoni servizio) i posti bambino. L’apporto dell’ente pubblico riguarda, in particolare, l’individuazione dell’elenco delle strutture titolari/gestori di servizi per l’infanzia presso le quali utilizzare i buoni servizio, idonee, ossia in regola con i requisiti di accreditamento previsti dalla normativa di riferimento, e disponibili ad erogare le singole categorie di servizi che si intende attivare. Tali strutture dovranno, infatti, essere preventivamente individuate dall’Ambito Territoriale, mediante pubblicazione di apposito avviso per la manifestazione d’interesse, ed allegate alla proposta progettuale dal soggetto proponente. Ciascuna struttura individuata per la spesa del buono servizio dovrà poi sottoscrivere apposita convenzione con l’ATS beneficiaria del finanziamento, che regolamenterà le modalità di pagamento e di realizzazione del servizio. L’Ambito Territoriale di riferimento dovrà, inoltre, individuare l’elenco delle donne destinatarie dei buoni servizio, a seguito dell’approvazione di ciascun progetto presentato.

Un’altra sperimentazione di costituzione di reti territoriali tra enti pubblici, associazioni giovanili, associazioni del terzo settore, organismi della formazione accreditati, associazioni culturali, sportive e imprese è rappresentata dai laboratori polivalenti per promuovere l’occupazione dei giovani e migliorarne le condizioni sociali di vita nei quartieri urbani. Si tratta di laboratori educativi e culturali, finalizzati a promuovere attività di animazione giovanile per la crescita personale e l’integrazione sociale dei giovani sui temi della legalità, della cittadinanza attiva, dell’educazione e tutela dell'ambiente, nonché, la partecipazione collettiva di ricostruzione della identità dei luoghi e delle comunità. Il ruolo dei privati nella rete, in special modo delle associazioni giovanili, intende assicurare ai ragazzi un protagonismo nello sviluppo del territorio, mediante un coinvolgimento attivo fin dalla fase di definizione del progetto. L’apporto degli enti pubblici si estrinseca nella messa a disposizione di propri spazi multifunzionali integrati, per favorire la condivisione permanente a livello locale e la partecipazione attiva giovanile.