Le posizioni politiche dell'Italia espresse in ambito CIAE
di Cecilia Cellai
Settore Sviluppo Sostenibile - Tecnostruttura
La riflessione che si è svolta in ambito di Comitato interministeriale Affari europei (CIAE) a partire dal 2017 ha attribuito consistente rilievo al Quadro Finanziario Pluriennale post 2020, in considerazione del prossimo avvio del negoziato previsto per maggio 2018.
Particolare attenzione è stata dedicata ad alcune importanti rubriche, quali in primo luogo la Politica Agricola Comune (PAC), con riguardo alle ipotesi di lavoro della Commissione europea circa le modalità future di finanziamento di questa politica e i criteri di ripartizione delle risorse; altro tema cruciale è rappresentato dal futuro della Politica di Coesione, di cui sono stati esposti gli aspetti generali del documento di posizione, come espressa al 7° Forum Coesione della Commissione europea il 26 giugno 2017 e poi nell’accordo a difesa della politica di coesione post 2020 sancito in Conferenza Unificata del 9 novembre 2017.
Considerate, inoltre, le pendenze finanziarie dovute al negoziato col Regno Unito, il CIAE ha dato mandato ad un Tavolo di coordinamento tecnico ad hoc di approfondire alcune ipotesi sul bilancio complessivo dell'Unione Europea, analizzandone gli impatti per l'Italia in termini di policy e di contributo finanziario.
I beni pubblici europei
Sempre in ambito CIAE è stata altresì evidenziata l'importanza di attribuire congrui finanziamenti per alcuni specifici settori, quali grandi progetti infrastrutturali, sviluppo sostenibile, cultura, sociale, mobilità in senso ampio (ad es. Erasmus Plus), nonché per i temi afferenti alla gestione delle frontiere esterne, immigrazione e sicurezza, difesa. Ad essi, quindi, configurabili come beni pubblici europei (European common goods), ossia settori in cui l’iniziativa dell’Unione Europea può rivelarsi più efficace rispetto alle azioni dei singoli Stati membri, andrebbero rapportate le priorità politiche dell’Unione Europea che il Bilancio europeo dovrebbe perseguire.
Sul concetto dei beni pubblici europei l’Italia aveva già incardinato la posizione nazionale relativa al Quadro finanziario Pluriennale (QFP), che era stata anticipata con un non paper predisposto in aprile 2017 dal titolo “Il Quadro Finanziario Pluriennale: uno strumento strategico al servizio degli obiettivi dell’unione europea”.
In occasione del Consiglio europeo e del Vertice dei Capi di Stato e di Governo del 16 dicembre 2017 prima, poi con l’adozione della Dichiarazione di Roma 10 gennaio 2018 “Bringing the EU forward in 2018”, l’Italia ha provveduto a rafforzare la posizione espressa a livello politico - stavolta insieme all’unione dei Paesi del Sud d’Europa - di “assumere un nuovo approccio sui beni pubblici europei, che dovrebbero essere assicurati nell’ambito del budget europeo nel Quadro Finanziario Pluriennale”.
Il Tavolo di coordinamento
Il Tavolo di coordinamento tecnico ha convenuto sull'opportunità di redigere un aggiornamento (Addendum) del non paper dell'aprile 2017, da consolidare sulla base del nuovo approccio.
Nei lavori del Tavolo di inizio 2018 si è pervenuti ad una versione consolidata dell’Addendum to the Italian position document “Multiannual Financial Framework: a strategic tool for meeting the goals of the European union”.
Nell’Addendum sono stati recepiti i contributi apportati al Tavolo di coordinamento - per le materie di propria competenza -, tra cui anche quelli della Conferenza delle Regioni. Il testo finale dell’Addendum è stato poi trasmesso dal Presidente del Consiglio ai vertici delle competenti sedi politiche europee; inoltre è stato distribuito dal ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) attraverso la rete diplomatica.
Sui temi QFP e in generale dell’Unione economica e monetaria sono state riportate importanti considerazioni emerse anche a livello di incontri diplomatici: infatti, le posizioni italiane ivi diffuse hanno sollecitato un ampio dibattito internazionale e riflessioni capaci di sviluppare la crescita di una consapevolezza comune, in particolare su questioni centrali come quella degli importi annui massimi (i cd. massimali), che l’Unione europea potrà spendere nei diversi ambiti d'intervento (le rubriche) per un periodo di almeno 5 anni; altresì, hanno inteso contrastare l’ipotesi circolante negli ambienti bruxellesi di una “modernizzazione” del bilancio europeo, espressione usata per indicare l’esplicita richiesta di tagli al bilancio, promossa da alcuni Stati membri in maniera molto determinata.
Le priorità della posizione italiana
Intento generale dell’Addendum è quello di mantenere l’equilibrio rispetto a tutti i temi: per questo, pertanto, allo scopo di evitare che si lasci intendere che l’Italia abbia attribuito uno scarso peso alle politiche che riportavano con troppa sinteticità principi strategici, sono state rinforzate parti troppo schematiche. Ad ogni buon conto, il documento analizzato va considerato a tutti gli effetti un Addendum al documento di posizione italiana anticipato ad aprile 2017 “Il Quadro Finanziario Pluriennale: uno strumento strategico al servizio degli obiettivi dell’Unione europea”. La struttura di tale documento riportava lo schema che segue, con i temi strategici così allocati:
- il primo capitolo “Un bilancio collegato alle priorità dell’Unione Europea”, che presenta la visione italiana del bilancio europeo introducendo le priorità da tradurre nei beni pubblici europei, tra cui sono stati espressamente ricondotti anche i temi relativi alla difesa, al controllo delle frontiere esterne e alla gestione dei flussi migratori;
- il secondo capitolo, che tratta “Le priorità per l’Italia”, allocate in quattro paragrafi, quali: 2.1 Un’Unione capace di far fronte alle nuove sfide (fenomeno migratorio, catastrofi naturali, lotta al terrorismo e crimine organizzato); 2.2 Coesione economica, sociale e territoriale; 2.3 Valorizzare appieno le potenzialità dell’Unione: capitale umano e mercato unico; 2.4 Promuovere una crescita sostenibile ed un utilizzo coerente delle risorse naturali;
- il terzo capitolo, dedicato a “Gli strumenti” (e le procedure) per perseguire le priorità europee, di cui: 3.1 La flessibilità del bilancio UE; 3.2 La semplificazione delle regole; 3.3 Il sistema delle risorse proprie.
Nell’Addendum, diffuso in lingua inglese, dopo un’introduzione in cui compaiono gli obiettivi da perseguire per l’Italia – ricondotte sotto gli European public goods –, le priorità sono state ristrutturate sotto capitoli talora più analitici, talvolta ricondotte sotto diverse macro-categorie, quindi:
1) New Challanges: a) Migration, b) Security and resiliece, c) Defence, d) External action, e) Fiscal capacity;
2) Economic, social and territorial cohesion: a) Cohesion, b) Social policy;
3) Exploiting the full potential of the Union: a) Competitiveness, Investiments an strategic infrastructures, b) Education and culture/Europea citizenship, c) Research and Innovation;
4) Promoting a sustainable groxth and a consistent use of natural resources: a) CAP, b) Enviroment and landscape;
Tools: a) Flexibility, b) Simplification of rules, c) Conditionality, d) Own resources.
Nell’Addendum sono stati riportati paragrafi che precisano alcuni aspetti di dettaglio della posizione italiana, non affrontati nel documento di aprile 2017; inoltre l’Addendum intende dare conto del progressivo maturarsi della posizione italiana anche su alcuni dossier settoriali, tra i quali la Coesione, la politica dei diritti sociali e le Politiche Agricole.
Per quanto riguarda il dossier Politica di Coesione, al paragrafo 2.a) Cohesion dell’Addendum:
- come Conferenza delle Regioni era già stato riportato quanto concordato in Conferenza Unificata col ministero per la Coesione territoriale ed il Mezzogiorno il 9 novembre 2017 rispetto alla “Posizione italiana sulla politica di coesione post 2020”; l’accordo raggiunto a difesa della politica di coesione post 2020 è stato richiamato, poi, il 30 gennaio 2018 a Bruxelles alla presenza del ministro Claudio De Vincenti a Regioni e a Comuni europei presenti, convenuti in sede di Comitato delle Regioni europeo per la firma dell’Alleanza per la Coesione post 2020. Nell’occasione, infatti, la posizione del Governo italiano ha mostrato di considerare prioritaria la politica di coesione, intendendo chiedere l’ampliamento dei fondi o almeno il mantenimento dell’attuale consistenza del budget; inoltre si è dichiarata contrarietà a che il Fondo sociale europeo (Fse) venga centralizzato ed esca dal sistema dei fondi SIE, nonché pari contrarietà è stata espressa affinché la riserva di performance - che la CE vorrebbe centralizzare per renderla più funzionale e connessa all’attuazione delle riforme - ritorni nella disponibilità della medesima CE.
- Rispetto all’Addendum, per parte della Conferenza delle Regioni è stato chiesto, dunque, di riportare anche in questo documento l’espressione della suddetta posizione del Governo dichiarata alla riunione per l’Alleanza per la coesione post 2020. Inoltre è stato chiesto se fosse necessario riportare di nuovo le varie specifiche tecniche proposte dall’Italia per la riforma della politica di coesione, così come riportate anche nel contributo al documento di posizione italiana “Il futuro della politica regionale di coesione”, approvato dalla Conferenza delle Regioni il 20 Aprile 2017, con particolare riferimento al tema del Social Policy.
Il Tavolo di coordinamento ha convenuto nel considerare sufficiente quanto già espresso nel documento di Aprile 2017, comprensivo delle varie specifiche tecniche, e quanto aggiunto nell’Addendum.
- Al Tavolo di coordinamento, per la parte della Conferenza delle Regioni sono stati riportati gli esiti della riunione di Coordinamento Tecnico della III Commissione Affari europei ed Internazionali, in cui:
1) è stato preannunciato un documento di posizione delle Regioni, approvato poi il 22 febbraio 2018 in Conferenza delle Regioni come “Posizione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sul Quadro Finanziario Pluriennale dell’Unione europea 2021-2017”, in cui si ritrovano espressi - tra le varie priorità - un forte accento alla Multilevel Governance, nonché il mantenimento della dimensione regionale della politica di coesione, alla quale deve essere riconosciuta priorità strategica;
2) la Conferenza delle Regioni sollecita l’Unione europea a dotarsi di una politica di coesione post 2020 ambiziosa con un finanziamento almeno pari ai livelli attuali, grazie all’introduzione di nuove forme di risorse proprie e alla profonda revisione del sistema attuale, non più rispondente al nuovo contesto politico e istituzionale della UE. La politica regionale di sviluppo e coesione con la politica di sviluppo rurale costituiscono le principali politiche europee di investimento che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020. Ridurre l’impegno del bilancio europeo in queste politiche significa rinunciare ad un ruolo dell’Unione a sostegno della crescita e dell’occupazione in tutte le Regioni.
In conseguenza a ciò, pur riconoscendo in questa fase negoziale la necessità di riservare l’espressione “adeguato finanziamento” a tutte le politiche che hanno una corrispettiva rubrica finanziaria nel bilancio europeo, in Tavolo di Coordinamento si è concordato di apporre il termine “crucial” al ruolo della politica di coesione.
Per quanto riguarda il dossier Politica dei Diritti sociali, al paragrafo 2.b) Social Policy dell’Addendum:
- Le Regioni avevano già ribadito in CIAE il livello strategico della Social Policy da porre in stretta correlazione con la Cohesion; inoltre le Regioni avevano segnalato come a livello europeo non ci fosse chiarezza riguardo al Pilastro europeo dei diritti sociali e che a tutt’oggi ancora non è chiaro di quanto consteranno i finanziamenti e come questo sarà finanziato. Ciò era stato anche ribadito in sede di Comitato delle Regioni europeo.
- Parimenti, al Tavolo di coordinamento si è riportato che le Regioni ritengono prioritario mantenere un finanziamento ambizioso ad una politica regionale, comprensiva degli interventi per il capitale umano e l’inclusione sociale, confermando la sua vocazione orizzontale e unitaria, che la rende capace di declinare in maniera integrata le politiche settoriali. Pertanto è stato raccomandato di pervenire a chiarezza in merito al favore dell’Italia alla costituzione di un Human Capital Fund (HCF), per fornire consistenza e promuovere sinergie per la salvaguardia dei diritti e dei principi del Pilastro europeo dei diritti sociali. Non essendo ad oggi infatti chiaro il destino del Fondo sociale europeo, le Regioni hanno chiesto di esplicitare la posizione italiana sul Fse, in coerenza anche con quanto dichiarato in Comitato delle Regioni europeo il 30 gennaio, proponendo quindi un European Social Fund Plus da ricomprendere nella macrocornice della Politica di Coesione.
- Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha segnalato il sostegno alla proposta della Commissione di istituire lo Human Capital Fund, nonché alla proposta di adottarne alcuni indicatori sociali; lo HCF permetterebbe di riservare risorse per l’attuazione del pilastro sociale e semplificherebbe le procedure. L’inclusione di un indicatore sulla disoccupazione permetterebbe, poi, di aumentare l’allocazione delle risorse. A questo scopo il Tavolo di coordinamento ha concordato di aggiungere al periodo: “Italy is open to consider the creation of a Human Capital Fund to enhance consistency and promote synergies to deliver rights and principles of the social pillar” la frase “without prejudice to the framework of Structural Funds”.
Nel paragrafo Tools riguardo alla questione relativa alla macrocondizionalità economica:
nel Tavolo di coordinamento le Regioni, congiuntamente al Dipartimento per le politiche di coesione sulla scorta della posizione nazionale espressa in Comitato delle Regioni europeo a Bruxelles, hanno richiamato alla comune memoria la formula espressa nell’accordo di Conferenza Unificata del 9 novembre 2017 “Posizione italiana sulla politica di Coesione post – 2020” per mezzo del Dipartimento per le politiche di Coesione e Conferenza delle Regioni, in cui al secondo capoverso dell’apposito paragrafo “Politica di coesione e riforme strutturali” era stato attestato che “Il meccanismo della condizionalità macroeconomica va superato, per evitare che vengano messi a rischio territori (omissis)”. In Tavolo di coordinamento si è concordato di enunciare chiaramente e formalmente la non accettazione della macrocondizionalità economica, riportando questa frase: “Conversely, macroeconomic conditionality, at least in its current form, does not directly support the goals of the cohesion policy and could actually turn out to be self-defeating. Therefore, it will have to be reconsidered as to avoid pro-cyclical effects that would amplify the phases of the economic cycle in the affected Member State”.
Infine, per quanto riguarda il dossier Politiche Agricole, al paragrafo 4.a) CAP:
il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali ha ribadito la criticità per l’Italia della Convergenza esterna, che incide fortemente sul riparto dei fondi tra Stati membri, chiedendo di inserire il tema nell’Addendum. Ha affrontato il tema della possibile riduzione delle risorse, chiedendo di sostenere esplicitamente nell’Addendum l’opzione del cofinanziamento dello Sviluppo rurale, rimandando ad altra sede l’opzione del cofinanziamento del Primo pilastro (sostegno dei prezzi dei prodotti agricoli e l’integrazione diretta dei redditi degli agricoltori). È stato quindi concordato di ampliare il paragrafo con l’esplicitazione delle richieste italiane (Convergenza esterna e Sviluppo rurale), chiedendo altresì di inserire la proposta di percentuale di cofinanziamento massimo per lo Sviluppo rurale, che libererebbe risorse del QFP e incrementerebbe il totale delle spese pubbliche per il medesimo Sviluppo rurale.