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Quaderni di Tecnostruttura - Quaderno del 30 settembre 2019

Le politiche di welfare nella programmazione Fse 2014-2020

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Servizio sociale e welfare in Italia

di Paolina Notaro

Settore Fse - Tecnostruttura

In Italia, i servizi sociali per il sostegno delle persone bisognose sono realizzati attraverso un complesso di normative nazionali, regionali e comunali, e rivestono le forme della prestazione economica e/o del servizio alla persona, finanziati, principalmente, dalla fiscalità generale (1)

Nel tracciare brevemente l’evoluzione del welfare state italiano emerge che in linea generale il nostro Paese ha sempre privilegiato i trasferimenti monetari rispetto ai servizi, specialmente nell’ambito delle risposte ai bisogni socio-assistenziali o alle problematiche del lavoro. A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, ha cominciato a prendere forma una più «moderna» cultura dei servizi, raccordati con il territorio e volti alla prevenzione, alla promozione della salute, alla riabilitazione, al recupero e al reinserimento dei soggetti svantaggiati: dalla sperimentazione dei primi servizi di assistenza domiciliare alla nascita degli asili nido comunali, dal pieno inserimento scolastico degli alunni con disabilità, alla nascita delle Unità socio-sanitarie locali. Questa sorta di “rivoluzione culturale” ha sicuramente contribuito in modo rilevante alla trasformazione di alcune importanti politiche di welfare sebbene in modo difforme nelle varie regioni. Sul finire degli anni Novanta si registrano una serie di ulteriori novità rilevanti: sono nati i servizi pubblici per l’impiego, gestiti nei territori, è stato finanziato per la prima volta un «Piano nidi», si è sperimentato un programma di «Reddito minimo di inserimento» che superasse la politica assistenziale dei sussidi e collegasse l’erogazione di una prestazione monetaria a un piano personalizzato di servizi, volto alla rimozione delle cause dello stato di indigenza; si è arrivati con la riforma dei servizi e delle prestazioni sociali (legge 328/2000) a progettare finalmente un’architettura dei servizi sociali in base alla quale Stato, Regioni, Province e Comuni, ciascuno con compiti definiti, avrebbero dovuto dar vita a un «sistema» incentrato su un nuovo «diritto» di cittadinanza, in conseguenza del quale tutti sarebbero stati in grado di ottenere una risposta ai propri bisogni socio-assistenziali (2)

Il ruolo dei comuni per i servizi sociali, focus sui servizi socio-educativi per la prima infanzia

Considerato il livello di povertà infantile, le criticità del mercato del lavoro e il tasso di invecchiamento demografico, i rischi di caduta verso condizioni di povertà e di esclusione sociale, nell’attuale contesto economico, sociale e demografico del nostro Paese, la disponibilità di servizi sociali assume un ruolo strategico al fine di migliorare le condizioni di vita della popolazione, sostenere i più svantaggiati e facilitare la conciliazione fra professione e carichi di cura.

Il comparto degli interventi e servizi socio-assistenziali, come anticipato, è fortemente decentrato a livello locale e la responsabilità di gestione della spesa sociale è in capo ai Comuni e alle forme associative sovra comunali mentre le funzioni di programmazione competono alle Regioni.

Rispetto alla media dei paesi europei, l’Italia destina alla protezione sociale una quota importante del prodotto interno lordo (il 30% contro il 27% della media Ue) sebbene la quota di spesa risulti essere sbilanciata a favore di trasferimenti monetari per le pensioni di anzianità e vecchiaia, mentre per i servizi sociali il livello di spesa italiano si attesta tra i più bassi d’Europa (3).

La principale fonte di finanziamento della spesa sociale degli enti territoriali sono le risorse proprie dei Comuni e delle associazioni di comuni, seguite dai fondi statali e dell’Unione europea. Dall’indagine Istat, condotta nel 2016, emerge che sono in lieve aumento le risorse per il contrasto alla povertà e per i servizi ai disabili nonché per i minori e le famiglie con figli (principalmente destinate agli asili nido e ai servizi per la prima infanzia) mentre diminuiscono quelle rivolte agli anziani e all’integrazione degli immigrati.

Negli ultimi anni i servizi socio-educativi per la prima infanzia sono stati più volte al centro del dibattito pubblico e oggetto di normative nazionali e regionali. Tali servizi comprendono in primo luogo i tradizionali asili nido, istituiti in Italia nel 1971 come “servizi sociali di interesse pubblico”, ma anche ulteriori tipi di servizi per la prima infanzia, maggiormente flessibili e di natura tendenzialmente integrativa piuttosto che sostitutiva del nido. Lo sviluppo del sistema di offerta dei servizi per la prima infanzia viene incentivato da diversi anni sia a livello nazionale che europeo per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Per raggiungere tale obiettivo l’Italia ha varato nel tempo diversi provvedimenti e ha stanziato significative risorse da destinare all’incremento dell’offerta disponibile.

La strategia regionale nell'ambito dei servizi sociali finanziata con il FSE

Il Fondo Sociale Europeo nel perseguire l’obiettivo dell’inclusione sociale contribuisce al miglioramento e al potenziamento dei servizi sociali. I processi legati all’inclusione sociale mirano infatti a potenziare l’integrazione di tutti all’interno della società tramite la promozione della piena partecipazione economica, sociale e culturale. Nell’ambito della programmazione regionale 2014-2020 e nello specifico con riferimento all’Obiettivo Tematico 9 dedicato all’Inclusione Sociale, le Regioni hanno programmato ed attuato una serie di interventi che convergono essenzialmente verso due direttrici: l’inclusione attiva nella società e nel mercato del lavoro e l'accesso di tutti i cittadini ai servizi sociali.

Prioritariamente le iniziative attivate a livello regionale poggiano sull’assunto di base che per ottenere l’inclusione nella società dei target più vulnerabili (quali ad esempio le persone disabili o le persone molto svantaggiate e a rischio di povertà o con nuclei familiari alle spalle in difficoltà) sia opportuno mettere in campo azioni in grado di mirare a un inserimento nel mercato del lavoro o comunque creare occasioni per una maggiore occupabilità. Dall’altro lato è stato ritenuto importante puntare anche al miglioramento dell'accesso ai servizi attraverso lo sviluppo e rafforzamento del welfare integrato, sia per fronteggiare la crescente domanda di servizi sociali e la loro riorganizzazione in chiave innovativa, sia per intervenire sui servizi di cura e socio-educativi - in un’ottica di ampliamento/potenziamento - anche al fine di migliorare la partecipazione, in particolare femminile, al mercato del lavoro.

Le Regioni hanno elaborato pertanto strategie di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale garantendo l'accesso di tutti i cittadini alle risorse di base, ai servizi sociali, al mercato del lavoro mediante un approccio integrato di misure di inclusione attiva, di attivazione e di accompagnamento al lavoro, di sostegno alla fruizione di servizi economicamente accessibili e di qualità.

Nell’affrontare le diverse dimensioni di svantaggio, da quello economico e sociale a quello lavorativo, le amministrazioni regionali sono intervenute in maniera rilevante utilizzando le risorse del Fondo Sociale Europeo per rispondere alle esigenze dei target più fragili e per potenziare/innovare i servizi di welfare territoriale. I settori di intervento prioritari riguardano i servizi di cura per la prima infanzia e per le persone anziane, quelli in favore delle persone con disabilità e i progetti innovativi nell’ambito dei servizi di welfare.

L'accesso ai servizi di cura per la prima infanzia e per le persone anziane

Nell’ambito della programmazione regionale a valere sul Fondo Sociale Europeo è stato ampiamente affrontata la questione relativa al work life balance, indirizzando le politiche nell’ottica di una rimozione degli ostacoli per la partecipazione attiva della componente femminile al mercato del lavoro, intervenendo da un lato sui servizi di cura (creazione e potenziamento dei servizi esistenti) e dall’altro sulle strutture organizzative dei sistemi del lavoro supportando misure di welfare aziendale.

Le iniziative sono state in larga misura rivolte a sostenere la domanda di servizi di cura, per bambini e persone con limitazioni dell’autonomia, attraverso l’erogazione di buoni/voucher. Si è agito al contempo sul lato dell’offerta mediante il sostegno ai Comuni per la creazione, l’espansione o il miglioramento dei servizi già esistenti anche per favorire l’accesso dei nuclei familiari a basso reddito.

Un’offerta estesa di servizi socio-educativi di qualità per l’infanzia è stata infatti valutata come strumento fondamentale non solo per garantire le esigenze di apprendimento e di socializzazione dei bambini e per prevenire lo svantaggio sociale, ma anche il fulcro della conciliazione.
Significativi gli interventi di potenziamento e qualificazione dei servizi educativi (spesso caratterizzati da un approccio integrato tra pubblico e privato) che agiscono sul lato dell’offerta mediante l’acquisto di posti bambino nel privato quando l’offerta pubblica non riesce ad accogliere tutti i bambini, differenziando le tipologie di servizio (spazi gioco, centri per bambini e famiglie, nidi domiciliari) e promuovendo l’estensione e flessibilità dell’orario, e contestualmente sulla domanda, incentivando l’accesso delle famiglie mediante la concessione di buoni servizio (4).

Con l’esplicito fine di garantire l’inserimento e il reinserimento delle donne nel mercato del lavoro, le Regioni hanno previsto una serie di azioni diversificate, tra cui, si evidenziano:

• Gli incentivi per il rientro post maternità, quale forma diretta di incentivazione una tantum sia alle lavoratrici dipendenti del settore privato che a quelle autonome e imprenditrici, per premiare il loro rientro dopo la maternità, qualora il padre lavoratore dipendente del settore privato fruisca del congedo parentale. Un modo per incentivare la condivisione delle responsabilità di cura familiare tra i genitori, incoraggiando i papà a fruire maggiormente del congedo parentale (5).

• I voucher destinati a donne disoccupate o inattive per la fruizione di servizi (aiuto domestico con finalità di assistenza, igiene e cura della persona, preparazione pasti a domicilio, aiuto disbrigo pratiche, prestazioni sociosanitarie, assistenza tutelare) indispensabili per garantire la conciliazione (6)

• Azioni integrate-Accordi territoriali di genere (finalizzati a promuovere un sistema integrato di azioni a supporto della partecipazione femminile al mercato del lavoro) intesi come uno strumento innovativo per la programmazione di servizi e interventi, che mirano alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro attraverso le sinergie operative tra pubblico e privato, anche mediante la realizzazione di Concilia Point, spazi dedicati all’erogazione di servizi di sostegno all’occupabilità femminile (7).

Con riferimento agli interventi di welfare aziendale per la riorganizzazione funzionale del lavoro risulta interessante l’avviso dedicato al welfare e work life balance che, con un sistema di incentivi alle aziende, incoraggia la realizzazione di piani di innovazione organizzativa del lavoro (gestione flessibile di orari e organizzazione del lavoro: banca delle ore, part time, lavoro a domicilio o sperimentazione del telelavoro), l’attuazione di interventi di welfare aziendale ( buoni acquisto e convezioni per le cure parentali, interventi e servizi per il tempo libero) e l’introduzione di misure di supporto alla maternità, sostenendo l’assunzione di sostituti per le dipendenti in maternità e finanziando piani di formazione per la conservazione delle competenze delle donne al loro rientro dalla maternità (8).

In aumento gli interventi regionali che finanziano i servizi di assistenza alle persone non autosufficienti per migliorare la qualità della vita, mediante la creazione di nuovi servizi e/o il miglioramento dei preesistenti e attraverso contributi alle famiglie per l’accesso all’assistenza domiciliare e/o a pacchetti di servizi alternativi.

Numerose le misure rivolte agli anziani al fine di garantir loro una vita dignitosa, riconoscendogli indipendenza e partecipazione alla vita sociale e culturale mediante il potenziamento dell’offerta di prestazioni legate alla cura della persona ed alla sua tutela. Partendo da questioni fondamentali quali la qualità relazionale e il mantenimento della rete dei rapporti familiari e di vicinato, è stato finanziato un sistema di servizi modulare e flessibile a supporto del mantenimento delle capacità relazionali, di cura di sé e dell’ambiente domestico, anche in presenza di lieve e/o media perdita di autonomia personale. La chiave intorno alla quale ruotano gli interventi è la domiciliarità, intesa come una rete di affetti e di relazioni, oltre che il mantenimento dei presidi di comunità. In questa direzione si provano a garantire approcci sperimentali/innovativi per il tramite di servizi ad alta intensità di socializzazione con significativi effetti sulla qualità della vita e sulle capacità funzionali e relazionali, anche grazie a esperienze di carattere ludico, espressivo e ricreativo (9).

Da segnalare anche il finanziamento di tutti quegli interventi complementari finalizzati alla qualificazione dei servizi: di attività di informazione, sensibilizzazione e orientamento per accompagnare e sostenere i lavoratori e le lavoratrici con responsabilità di cura e percorsi formativi di carattere teorico - pratico per assicurare un’assistenza qualificata per gli educatori e gli operatori sociali e socio-sanitari (10).

Il sostegno a progetti innovativi nell'ambito dei servizi di welfare

Con riferimento al tema dell’innovazione sociale, l’orientamento perseguito dalle Regioni è stato di tipo trasversale, intendendo appunto l’innovazione come un nuovo approccio delle politiche pubbliche nei confronti del cittadino attraverso il ridisegno dei servizi di welfare e l’introduzione di nuovi servizi. Il settore prioritario d’intervento è costituito dal welfare territoriale e dai servizi sociali e socio-sanitari con la finalità di rafforzare un accesso paritario e tempestivo a servizi di qualità, sostenibili e a prezzi accessibili.

Tra le principali tipologie di intervento attuate dalle Regioni in tale ottica, troviamo in particolare le azioni innovative di welfare territoriale dirette a stimolare processi collaborativi sui territori, che agiscono sulla domanda di innovazione promuovendo una migliore governance locale. Nello specifico vengono finanziati:

o Modelli innovativi di servizi collaborativi rivolti a cittadini con fragilità sociale

o Servizi di assistenza leggera di prossimità e di accompagnamento verso l’autonomia

o Servizi di orientamento e benessere per le persone con fragilità sociale attraverso l’uso delle tecnologie

o Servizi di welfare innovativi anche rivolti al recupero e alla rigenerazione di spazi fisici

o Supporto allo start-up di imprese sociali per lo sviluppo di servizi di welfare innovativi.

Particolarmente interessante soprattutto da un punto di vista della governance, una strategia regionale che finanzia alcune misure di innovazione sociale in un’ottica di collaborazione territoriale coinvolgendo tutti gli ambiti regionali mediante un processo di co-progettazione tra enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, enti del Terzo Settore, associazioni di volontariato e altri soggetti pubblici. I progetti nell’ambito di tale strategia sono stati costruiti con l’obiettivo di sviluppare un welfare di prossimità, sostenendo sperimentazioni di innovazione sociale capaci di valorizzare le connessioni territoriali e produrre un cambiamento nelle relazioni sociali, rispondendo a nuovi bisogni non ancora soddisfatti dai servizi presenti (11).

Anche nell’ambito dei servizi di cura le Regioni hanno avviato una serie di sperimentazioni di modelli innovativi, finanziando ad esempio servizi di assistenza domiciliare che prevedono l’utilizzo di tecnologie funzionali, servizi di assistenza condivisi come “le badanti di condominio”, esperienze di mutuo-aiuto e di crowdfunding di lavoro sociale per favorire l’accesso ai servizi sociali e socio-sanitari dei soggetti più svantaggiati. Una risposta funzionale alla domanda di conciliazione tra la vita professionale e quella familiare è data ad esempio anche dalle sperimentazioni di modalità flessibili dei servizi per la prima infanzia, in concreto si tratta di interventi a sostegno di micronidi, ad accoglienza ridotta, che offrono orari di utilizzo maggiormente flessibili e differenziati condivisi con le famiglie in luoghi dove bambini e bambine possano vivere esperienze significative dal punto di vista educativo e relazionale. Tali tipologie di intervento sono considerate innovative perché realizzano servizi non soddisfatti abitualmente e che possono inoltre essere maggiormente compatibili con le diverse esigenze anche delle piccole comunità dei territori interni e montani, rafforzando così il sistema integrato dei servizi e la nascita di reti nelle comunità locali (12).

Si segnalano infine i modelli innovativi di contrasto al disagio abitativo che combinano servizi sociali e abitativi. Caratterizzati dalla realizzazione di progetti e partenariati tra pubblico, privato e privato sociale, si tratta di progetti per lo sviluppo della welfare community che non si limitano all’intervento di carattere strutturale sugli immobili, ma che elaborano una complessiva strategia di innovazione sociale di contrasto al disagio abitativo. I progetti prevedono infatti sia interventi di recupero di immobili ed alloggi di proprietà pubblica, al fine di potenziare l’offerta di alloggi sociali e servizi abitativi (linea di intervento FESR), sia l’attivazione di modelli innovativi sociali e abitativi, finalizzati a integrare anche i bisogni di specifici soggetti-target con fragilità sociali (giovani coppie, anziani, famiglie monoparentali, separati, studenti fuori sede, immigrati, lavoratori fuori sede) (linea di intervento FSE) (13).

L'attuazione e il potenziamento dei servizi in favore delle persone con disabilità 

Le Regioni hanno delineato anche strategie d’intervento finalizzate a promuovere l’inserimento nella società e nel mercato del lavoro delle persone con disabilità, attraverso un rafforzamento permanente del loro profilo di occupabilità, da realizzarsi mediante il coinvolgimento dei vari attori responsabili della presa in carico e del trattamento di tali soggetti (servizi al lavoro, i servizi pubblici sociali e sanitari) privilegiando la realizzazione di percorsi integrati e multidimensionali.

In fase attuativa più della metà delle Regioni ha attivato iniziative nei confronti di tale target attraverso bandi dedicati o prevedendo interventi mirati all’interno di dispositivi destinati più in generale all’inclusione di gruppi svantaggiati.

Per rispondere efficacemente al bisogno di vita indipendente e di inclusione sociale delle persone con disabilità sono state promosse:

- policy dirette a favorire l’accesso ai servizi di accompagnamento al lavoro prevedendo la realizzazione e/o il potenziamento su tutto il territorio regionale di servizi per l'accompagnamento al lavoro di persone disabili attraverso lo sviluppo di percorsi di sostegno all'inserimento socio-terapeutico e socio-lavorativo (14)

- policy dirette a favorire l’accesso a servizi e prestazioni di carattere socio-sanitario attraverso
- l’erogazione di buoni servizio per l’accesso a servizi di assistenza domiciliare e voucher per l’acquisto di pacchetti di servizi, costruiti sul bisogno individuale (Autonomia personale, Socializzazione, Abilità sociali, Mantenimento del livello culturale, Propedeuticità all’inserimento lavorativo, Ruolo nella famiglia o emancipazione dalla famiglia) (15)
- il consolidamento e potenziamento del Servizio di continuità ospedale - territorio, piani individualizzati e l’attivazione di punti informativi sulle caratteristiche dei servizi integrativi offerti (16).

 

Alcuni elementi procedurali

La pianificazione degli interventi per il consolidamento e il potenziamento dei servizi sociali è stata, nella maggior parte dei casi, improntata ad un modello di governance partecipata attraverso la strutturazione di reti partenariali tra attori pubblici (Regioni, Ambiti territoriali/Comuni, SPI, ASL, ecc.) e privati (in particolare gli enti del Terzo settore, ma anche le imprese) per la definizione di un welfare sostenibile in grado di agire sulle diverse dimensioni del bisogno (tutela socio-sanitaria, sostegno alla famiglia, nuovi servizi).

Nell’ottica di valorizzare il coinvolgimento attivo della comunità e della rete degli attori territoriali si segnala anche il ricorso a bandi non competitivi in particolare per coinvolgere gli Ambiti territoriali, attraverso una ripartizione a monte delle risorse che potesse garantire l’espressione della progettualità da parte di tutti gli Ambiti.

In alcuni contesti sono state anche sperimentate iniziative di utilizzo integrato dei Fondi UE, come ad esempio nell’ambito di progetti innovativi relativi ai servizi di continuità assistenziale e di contrasto al disagio abitativo e nell’alveo delle misure strutturali di ampliamento della rete dei servizi socio-educativi per la prima infanzia e dei servizi di assistenza alle persone non autosufficienti.

Molte Regioni per finanziare i servizi sociali hanno inoltre sperimentato la realizzazione di accordi territoriali di genere e reti tra soggetti pubblici e privati, con partnership che in alcuni casi hanno dato vita a modelli innovativi di welfare, innescando meccanismi sociali virtuosi, in cui istituzioni, società civile ed imprese, grazie a nuove visioni di contesto, divengono promotori ed attuatori di risposte concrete ed efficaci alle richieste del territorio.

Risultano alquanto significativi quegli interventi che prevedono un ruolo attivo dei Centri per l’impiego (CPI), in particolare per la messa in atto di strategie di conciliazione integrate e diffuse a livello territoriale. Il coinvolgimento dei CPI garantisce la dimensione di “rete”, l’integrazione dei servizi, le risposte molteplici ad un bisogno complesso e diversificato.

Il ruolo dei comuni per i servizi sociali, focus sui servizi socio-educativi per la prima infanzia

Considerato il livello di povertà infantile, le criticità del mercato del lavoro e il tasso di invecchiamento demografico, i rischi di caduta verso condizioni di povertà e di esclusione sociale, nell’attuale contesto economico, sociale e demografico del nostro Paese, la disponibilità di servizi sociali assume un ruolo strategico al fine di migliorare le condizioni di vita della popolazione, sostenere i più svantaggiati e facilitare la conciliazione fra professione e carichi di cura.

Il comparto degli interventi e servizi socio-assistenziali, come anticipato, è fortemente decentrato a livello locale e la responsabilità di gestione della spesa sociale è in capo ai Comuni e alle forme associative sovra comunali mentre le funzioni di programmazione competono alle Regioni.

Rispetto alla media dei paesi europei, l’Italia destina alla protezione sociale una quota importante del prodotto interno lordo (il 30% contro il 27% della media Ue) sebbene la quota di spesa risulti essere sbilanciata a favore di trasferimenti monetari per le pensioni di anzianità e vecchiaia, mentre per i servizi sociali il livello di spesa italiano si attesta tra i più bassi d’Europa (3).

La principale fonte di finanziamento della spesa sociale degli enti territoriali sono le risorse proprie dei Comuni e delle associazioni di comuni, seguite dai fondi statali e dell’Unione europea. Dall’indagine Istat, condotta nel 2016, emerge che sono in lieve aumento le risorse per il contrasto alla povertà e per i servizi ai disabili nonché per i minori e le famiglie con figli (principalmente destinate agli asili nido e ai servizi per la prima infanzia) mentre diminuiscono quelle rivolte agli anziani e all’integrazione degli immigrati.

Negli ultimi anni i servizi socio-educativi per la prima infanzia sono stati più volte al centro del dibattito pubblico e oggetto di normative nazionali e regionali. Tali servizi comprendono in primo luogo i tradizionali asili nido, istituiti in Italia nel 1971 come “servizi sociali di interesse pubblico”, ma anche ulteriori tipi di servizi per la prima infanzia, maggiormente flessibili e di natura tendenzialmente integrativa piuttosto che sostitutiva del nido. Lo sviluppo del sistema di offerta dei servizi per la prima infanzia viene incentivato da diversi anni sia a livello nazionale che europeo per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Per raggiungere tale obiettivo l’Italia ha varato nel tempo diversi provvedimenti e ha stanziato significative risorse da destinare all’incremento dell’offerta disponibile.

La strategia regionale nell'ambito dei servizi sociali finanziata con il FSE

Il Fondo Sociale Europeo nel perseguire l’obiettivo dell’inclusione sociale contribuisce al miglioramento e al potenziamento dei servizi sociali. I processi legati all’inclusione sociale mirano infatti a potenziare l’integrazione di tutti all’interno della società tramite la promozione della piena partecipazione economica, sociale e culturale. Nell’ambito della programmazione regionale 2014-2020 e nello specifico con riferimento all’Obiettivo Tematico 9 dedicato all’Inclusione Sociale, le Regioni hanno programmato ed attuato una serie di interventi che convergono essenzialmente verso due direttrici: l’inclusione attiva nella società e nel mercato del lavoro e l'accesso di tutti i cittadini ai servizi sociali.

Prioritariamente le iniziative attivate a livello regionale poggiano sull’assunto di base che per ottenere l’inclusione nella società dei target più vulnerabili (quali ad esempio le persone disabili o le persone molto svantaggiate e a rischio di povertà o con nuclei familiari alle spalle in difficoltà) sia opportuno mettere in campo azioni in grado di mirare a un inserimento nel mercato del lavoro o comunque creare occasioni per una maggiore occupabilità. Dall’altro lato è stato ritenuto importante puntare anche al miglioramento dell'accesso ai servizi attraverso lo sviluppo e rafforzamento del welfare integrato, sia per fronteggiare la crescente domanda di servizi sociali e la loro riorganizzazione in chiave innovativa, sia per intervenire sui servizi di cura e socio-educativi - in un’ottica di ampliamento/potenziamento - anche al fine di migliorare la partecipazione, in particolare femminile, al mercato del lavoro.

Le Regioni hanno elaborato pertanto strategie di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale garantendo l'accesso di tutti i cittadini alle risorse di base, ai servizi sociali, al mercato del lavoro mediante un approccio integrato di misure di inclusione attiva, di attivazione e di accompagnamento al lavoro, di sostegno alla fruizione di servizi economicamente accessibili e di qualità.

Nell’affrontare le diverse dimensioni di svantaggio, da quello economico e sociale a quello lavorativo, le amministrazioni regionali sono intervenute in maniera rilevante utilizzando le risorse del Fondo Sociale Europeo per rispondere alle esigenze dei target più fragili e per potenziare/innovare i servizi di welfare territoriale. I settori di intervento prioritari riguardano i servizi di cura per la prima infanzia e per le persone anziane, quelli in favore delle persone con disabilità e i progetti innovativi nell’ambito dei servizi di welfare.

L'accesso ai servizi di cura per la prima infanzia e per le persone anziane

Nell’ambito della programmazione regionale a valere sul Fondo Sociale Europeo è stato ampiamente affrontata la questione relativa al work life balance, indirizzando le politiche nell’ottica di una rimozione degli ostacoli per la partecipazione attiva della componente femminile al mercato del lavoro, intervenendo da un lato sui servizi di cura (creazione e potenziamento dei servizi esistenti) e dall’altro sulle strutture organizzative dei sistemi del lavoro supportando misure di welfare aziendale.

Le iniziative sono state in larga misura rivolte a sostenere la domanda di servizi di cura, per bambini e persone con limitazioni dell’autonomia, attraverso l’erogazione di buoni/voucher. Si è agito al contempo sul lato dell’offerta mediante il sostegno ai Comuni per la creazione, l’espansione o il miglioramento dei servizi già esistenti anche per favorire l’accesso dei nuclei familiari a basso reddito.

Un’offerta estesa di servizi socio-educativi di qualità per l’infanzia è stata infatti valutata come strumento fondamentale non solo per garantire le esigenze di apprendimento e di socializzazione dei bambini e per prevenire lo svantaggio sociale, ma anche il fulcro della conciliazione.
Significativi gli interventi di potenziamento e qualificazione dei servizi educativi (spesso caratterizzati da un approccio integrato tra pubblico e privato) che agiscono sul lato dell’offerta mediante l’acquisto di posti bambino nel privato quando l’offerta pubblica non riesce ad accogliere tutti i bambini, differenziando le tipologie di servizio (spazi gioco, centri per bambini e famiglie, nidi domiciliari) e promuovendo l’estensione e flessibilità dell’orario, e contestualmente sulla domanda, incentivando l’accesso delle famiglie mediante la concessione di buoni servizio (4).

Con l’esplicito fine di garantire l’inserimento e il reinserimento delle donne nel mercato del lavoro, le Regioni hanno previsto una serie di azioni diversificate, tra cui, si evidenziano:

• Gli incentivi per il rientro post maternità, quale forma diretta di incentivazione una tantum sia alle lavoratrici dipendenti del settore privato che a quelle autonome e imprenditrici, per premiare il loro rientro dopo la maternità, qualora il padre lavoratore dipendente del settore privato fruisca del congedo parentale. Un modo per incentivare la condivisione delle responsabilità di cura familiare tra i genitori, incoraggiando i papà a fruire maggiormente del congedo parentale (5).

• I voucher destinati a donne disoccupate o inattive per la fruizione di servizi (aiuto domestico con finalità di assistenza, igiene e cura della persona, preparazione pasti a domicilio, aiuto disbrigo pratiche, prestazioni sociosanitarie, assistenza tutelare) indispensabili per garantire la conciliazione (6)

• Azioni integrate-Accordi territoriali di genere (finalizzati a promuovere un sistema integrato di azioni a supporto della partecipazione femminile al mercato del lavoro) intesi come uno strumento innovativo per la programmazione di servizi e interventi, che mirano alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro attraverso le sinergie operative tra pubblico e privato, anche mediante la realizzazione di Concilia Point, spazi dedicati all’erogazione di servizi di sostegno all’occupabilità femminile (7).

Con riferimento agli interventi di welfare aziendale per la riorganizzazione funzionale del lavoro risulta interessante l’avviso dedicato al welfare e work life balance che, con un sistema di incentivi alle aziende, incoraggia la realizzazione di piani di innovazione organizzativa del lavoro (gestione flessibile di orari e organizzazione del lavoro: banca delle ore, part time, lavoro a domicilio o sperimentazione del telelavoro), l’attuazione di interventi di welfare aziendale ( buoni acquisto e convezioni per le cure parentali, interventi e servizi per il tempo libero) e l’introduzione di misure di supporto alla maternità, sostenendo l’assunzione di sostituti per le dipendenti in maternità e finanziando piani di formazione per la conservazione delle competenze delle donne al loro rientro dalla maternità (8).

In aumento gli interventi regionali che finanziano i servizi di assistenza alle persone non autosufficienti per migliorare la qualità della vita, mediante la creazione di nuovi servizi e/o il miglioramento dei preesistenti e attraverso contributi alle famiglie per l’accesso all’assistenza domiciliare e/o a pacchetti di servizi alternativi.

Numerose le misure rivolte agli anziani al fine di garantir loro una vita dignitosa, riconoscendogli indipendenza e partecipazione alla vita sociale e culturale mediante il potenziamento dell’offerta di prestazioni legate alla cura della persona ed alla sua tutela. Partendo da questioni fondamentali quali la qualità relazionale e il mantenimento della rete dei rapporti familiari e di vicinato, è stato finanziato un sistema di servizi modulare e flessibile a supporto del mantenimento delle capacità relazionali, di cura di sé e dell’ambiente domestico, anche in presenza di lieve e/o media perdita di autonomia personale. La chiave intorno alla quale ruotano gli interventi è la domiciliarità, intesa come una rete di affetti e di relazioni, oltre che il mantenimento dei presidi di comunità. In questa direzione si provano a garantire approcci sperimentali/innovativi per il tramite di servizi ad alta intensità di socializzazione con significativi effetti sulla qualità della vita e sulle capacità funzionali e relazionali, anche grazie a esperienze di carattere ludico, espressivo e ricreativo (9).

Da segnalare anche il finanziamento di tutti quegli interventi complementari finalizzati alla qualificazione dei servizi: di attività di informazione, sensibilizzazione e orientamento per accompagnare e sostenere i lavoratori e le lavoratrici con responsabilità di cura e percorsi formativi di carattere teorico - pratico per assicurare un’assistenza qualificata per gli educatori e gli operatori sociali e socio-sanitari (10).

Il sostegno a progetti innovativi nell'ambito dei servizi di welfare

Con riferimento al tema dell’innovazione sociale, l’orientamento perseguito dalle Regioni è stato di tipo trasversale, intendendo appunto l’innovazione come un nuovo approccio delle politiche pubbliche nei confronti del cittadino attraverso il ridisegno dei servizi di welfare e l’introduzione di nuovi servizi. Il settore prioritario d’intervento è costituito dal welfare territoriale e dai servizi sociali e socio-sanitari con la finalità di rafforzare un accesso paritario e tempestivo a servizi di qualità, sostenibili e a prezzi accessibili.

Tra le principali tipologie di intervento attuate dalle Regioni in tale ottica, troviamo in particolare le azioni innovative di welfare territoriale dirette a stimolare processi collaborativi sui territori, che agiscono sulla domanda di innovazione promuovendo una migliore governance locale. Nello specifico vengono finanziati:

o Modelli innovativi di servizi collaborativi rivolti a cittadini con fragilità sociale

o Servizi di assistenza leggera di prossimità e di accompagnamento verso l’autonomia

o Servizi di orientamento e benessere per le persone con fragilità sociale attraverso l’uso delle tecnologie

o Servizi di welfare innovativi anche rivolti al recupero e alla rigenerazione di spazi fisici

o Supporto allo start-up di imprese sociali per lo sviluppo di servizi di welfare innovativi.

Particolarmente interessante soprattutto da un punto di vista della governance, una strategia regionale che finanzia alcune misure di innovazione sociale in un’ottica di collaborazione territoriale coinvolgendo tutti gli ambiti regionali mediante un processo di co-progettazione tra enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, enti del Terzo Settore, associazioni di volontariato e altri soggetti pubblici. I progetti nell’ambito di tale strategia sono stati costruiti con l’obiettivo di sviluppare un welfare di prossimità, sostenendo sperimentazioni di innovazione sociale capaci di valorizzare le connessioni territoriali e produrre un cambiamento nelle relazioni sociali, rispondendo a nuovi bisogni non ancora soddisfatti dai servizi presenti (11).

Anche nell’ambito dei servizi di cura le Regioni hanno avviato una serie di sperimentazioni di modelli innovativi, finanziando ad esempio servizi di assistenza domiciliare che prevedono l’utilizzo di tecnologie funzionali, servizi di assistenza condivisi come “le badanti di condominio”, esperienze di mutuo-aiuto e di crowdfunding di lavoro sociale per favorire l’accesso ai servizi sociali e socio-sanitari dei soggetti più svantaggiati. Una risposta funzionale alla domanda di conciliazione tra la vita professionale e quella familiare è data ad esempio anche dalle sperimentazioni di modalità flessibili dei servizi per la prima infanzia, in concreto si tratta di interventi a sostegno di micronidi, ad accoglienza ridotta, che offrono orari di utilizzo maggiormente flessibili e differenziati condivisi con le famiglie in luoghi dove bambini e bambine possano vivere esperienze significative dal punto di vista educativo e relazionale. Tali tipologie di intervento sono considerate innovative perché realizzano servizi non soddisfatti abitualmente e che possono inoltre essere maggiormente compatibili con le diverse esigenze anche delle piccole comunità dei territori interni e montani, rafforzando così il sistema integrato dei servizi e la nascita di reti nelle comunità locali (12).

Si segnalano infine i modelli innovativi di contrasto al disagio abitativo che combinano servizi sociali e abitativi. Caratterizzati dalla realizzazione di progetti e partenariati tra pubblico, privato e privato sociale, si tratta di progetti per lo sviluppo della welfare community che non si limitano all’intervento di carattere strutturale sugli immobili, ma che elaborano una complessiva strategia di innovazione sociale di contrasto al disagio abitativo. I progetti prevedono infatti sia interventi di recupero di immobili ed alloggi di proprietà pubblica, al fine di potenziare l’offerta di alloggi sociali e servizi abitativi (linea di intervento FESR), sia l’attivazione di modelli innovativi sociali e abitativi, finalizzati a integrare anche i bisogni di specifici soggetti-target con fragilità sociali (giovani coppie, anziani, famiglie monoparentali, separati, studenti fuori sede, immigrati, lavoratori fuori sede) (linea di intervento FSE) (13).

L'attuazione e il potenziamento dei servizi in favore delle persone con disabilità 

Le Regioni hanno delineato anche strategie d’intervento finalizzate a promuovere l’inserimento nella società e nel mercato del lavoro delle persone con disabilità, attraverso un rafforzamento permanente del loro profilo di occupabilità, da realizzarsi mediante il coinvolgimento dei vari attori responsabili della presa in carico e del trattamento di tali soggetti (servizi al lavoro, i servizi pubblici sociali e sanitari) privilegiando la realizzazione di percorsi integrati e multidimensionali.

In fase attuativa più della metà delle Regioni ha attivato iniziative nei confronti di tale target attraverso bandi dedicati o prevedendo interventi mirati all’interno di dispositivi destinati più in generale all’inclusione di gruppi svantaggiati.

Per rispondere efficacemente al bisogno di vita indipendente e di inclusione sociale delle persone con disabilità sono state promosse:

- policy dirette a favorire l’accesso ai servizi di accompagnamento al lavoro prevedendo la realizzazione e/o il potenziamento su tutto il territorio regionale di servizi per l'accompagnamento al lavoro di persone disabili attraverso lo sviluppo di percorsi di sostegno all'inserimento socio-terapeutico e socio-lavorativo (14)

- policy dirette a favorire l’accesso a servizi e prestazioni di carattere socio-sanitario attraverso
- l’erogazione di buoni servizio per l’accesso a servizi di assistenza domiciliare e voucher per l’acquisto di pacchetti di servizi, costruiti sul bisogno individuale (Autonomia personale, Socializzazione, Abilità sociali, Mantenimento del livello culturale, Propedeuticità all’inserimento lavorativo, Ruolo nella famiglia o emancipazione dalla famiglia) (15)
- il consolidamento e potenziamento del Servizio di continuità ospedale - territorio, piani individualizzati e l’attivazione di punti informativi sulle caratteristiche dei servizi integrativi offerti (16).

 

Alcuni elementi procedurali

La pianificazione degli interventi per il consolidamento e il potenziamento dei servizi sociali è stata, nella maggior parte dei casi, improntata ad un modello di governance partecipata attraverso la strutturazione di reti partenariali tra attori pubblici (Regioni, Ambiti territoriali/Comuni, SPI, ASL, ecc.) e privati (in particolare gli enti del Terzo settore, ma anche le imprese) per la definizione di un welfare sostenibile in grado di agire sulle diverse dimensioni del bisogno (tutela socio-sanitaria, sostegno alla famiglia, nuovi servizi).

Nell’ottica di valorizzare il coinvolgimento attivo della comunità e della rete degli attori territoriali si segnala anche il ricorso a bandi non competitivi in particolare per coinvolgere gli Ambiti territoriali, attraverso una ripartizione a monte delle risorse che potesse garantire l’espressione della progettualità da parte di tutti gli Ambiti.

In alcuni contesti sono state anche sperimentate iniziative di utilizzo integrato dei Fondi UE, come ad esempio nell’ambito di progetti innovativi relativi ai servizi di continuità assistenziale e di contrasto al disagio abitativo e nell’alveo delle misure strutturali di ampliamento della rete dei servizi socio-educativi per la prima infanzia e dei servizi di assistenza alle persone non autosufficienti.

Molte Regioni per finanziare i servizi sociali hanno inoltre sperimentato la realizzazione di accordi territoriali di genere e reti tra soggetti pubblici e privati, con partnership che in alcuni casi hanno dato vita a modelli innovativi di welfare, innescando meccanismi sociali virtuosi, in cui istituzioni, società civile ed imprese, grazie a nuove visioni di contesto, divengono promotori ed attuatori di risposte concrete ed efficaci alle richieste del territorio.

Risultano alquanto significativi quegli interventi che prevedono un ruolo attivo dei Centri per l’impiego (CPI), in particolare per la messa in atto di strategie di conciliazione integrate e diffuse a livello territoriale. Il coinvolgimento dei CPI garantisce la dimensione di “rete”, l’integrazione dei servizi, le risposte molteplici ad un bisogno complesso e diversificato.