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Quaderni di Tecnostruttura - Quaderno del 30 settembre 2020

Per prospettive nuove, soluzioni innovative

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Premessa

di Sandro Sanna

Regione Sardegna - Centro Regionale di Programmazione

di Laura Cavalli

Fondazione Eni Enrico Mattei

Il presente articolo riporta i contenuti e i primi risultati del progetto di ricerca “UN 2030 Agenda SDGs Assessment” sviluppato congiuntamente dalla Regione Autonoma della Sardegna e da Fondazione Eni Enrico Mattei, che prevede la definizione, ideazione e successiva applicazione di uno strumento innovativo, un indice sintetico di sostenibilità per la valutazione dei programmi sostenuti dai Fondi strutturali e di Investimento Europei rispetto gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030.

Alla stesura del testo, che anticipa i contenuti del primo working paper del progetto che si prevede di rilasciare nell’autunno 2020, hanno contribuito, oltre ai curatori, tutti i componenti del Gruppo di ricerca, e precisamente:

Regione Autonoma della Sardegna:
~ Gianluca Cocco, Filippo Arras, Emanuela Manca, Luisa F. Mulas, Assessorato della Difesa dell’Ambiente - Servizio sostenibilità ambientale valutazione strategica e sistemi informativi (SVASI)
~ Sandro Ortu, Marta Testa, Assessorato del Lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale - Servizio di supporto all’Autorità di Gestione del FSE
~ Marco Onnis, Centro Regionale di Programmazione

Fondazione Eni Enrico Mattei: Mia Alibegovic, Luca Farnia, Ilenia G. Romani

Introduzione

“Leaving no one behind”. È questo l’impegno che 193 Stati membri delle Nazioni Unite hanno deciso di assumere con l'adozione dell'Agenda 2030 nel settembre del 2015 (1). Un impegno, una sfida, che portano necessariamente alla revisione dell’impostazione di politiche e azioni tanto a livello globale quanto a livello locale (2).

Le istituzioni europee e gli attori coinvolti nel processo decisionale nell’ambito della definizione delle politiche di coesione per il periodo 2021-2027 hanno evidenziato una forte convergenza nell’individuare la centralità degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 e la sua rilevanza strategica per il futuro stesso dell’Unione europea e nella definizione del Quadro Finanziario Pluriennale (3).

L’Unione europea è fortemente impegnata - insieme ai suoi Stati membri - nell'attuazione dell'Agenda 2030 e dei suoi Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (OSS) - in linea con il principio di sussidiarietà - come dimostrato fin dal 2016 con la comunicazione della Commissione europea del 22 novembre (4), passando per le conclusioni del Consiglio dell’Unione europea su “Il futuro sostenibile dell'Europa: la risposta dell'UE all'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” (5). Ancora, con il “Documento di riflessione verso un’Europa sostenibile entro il 2030”, la Commissione ha riaffermato il ruolo determinante dell’Unione europea nella definizione dell’Agenda 2030 e si è posta l’obiettivo della piena integrazione degli OSS nel quadro strategico europeo (6). Da ultimo, anche la Commissione von der Leyen ha posto la sostenibilità tra le priorità del suo mandato e tutti gli OSS sono integrati nelle sei priorità politiche presentate al Parlamento europeo all’atto di richiederne la fiducia (7).

Gli OSS, sempre in coerenza con le priorità politiche della Commissione von der Leyen ed in particolare col Green Deal europeo, la nuova strategia di crescita dell'UE (8), sono stati conseguentemente integrati nell’ambito del Semestre europeo, con la Strategia annuale della crescita sostenibile (9) e le Raccomandazioni specifiche per Paese, che tengono altresì in debito conto le esigenze derivanti dalla ripresa dagli effetti dell’epidemia di CoViD-19 (10).

Misurare il contributo alla sostenibilità : dall'Accordo di Parigi all'Agenda 2030

Come rilevato anche dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) (11) “la ripresa dagli effetti della pandemia avrà successo solo se sarà accompagnata da una ristrutturazione della nostra società” incentrata “sulle persone e sul futuro del pianeta [...], vale a dire un'economia adeguata alle esigenze future, che risponda ai bisogni della società, non contribuisca ai cambiamenti climatici, impieghi le risorse in modo intelligente e integri la capacità di guadagno europea con un ambiente di vita sano e buona occupazione. Dobbiamo puntare a questo, per un futuro sostenibile”.

Precedentemente, la Corte dei conti europea, aveva osservato come la proposta della Commissione di regolamento comune (RDC) per i Fondi Strutturali e di Investimento Europei (SIE) per il periodo 2021-2027 (12), a differenza dei due precedenti periodi di programmazione, non fosse sostenuta “da una strategia a livello di UE o da un insieme di valori-obiettivo. La proposta di RDC prevede invece cinque obiettivi strategici, che non sono tradotti in risultati misurabili e quantificati a livello di UE. Non espone quindi una chiara visione di ciò che l’UE intende conseguire tramite i propri interventi, bensì lascia agli Stati membri definire le principali finalità strategiche. Di conseguenza, a giudizio della Corte, la proposta non allinea i finanziamenti alle priorità dell’UE ed è meno orientata alla performance rispetto al periodo 2014-2020” (13). Ciò, nonostante il maggiore allineamento dei finanziamenti alle priorità dell’UE fosse uno dei principali obiettivi della Commissione alla base dell’impianto proposto per il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2021-2027.

La successiva analisi della Corte dei conti europea aveva inoltre rilevato che “nonostante l’impegno dell’UE a favore della sostenibilità e degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, la Commissione europea non attua alcun monitoraggio né pubblica relazioni sul contributo fornito dalle politiche e dal bilancio dell’UE all’attuazione dello sviluppo sostenibile e al conseguimento degli SDG” (14).

Rispetto alla proposta originaria del 29 maggio 2018, le successive modifiche proposte dalla Commissione von der Leyen al regolamento RDC sono pertanto state colte con favore dalla Corte.
In base alle conclusioni del Consiglio europeo di luglio 2020, stante “l'importanza di lottare contro i cambiamenti climatici, in linea con gli impegni assunti dall'Unione per attuare l'accordo di Parigi e realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, i programmi e gli strumenti dovrebbero contribuire all'integrazione delle azioni per il clima nelle politiche e al conseguimento dell'obiettivo generale di destinare almeno il 30% dell'importo totale delle spese di bilancio dell'Unione e di Next Generation EU al sostegno degli obiettivi climatici” (15).

Al riguardo, già nell’attuale ciclo di programmazione 2014-2020, la Commissione europea aveva introdotto con il Regolamento di esecuzione n. 215/2014 una metodologia per il calcolo del sostegno dei Fondi SIE agli obiettivi in materia di cambiamento climatico. Tale metodologia consiste nell’assegnare una ponderazione che si differenzia valutando se e in che misura il sostegno dei Fondi SIE fornisca un impatto agli obiettivi in materia di cambiamenti climatici e di adattamento ai medesimi. Guardando al FESR e al FSE, la pesatura viene attribuita direttamente alle categorie di operazione stabilite dalla nomenclatura adottata dalla Commissione europea, tenendo conto dei coefficienti dell’Allegato I del Regolamento che successivamente vengono applicati ai dati finanziari registrati per il campo di intervento preso in considerazione.

Sulla scorta di tale esercizio, per il periodo di programmazione 2021-2027, la Commissione europea ha riproposto tale metodologia di valutazione - articolo 17, paragrafo 5 e Allegato I della proposta di regolamento RDC - accompagnandola con l’ulteriore valutazione del contributo dei campi di intervento agli obiettivi in materia di ambiente, sempre basata su un’analoga pesatura degli stessi campi di intervento.

Tale approccio, a nostro parere, consente almeno in parte di rispondere ai rilievi della Corte dei conti europea sopra richiamati, ma sembra ancora orientato ad una impostazione settoriale che non consente appieno di “misurare” la capacità dell’azione dell’Unione europea di contribuire agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Basti pensare, ad esempio, all’applicazione di tale metodologia al FSE. Se infatti si punta lo sguardo sulla capacità del FSE (e del FSE+) nel dare un apporto alle politiche in materia di cambiamenti climatici e agli obiettivi europei in materia di ambiente e, in termini più ampi, agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, sia il Regolamento di esecuzione n. 215/2014 che la proposta di regolamento RDC riportano coefficienti nulli per tutti i campi di intervento propri del FSE. Nondimeno, una doverosa indagine più approfondita, può consentire di catturare la ricaduta positiva che, solo a titolo esemplificativo, alcuni interventi di formazione o specifiche misure di politica attiva possono avere sullo sviluppo della green economy.

Inoltre, la necessità di rispondere ai rilievi della Corte dei conti europea si accompagna all’esigenza di dotarsi di strumenti che, nell’attuazione dei Programmi Operativi, supportino le Autorità di Gestione nel rispetto dei Principi Orizzontali e in particolare del principio dello sviluppo sostenibile e della promozione della parità fra uomini e donne e non discriminazione che, nel ciclo di programmazione 2021-2027, potrebbero trovare negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite una più ampia e completa declinazione (16).

La stessa Corte dei conti europea, infatti, nonostante “il dibattito sulle priorità dell’UE avviato dalla Commissione contestualmente alla presentazione del Green Deal europeo” rappresenti una risposta positiva al proprio precedente rilievo circa “la mancanza di priorità di alto livello per l’UE” - che costituiva “una debolezza importante della proposta originaria di RDC” - ha ribadito “la conclusione raggiunta nel suo precedente parere, ossia che «l’RDC proposto non sviluppa una chiara visione di quanto l’UE intenda conseguire con i fondi in questione e ciò presenta potenziali rischi per la definizione, l’attuazione e l’impatto delle politiche.»” (17).

Pertanto, si palesa necessario per l’Unione europea e i suoi Stati membri, poter disporre di strumenti in grado di fornire tale visione d’insieme sul contributo dei fondi al perseguimento delle strategie globali dell’Unione, delle quali, sicuramente, l’Agenda 2030 rappresenta uno dei contenitori più ampi.

Localizzare l'Agenda 2030. L'approccio integrato alla sostenibilità  della Regione Sardegna

L’approccio - ormai consolidato - adottato dalle Regioni italiane nella ricognizione da esse condotta rispetto al contributo fornito al Programma Nazionale di Riforma, rappresenta una buona pratica in grado di legare, secondo una visione integrata e sistematizzata, le azioni realizzate in ambito regionale per rispondere alle Raccomandazioni specifiche per Paese con i corrispondenti Goal e target dell’Agenda 2030 (18).

La Regione Sardegna ha fatto propria tale visione integrata e contribuisce al Programma Nazionale di Riforma partecipando alle attività di ricognizione condotte annualmente sia a livello regionale sia a livello di Struttura tecnica di supporto (19). Al contempo, dopo aver partecipato al processo di elaborazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS), dal 2018 è impegnata nella predisposizione di una propria Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile (SRSvS). Tale attività ha previsto una ricognizione delle politiche regionali attuate negli ultimi anni al fine di valutare in che misura siano coerenti e funzionali al perseguimento della SNSvS. La ricognizione in oggetto ha riguardato leggi di settore, regolamenti, i piani regionali, i programmi di finanziamento, etc. e ha evidenziato come molte delle azioni individuate ricadano nell’ambito delle Politiche di Coesione dell’Unione europea, rappresentando uno stimolo ad identificare le eventuali connessioni da attivare, anche in fase di elaborazione, tra la Strategia per lo Sviluppo Sostenibile e gli obiettivi e gli interventi della nuova programmazione 2021-27 finanziati dai Fondi Strutturali e di Investimento Europei (Fondi SIE).

La Politica di Coesione, finanziata attraverso il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), è infatti la principale politica di investimento dell’UE, indirizzata a tutte le regioni e le città dell’Unione al fine di sostenere una loro crescita economicamente e socialmente armonica riducendone al contempo i divari di sviluppo. In sintesi, la Politica di Coesione sostiene la competitività delle imprese, la ricerca e l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e il miglioramento della qualità della vita dei suoi cittadini; di fatto si pone come “una delle politiche più trasversali, che contribuisce alla maggior parte dei 17 OSS - se non addirittura a tutti” (20).

Il Programma Regionale di Sviluppo (PRS) 2020-2024 della Regione (21), che nasce contestualmente alla fase di definizione del nuovo quadro di riferimento europeo per la programmazione delle Politiche di Coesione 2021-2027, si basa sul quadro di riferimento dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, sulla Strategia Nazionale e Regionale per lo Sviluppo Sostenibile e vuole rappresentare il passaggio verso un approccio di governo integrato che, forte della propria identità, sia capace di coniugare competitività, attrattività e solidarietà. L'obiettivo del Governo regionale previsto dal PRS 2020-2024, è infatti quello di definire le politiche e le strategie che la Regione intende attuare per assicurare una crescita economica inclusiva e la creazione di lavoro dignitoso per tutti, considerando l'impatto sull'ambiente, la salvaguardia della biodiversità e garantendo il soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialità individuali e l'attenzione ai bisogni collettivi.

Si tratta di un programma complesso e ambizioso, che necessita di una governance integrata e di adeguati strumenti e processi di partnership da attivare da parte dell’amministrazione regionale, per far sì che tale impostazione non rimanga una mera dichiarazione di intenti, ma si traduca in un vero ed effettivo perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile a livello regionale e sub-regionale.

Misurare il contributo dei Fondi Strutturali all'Agenda 2030. Una proposta metodologica

In questo contesto, la RAS e la FEEM hanno avviato un progetto di ricerca per studiare ed implementare un modello di valutazione della sostenibilità dei programmi operativi cofinanziati dall’Unione europea nell’ambito delle Politiche di Coesione in riferimento ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 (22). La metodologia sviluppata da RAS e FEEM vuole fornire all’amministrazione regionale uno strumento utile a supportare i policy maker nella definizione delle scelte di programmazione ottimali relativamente all’Agenda 2030, rispettando anche gli obiettivi dell’agenda politica regionale. Considerato che l’approccio di governo alla base dell’Agenda 2030 è un approccio di tipo integrato, tanto più ampia è l’applicazione dello strumento ai programmi della Regione, maggiore è la capacità di cogliere il contributo delle politiche agli OSS e, allo stesso tempo, di ottenere dalla sua applicazione delle indicazioni di policy sugli ambiti da rafforzare. Allo stesso tempo questo approccio integrato e la diversa vocazione dei Fondi SIE ben si coniugano con la doverosa e necessaria prospettiva di integrazione nella programmazione degli stessi. 

Specificatamente, la metodologia in questione vuole indagare le interconnessioni tra i 169 target dell’Agenda 2030 ed i 143 Campi di Intervento (CI) proposti dalla Commissione europea per il monitoraggio della programmazione 2021-2027 dei Fondi Strutturali.
Occorre esplicitare che la medesima è stata ideata prendendo ispirazione dal modello sviluppato dalla RAS nell’ambito della procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) dei programmi regionali 2014-2020 (23) e successivamente applicato in fase di monitoraggio e valutazione in itinere del POR Sardegna FESR 2014-2020 (24).

Più approfonditamente, la fase iniziale dello sviluppo del modello ha previsto le seguenti fasi:

1. Il primo passaggio ha riguardato la corretta interpretazione dei target dell’Agenda 2030, data l’ambiguità di alcuni di essi, tenendo in considerazione non solo la loro descrizione testuale ma anche gli indicatori globali (25) ad essi associati.

2. Con il secondo step si è proceduto alla costruzione di una matrice 169x143, popolata da pesi decisi sulla base di una valutazione dell’impatto che ogni campo di intervento ha sul singolo target. In particolare, l’impatto è stato classificato come nullo, indiretto o diretto, rispettivamente pari a 0, 0,4 ed 1 per ogni combinazione target e campo di intervento. Un impatto indiretto è un impatto che ha carattere mediato ed implica alcuni passaggi intermedi, mentre un impatto diretto è un impatto che coinvolge direttamente la componente senza passaggi secondari.

3. Nella terza fase è stata popolata una seconda matrice 169x143 con l’attribuzione di pesi decisi sulla base di una valutazione dell’orientamento e dell’entità degli impatti (con peso non nullo). L’orientamento è espresso da un segno più (+) o meno (-), che indicano rispettivamente un impatto positivo o negativo, mentre la magnitudo si misura con gli indici 0,1, 0,4, 0,7 ed 1, corrispondenti rispettivamente ad impatto molto basso, basso, medio ed alto.
Rispetto alla metodologia sviluppata dalla RAS in sede VAS, qui si è ritenuto appropriato introdurre un nuovo coefficiente (0,1) in grado di rilevare e tenere conto anche delle interconnessioni causa-effetto più moderate ma comunque rilevanti tra campi di intervento e target, soprattutto in vista di un’applicazione del modello in ambiti diversi dalla Regione Sardegna (26).
Diversamente dalla fase precedente, è opportuno infatti evidenziare che l’attribuzione dell’entità degli impatti ha preso in considerazione, specificatamente, il territorio, le caratteristiche, i bisogni e necessità della Regione Sardegna. Dunque se si intende applicare tali valutazioni ad altri ambiti, diventa indispensabile una verifica e calibrazione dei coefficienti sulla base del nuovo contesto. Tale calibrazione consente di dare atto della specificità delle operazioni che ricadono nei singoli campi di intervento, tenendo conto che diventa necessario un lavoro di ponderazione che integri, nella scelta dell’entità dell’impatto, la natura del campo di intervento stesso con la conoscenza di dettaglio delle operazioni che ricadono o possono ricadere al suo interno e che concorrono al conseguimento degli SDGs. Con particolare riferimento alla specificità del FSE, si dovrà valutare non tanto e non solo la natura del campo di intervento in sé, ma anche il focus tematico su cui esso opera. Per esemplificare, il contributo del campo 113 - Sostegno all'istruzione terziaria (infrastrutture escluse) al Goal 7 potrebbe essere di per sé neutro, ma se tra le azioni finanziate ci sono interventi di sostegno a dottorati di ricerca nel campo delle fonti energetiche rinnovabili, il peso assegnato dovrà essere in grado di catturare questo elemento. Si tratta quindi di valutazioni che devono tener conto della specificità del Programma Operativo su cui il modello viene calato.

4. Per ultimo, è stata costruita la terza matrice, prodotto delle due matrici sopracitate (la matrice degli impatti nulli, indiretti e diretti e la matrice relativa all’orientamento e alla magnitudo).
Con l’intenzione di misurare il contributo della programmazione dei Fondi SIE agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, diventa fondamentale costruire una serie di misurazioni sintetiche in grado di catturare sia l’impatto aggregato di ciascun campo di intervento sui singoli Goal sia quello trasversale ad essi.
Dunque, l’impatto medio atteso di un determinato campo di intervento su uno specifico Goal è stato calcolato guardando alla media aritmetica degli impatti del singolo campo sui target del Goal. Questo passaggio è reso necessario dalla asimmetria numerica che caratterizza i target degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Prendere in considerazione la sommatoria dei rispettivi impatti sui Goal permette di cogliere la natura trasversale del campo di intervento. Tanto più alto è questo valore, quanto più l’investimento in un campo di intervento beneficia l’Agenda 2030. Valori minori di 1 (vale a dire 100%) rappresentano i casi in cui solo parte dell’investimento impatta positivamente sull’Agenda 2030; valori maggiori di 1 viceversa sono più desiderabili in quanto l’intero investimento è incanalato negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, sebbene l’impatto del campo di intervento sul singolo Goal sia inferiore all’unità.

Grazie ai passaggi di ricerca appena descritti, si è arrivati ad un importante primo risultato, ovvero la lettura dei coefficienti del modello matematico concettuale: l’analisi ha infatti messo in evidenza come le Politiche di Coesione dell’Unione europea, da sole, non permettono di assicurare il raggiungimento dei target dell’Agenda 2030 come auspicato dalle istituzioni europee e nazionali. Inoltre, i risultati confermano che gli investimenti sostenuti da tali politiche non possono essere una soluzione di tipo “one size fits all” per il raggiungimento di tutti gli Obiettivi. Sarebbe invece maggiormente opportuna l’integrazione di diversi strumenti e fonti finanziarie così come l’implementazione di politiche non economiche (regolamentazione, partenariato, etc.).
È doveroso precisare che questi sono solo i risultati preliminari della ricerca, la quale si trova ancora in una fase di secondo controllo ex post.

Infine, partendo dalle risorse finanziarie associate a ciascun campo di intervento, l’applicazione del modello permette inoltre di calcolare l’indice sintetico di sostenibilità di un dato Programma. Attraverso la “pesatura” delle poste finanziarie attivate dal POR su ciascun campo di intervento con i coefficienti calcolati nelle modalità precedentemente descritte, si riescono infatti a determinare gli stanziamenti che contribuiscono in via diretta o indiretta al raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030 a livello regionale. L’indice sintetico di sostenibilità nasce dal calcolo del rapporto tra la misura della quota parte delle risorse del POR che contribuiscono all’Agenda 2030, rispetto al totale delle risorse programmate.

Contributo dei programmi operativi regionali FESR ed FSE all'Agenda 2030

La seconda fase della ricerca si è pertanto dedicata all’applicazione pilota del modello ai programmi operativi regionali FESR ed FSE della Regione Sardegna dell’attuale ciclo di programmazione 2014-2020. Anche se ideato e costruito nello specifico per il periodo di programmazione 2021-2027, il modello proposto è applicabile senza particolari problematiche ai programmi in corso (27). L’applicazione pilota ad un programma già in fase avanzata di attuazione, di cui pertanto si conoscono i progetti selezionati e gli effetti da questi prodotti, rappresenta infatti un interessante esercizio di calibrazione e validazione delle ipotesi che ne determinano il funzionamento.

A questo riguardo, i risultati dell’applicazione del modello qui forniti costituiranno la base per la successiva verifica e rilettura dei coefficienti attribuiti nel corso della prima fase, in modo da rappresentare meglio le peculiarità degli investimenti sostenuti dai programmi regionali indagati.
A partire dai dati di monitoraggio finanziario del POR Sardegna FESR 2014-2020 e del POR Sardegna FSE 2014-2020 (28), si è proceduto all’applicazione del modello al fine di valutare il contributo dei due programmi agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Poiché il modello esprime risultati attesi nel medio/lungo termine, lo stesso è stato applicato per determinare il contributo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle operazioni selezionate, valutato pertanto sul costo totale ammissibile delle operazioni e non in base ai pagamenti effettuati, che avrebbe introdotto una sottostima del contributo atteso. Occorre tuttavia evidenziare che la scelta del costo ammissibile quale variabile da adottare per valutare il contributo in progress dei Programmi Operativi Regionali porta ad un risultato finale che ovviamente risente dello stato di attuazione del programma stesso.

L’applicazione del modello al POR Sardegna FESR mostra complessivamente un buon livello di affidabilità delle valutazioni effettuate e un’ottima rispondenza alle esigenze indagate con il presente lavoro.

Da un punto di vista analitico, il POR Sardegna FESR 2014-2020 nel suo complesso presenta un indice sintetico di sostenibilità pari a 0,69. Questo equivale a dire che circa il 70% delle operazioni selezionate contribuisce in via diretta o indiretta al raggiungimento a livello regionale degli Obiettivi dell’Agenda 2030. Da questo punto di vista, tuttavia, si conferma come anche il POR FESR complessivamente si rivolga in maniera più significativa solo ad alcuni Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e precisamente il Goal 9, il Goal 13 e il Goal 7. L’azione del FESR pertanto risulta caratterizzata rispetto a tali SDGs, il che suggerisce il bisogno di reperire altre fonti di finanziamento per il perseguimento degli altri Obiettivi.

L’applicazione del modello al POR Sardegna FSE 2014-2020 restituisce un indice sintetico di sostenibilità pari a 0,65. Analogamente al risultato ottenuto per il FESR, tale valore significa che circa il 65% delle operazioni delle operazioni selezionate contribuisce in modo diretto o indiretto al raggiungimento a livello regionale degli SDGs. Nonostante il dato sia influenzato dal livello di attuazione del POR FSE Sardegna, come prevedibile, emergono dei risultati corrispondenti alla vocazione del Fondo Sociale. Infatti, i Goal che ricevono il maggiore contributo dalla Regione Sardegna sono, nell’ordine, il Goal 4, il Goal 1, il Goal 5 e il Goal 10. Un elemento di sorpresa può essere rappresentato dall’importante apporto del FSE al Goal 13, che tuttavia trova giustificazione nel target 13.3 (Migliorare l'istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale riguardo ai cambiamenti climatici in materia di mitigazione, adattamento, riduzione dell’impatto e di allerta precoce).

Una valutazione integrata del contributo del FESR e del FSE al raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030 ci restituisce la fotografia di due Programmi Operativi che, in maniera sinergica e complementare, contribuiscono a Goal tendenzialmente diversi tra loro.

Rimangono, comunque, ampi margini per consolidare il contributo dei Fondi SIE su alcuni Goal che sembrano rimanere scoperti, al netto di quelli che, convenzionalmente, non ricadono nell’ambito degli obiettivi degli stessi Fondi Strutturali.

Conclusioni

Con il presente lavoro ci si è proposti di illustrare i primi risultati del progetto di ricerca che la Regione Autonoma della Sardegna e la Fondazione Eni Enrico Mattei stanno sviluppando congiuntamente per indagare da un punto di vista teorico e applicativo le correlazioni tra l’Agenda 2030 e le Politiche di Coesione europee.

Oltre la significatività analitica del modello e l’importanza dei risultati ottenuti nell’esercizio empirico (29), il lavoro qui presentato costituisce un valido strumento di analisi all’interno delle procedure di Valutazione Ambientale Strategica; tale rilevanza, si può riscontrare sia nelle fasi di preparazione dei programmi e del relativo rapporto ambientale da parte delle Autorità Procedenti (es. Autorità di Gestione), che nelle fasi valutative da parte delle Autorità Competenti in materia di VAS, delle Autorità Ambientali, nonché di tutti i soggetti chiamati a fornire un contributo all’interno del procedimento.

Quanto disposto dal D. Lgs. 152/2006 , che all’art. 34, comma 5, prevede che “Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui al presente decreto”, potrebbe tuttavia configurarsi come inattuabile laddove non si individuassero - all’interno dei piani e programmi - opportuni strumenti di valutazione capaci di identificare, oltre alla coerenza con la “dimensione ambientale” della sostenibilità (peraltro riferibile pressoché esclusivamente agli interventi infrastrutturali), anche la coerenza con la dimensione economica e sociale. È questo il caso del FSE, i cui interventi non si prestano ad essere inquadrati compiutamente nel recinto applicativo disegnato dal legislatore con riferimento alla VAS. Per il POR FSE, così come per gli altri piani e programmi finanziari che non rientrano nella logica della VAS, il modello pilota qui proposto diventa un utile strumento, in fase programmatoria e gestionale, per identificare gli spazi di policy in cui è necessario intervenire con un contributo più vigoroso agli Obiettivi dell’Agenda 2030, tenendo ferma la logica dell’approccio di governo integrato per dare una lettura, e allo stesso una capacità di risposta, che si collochi in un quadro di insieme unitario.

Infatti, la metodologia proposta, superando la logica della VAS nel caso del FSE e di integrazione della VAS nel caso del FESR, consente in termini più ampi di far apprezzare le interconnessioni e gli impatti della dimensione ambientale con le componenti relative, ad esempio, alla crescita economica inclusiva, al soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialità individuali, quali presupposti necessari per la crescita della competitività e dell'occupazione.

Un’ulteriore riflessione che emerge, all’esito dell’applicazione pilota del modello sviluppato, coerente con il più volte citato approccio di governo integrato, è che l’effettivo e completo quadro di sintesi della contribuzione della politica regionale agli SDGs necessiterebbe dell’applicazione del modello all’intero insieme di piani e programmi regionali, teso al calcolo di un indice sintetico di sostenibilità dell’intera politica regionale. Il prossimo passo sarà pertanto quello di elaborare, nel prosieguo di questo lavoro, un unico indice sintetico per entrambi i programmi operativi FESR ed FSE, coincidente con l’indice di sostenibilità della politica di coesione europea della Regione Sardegna.

Come ribadito infatti il modello, in modo semplice e immediato, riesce a fornire importanti informazioni di sintesi sulla capacità di contribuzione dei Fondi Strutturali al conseguimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030.

Consapevoli che il modello restituisce comunque una valutazione qualitativa del contributo atteso agli SDGs degli investimenti regionali cofinanziati dai Fondi Strutturali, rimane da esplorare la capacità di tali investimenti di contribuire all’Agenda 2030 in termini di risultati effettivi. Pertanto, l’applicazione della metodologia sviluppata da RAS e FEEM non esclude la necessità di ulteriori analisi e valutazioni, tra cui il monitoraggio dell’andamento degli indicatori collegati agli SDGs, al fine di valutare un eventuale miglioramento degli stessi nel tempo e, se possibile, anche la correlazione con la spesa.

In conclusione, gli esiti e le riflessioni emersi dall’applicazione del modello al caso regionale sardo e la sua capacità di contribuire a dare delle risposte ad alcune questioni proposte all’inizio di questo lavoro, tra cui i rilievi della Corte dei conti europea, fanno emergere l’opportunità della partecipazione alla sperimentazione da parte di altre Autorità di Gestione, per la quale alcune Regioni e lo stesso Ministero dell’Ambiente, nel corso di recenti incontri istituzionali, hanno già manifestato il loro interesse, con l’obiettivo di pervenire ad un modello condiviso applicabile in tutto il territorio nazionale fin dalle prime fasi dell’impostazione dei programmi 2021-2027. Infatti, una sua applicazione più ampia fornirebbe non solo spunti per un suo miglioramento, ma rappresenterebbe una esperienza che riteniamo di sicuro interesse per la stessa Commissione europea.

Introduzione

“Leaving no one behind”. È questo l’impegno che 193 Stati membri delle Nazioni Unite hanno deciso di assumere con l'adozione dell'Agenda 2030 nel settembre del 2015 (1). Un impegno, una sfida, che portano necessariamente alla revisione dell’impostazione di politiche e azioni tanto a livello globale quanto a livello locale (2).

Le istituzioni europee e gli attori coinvolti nel processo decisionale nell’ambito della definizione delle politiche di coesione per il periodo 2021-2027 hanno evidenziato una forte convergenza nell’individuare la centralità degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 e la sua rilevanza strategica per il futuro stesso dell’Unione europea e nella definizione del Quadro Finanziario Pluriennale (3).

L’Unione europea è fortemente impegnata - insieme ai suoi Stati membri - nell'attuazione dell'Agenda 2030 e dei suoi Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (OSS) - in linea con il principio di sussidiarietà - come dimostrato fin dal 2016 con la comunicazione della Commissione europea del 22 novembre (4), passando per le conclusioni del Consiglio dell’Unione europea su “Il futuro sostenibile dell'Europa: la risposta dell'UE all'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” (5). Ancora, con il “Documento di riflessione verso un’Europa sostenibile entro il 2030”, la Commissione ha riaffermato il ruolo determinante dell’Unione europea nella definizione dell’Agenda 2030 e si è posta l’obiettivo della piena integrazione degli OSS nel quadro strategico europeo (6). Da ultimo, anche la Commissione von der Leyen ha posto la sostenibilità tra le priorità del suo mandato e tutti gli OSS sono integrati nelle sei priorità politiche presentate al Parlamento europeo all’atto di richiederne la fiducia (7).

Gli OSS, sempre in coerenza con le priorità politiche della Commissione von der Leyen ed in particolare col Green Deal europeo, la nuova strategia di crescita dell'UE (8), sono stati conseguentemente integrati nell’ambito del Semestre europeo, con la Strategia annuale della crescita sostenibile (9) e le Raccomandazioni specifiche per Paese, che tengono altresì in debito conto le esigenze derivanti dalla ripresa dagli effetti dell’epidemia di CoViD-19 (10).

Misurare il contributo alla sostenibilità : dall'Accordo di Parigi all'Agenda 2030

Come rilevato anche dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) (11) “la ripresa dagli effetti della pandemia avrà successo solo se sarà accompagnata da una ristrutturazione della nostra società” incentrata “sulle persone e sul futuro del pianeta [...], vale a dire un'economia adeguata alle esigenze future, che risponda ai bisogni della società, non contribuisca ai cambiamenti climatici, impieghi le risorse in modo intelligente e integri la capacità di guadagno europea con un ambiente di vita sano e buona occupazione. Dobbiamo puntare a questo, per un futuro sostenibile”.

Precedentemente, la Corte dei conti europea, aveva osservato come la proposta della Commissione di regolamento comune (RDC) per i Fondi Strutturali e di Investimento Europei (SIE) per il periodo 2021-2027 (12), a differenza dei due precedenti periodi di programmazione, non fosse sostenuta “da una strategia a livello di UE o da un insieme di valori-obiettivo. La proposta di RDC prevede invece cinque obiettivi strategici, che non sono tradotti in risultati misurabili e quantificati a livello di UE. Non espone quindi una chiara visione di ciò che l’UE intende conseguire tramite i propri interventi, bensì lascia agli Stati membri definire le principali finalità strategiche. Di conseguenza, a giudizio della Corte, la proposta non allinea i finanziamenti alle priorità dell’UE ed è meno orientata alla performance rispetto al periodo 2014-2020” (13). Ciò, nonostante il maggiore allineamento dei finanziamenti alle priorità dell’UE fosse uno dei principali obiettivi della Commissione alla base dell’impianto proposto per il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2021-2027.

La successiva analisi della Corte dei conti europea aveva inoltre rilevato che “nonostante l’impegno dell’UE a favore della sostenibilità e degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, la Commissione europea non attua alcun monitoraggio né pubblica relazioni sul contributo fornito dalle politiche e dal bilancio dell’UE all’attuazione dello sviluppo sostenibile e al conseguimento degli SDG” (14).

Rispetto alla proposta originaria del 29 maggio 2018, le successive modifiche proposte dalla Commissione von der Leyen al regolamento RDC sono pertanto state colte con favore dalla Corte.
In base alle conclusioni del Consiglio europeo di luglio 2020, stante “l'importanza di lottare contro i cambiamenti climatici, in linea con gli impegni assunti dall'Unione per attuare l'accordo di Parigi e realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, i programmi e gli strumenti dovrebbero contribuire all'integrazione delle azioni per il clima nelle politiche e al conseguimento dell'obiettivo generale di destinare almeno il 30% dell'importo totale delle spese di bilancio dell'Unione e di Next Generation EU al sostegno degli obiettivi climatici” (15).

Al riguardo, già nell’attuale ciclo di programmazione 2014-2020, la Commissione europea aveva introdotto con il Regolamento di esecuzione n. 215/2014 una metodologia per il calcolo del sostegno dei Fondi SIE agli obiettivi in materia di cambiamento climatico. Tale metodologia consiste nell’assegnare una ponderazione che si differenzia valutando se e in che misura il sostegno dei Fondi SIE fornisca un impatto agli obiettivi in materia di cambiamenti climatici e di adattamento ai medesimi. Guardando al FESR e al FSE, la pesatura viene attribuita direttamente alle categorie di operazione stabilite dalla nomenclatura adottata dalla Commissione europea, tenendo conto dei coefficienti dell’Allegato I del Regolamento che successivamente vengono applicati ai dati finanziari registrati per il campo di intervento preso in considerazione.

Sulla scorta di tale esercizio, per il periodo di programmazione 2021-2027, la Commissione europea ha riproposto tale metodologia di valutazione - articolo 17, paragrafo 5 e Allegato I della proposta di regolamento RDC - accompagnandola con l’ulteriore valutazione del contributo dei campi di intervento agli obiettivi in materia di ambiente, sempre basata su un’analoga pesatura degli stessi campi di intervento.

Tale approccio, a nostro parere, consente almeno in parte di rispondere ai rilievi della Corte dei conti europea sopra richiamati, ma sembra ancora orientato ad una impostazione settoriale che non consente appieno di “misurare” la capacità dell’azione dell’Unione europea di contribuire agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Basti pensare, ad esempio, all’applicazione di tale metodologia al FSE. Se infatti si punta lo sguardo sulla capacità del FSE (e del FSE+) nel dare un apporto alle politiche in materia di cambiamenti climatici e agli obiettivi europei in materia di ambiente e, in termini più ampi, agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, sia il Regolamento di esecuzione n. 215/2014 che la proposta di regolamento RDC riportano coefficienti nulli per tutti i campi di intervento propri del FSE. Nondimeno, una doverosa indagine più approfondita, può consentire di catturare la ricaduta positiva che, solo a titolo esemplificativo, alcuni interventi di formazione o specifiche misure di politica attiva possono avere sullo sviluppo della green economy.

Inoltre, la necessità di rispondere ai rilievi della Corte dei conti europea si accompagna all’esigenza di dotarsi di strumenti che, nell’attuazione dei Programmi Operativi, supportino le Autorità di Gestione nel rispetto dei Principi Orizzontali e in particolare del principio dello sviluppo sostenibile e della promozione della parità fra uomini e donne e non discriminazione che, nel ciclo di programmazione 2021-2027, potrebbero trovare negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite una più ampia e completa declinazione (16).

La stessa Corte dei conti europea, infatti, nonostante “il dibattito sulle priorità dell’UE avviato dalla Commissione contestualmente alla presentazione del Green Deal europeo” rappresenti una risposta positiva al proprio precedente rilievo circa “la mancanza di priorità di alto livello per l’UE” - che costituiva “una debolezza importante della proposta originaria di RDC” - ha ribadito “la conclusione raggiunta nel suo precedente parere, ossia che «l’RDC proposto non sviluppa una chiara visione di quanto l’UE intenda conseguire con i fondi in questione e ciò presenta potenziali rischi per la definizione, l’attuazione e l’impatto delle politiche.»” (17).

Pertanto, si palesa necessario per l’Unione europea e i suoi Stati membri, poter disporre di strumenti in grado di fornire tale visione d’insieme sul contributo dei fondi al perseguimento delle strategie globali dell’Unione, delle quali, sicuramente, l’Agenda 2030 rappresenta uno dei contenitori più ampi.

Localizzare l'Agenda 2030. L'approccio integrato alla sostenibilità  della Regione Sardegna

L’approccio - ormai consolidato - adottato dalle Regioni italiane nella ricognizione da esse condotta rispetto al contributo fornito al Programma Nazionale di Riforma, rappresenta una buona pratica in grado di legare, secondo una visione integrata e sistematizzata, le azioni realizzate in ambito regionale per rispondere alle Raccomandazioni specifiche per Paese con i corrispondenti Goal e target dell’Agenda 2030 (18).

La Regione Sardegna ha fatto propria tale visione integrata e contribuisce al Programma Nazionale di Riforma partecipando alle attività di ricognizione condotte annualmente sia a livello regionale sia a livello di Struttura tecnica di supporto (19). Al contempo, dopo aver partecipato al processo di elaborazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS), dal 2018 è impegnata nella predisposizione di una propria Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile (SRSvS). Tale attività ha previsto una ricognizione delle politiche regionali attuate negli ultimi anni al fine di valutare in che misura siano coerenti e funzionali al perseguimento della SNSvS. La ricognizione in oggetto ha riguardato leggi di settore, regolamenti, i piani regionali, i programmi di finanziamento, etc. e ha evidenziato come molte delle azioni individuate ricadano nell’ambito delle Politiche di Coesione dell’Unione europea, rappresentando uno stimolo ad identificare le eventuali connessioni da attivare, anche in fase di elaborazione, tra la Strategia per lo Sviluppo Sostenibile e gli obiettivi e gli interventi della nuova programmazione 2021-27 finanziati dai Fondi Strutturali e di Investimento Europei (Fondi SIE).

La Politica di Coesione, finanziata attraverso il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), è infatti la principale politica di investimento dell’UE, indirizzata a tutte le regioni e le città dell’Unione al fine di sostenere una loro crescita economicamente e socialmente armonica riducendone al contempo i divari di sviluppo. In sintesi, la Politica di Coesione sostiene la competitività delle imprese, la ricerca e l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e il miglioramento della qualità della vita dei suoi cittadini; di fatto si pone come “una delle politiche più trasversali, che contribuisce alla maggior parte dei 17 OSS - se non addirittura a tutti” (20).

Il Programma Regionale di Sviluppo (PRS) 2020-2024 della Regione (21), che nasce contestualmente alla fase di definizione del nuovo quadro di riferimento europeo per la programmazione delle Politiche di Coesione 2021-2027, si basa sul quadro di riferimento dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, sulla Strategia Nazionale e Regionale per lo Sviluppo Sostenibile e vuole rappresentare il passaggio verso un approccio di governo integrato che, forte della propria identità, sia capace di coniugare competitività, attrattività e solidarietà. L'obiettivo del Governo regionale previsto dal PRS 2020-2024, è infatti quello di definire le politiche e le strategie che la Regione intende attuare per assicurare una crescita economica inclusiva e la creazione di lavoro dignitoso per tutti, considerando l'impatto sull'ambiente, la salvaguardia della biodiversità e garantendo il soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialità individuali e l'attenzione ai bisogni collettivi.

Si tratta di un programma complesso e ambizioso, che necessita di una governance integrata e di adeguati strumenti e processi di partnership da attivare da parte dell’amministrazione regionale, per far sì che tale impostazione non rimanga una mera dichiarazione di intenti, ma si traduca in un vero ed effettivo perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile a livello regionale e sub-regionale.

Misurare il contributo dei Fondi Strutturali all'Agenda 2030. Una proposta metodologica

In questo contesto, la RAS e la FEEM hanno avviato un progetto di ricerca per studiare ed implementare un modello di valutazione della sostenibilità dei programmi operativi cofinanziati dall’Unione europea nell’ambito delle Politiche di Coesione in riferimento ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 (22). La metodologia sviluppata da RAS e FEEM vuole fornire all’amministrazione regionale uno strumento utile a supportare i policy maker nella definizione delle scelte di programmazione ottimali relativamente all’Agenda 2030, rispettando anche gli obiettivi dell’agenda politica regionale. Considerato che l’approccio di governo alla base dell’Agenda 2030 è un approccio di tipo integrato, tanto più ampia è l’applicazione dello strumento ai programmi della Regione, maggiore è la capacità di cogliere il contributo delle politiche agli OSS e, allo stesso tempo, di ottenere dalla sua applicazione delle indicazioni di policy sugli ambiti da rafforzare. Allo stesso tempo questo approccio integrato e la diversa vocazione dei Fondi SIE ben si coniugano con la doverosa e necessaria prospettiva di integrazione nella programmazione degli stessi. 

Specificatamente, la metodologia in questione vuole indagare le interconnessioni tra i 169 target dell’Agenda 2030 ed i 143 Campi di Intervento (CI) proposti dalla Commissione europea per il monitoraggio della programmazione 2021-2027 dei Fondi Strutturali.
Occorre esplicitare che la medesima è stata ideata prendendo ispirazione dal modello sviluppato dalla RAS nell’ambito della procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) dei programmi regionali 2014-2020 (23) e successivamente applicato in fase di monitoraggio e valutazione in itinere del POR Sardegna FESR 2014-2020 (24).

Più approfonditamente, la fase iniziale dello sviluppo del modello ha previsto le seguenti fasi:

1. Il primo passaggio ha riguardato la corretta interpretazione dei target dell’Agenda 2030, data l’ambiguità di alcuni di essi, tenendo in considerazione non solo la loro descrizione testuale ma anche gli indicatori globali (25) ad essi associati.

2. Con il secondo step si è proceduto alla costruzione di una matrice 169x143, popolata da pesi decisi sulla base di una valutazione dell’impatto che ogni campo di intervento ha sul singolo target. In particolare, l’impatto è stato classificato come nullo, indiretto o diretto, rispettivamente pari a 0, 0,4 ed 1 per ogni combinazione target e campo di intervento. Un impatto indiretto è un impatto che ha carattere mediato ed implica alcuni passaggi intermedi, mentre un impatto diretto è un impatto che coinvolge direttamente la componente senza passaggi secondari.

3. Nella terza fase è stata popolata una seconda matrice 169x143 con l’attribuzione di pesi decisi sulla base di una valutazione dell’orientamento e dell’entità degli impatti (con peso non nullo). L’orientamento è espresso da un segno più (+) o meno (-), che indicano rispettivamente un impatto positivo o negativo, mentre la magnitudo si misura con gli indici 0,1, 0,4, 0,7 ed 1, corrispondenti rispettivamente ad impatto molto basso, basso, medio ed alto.
Rispetto alla metodologia sviluppata dalla RAS in sede VAS, qui si è ritenuto appropriato introdurre un nuovo coefficiente (0,1) in grado di rilevare e tenere conto anche delle interconnessioni causa-effetto più moderate ma comunque rilevanti tra campi di intervento e target, soprattutto in vista di un’applicazione del modello in ambiti diversi dalla Regione Sardegna (26).
Diversamente dalla fase precedente, è opportuno infatti evidenziare che l’attribuzione dell’entità degli impatti ha preso in considerazione, specificatamente, il territorio, le caratteristiche, i bisogni e necessità della Regione Sardegna. Dunque se si intende applicare tali valutazioni ad altri ambiti, diventa indispensabile una verifica e calibrazione dei coefficienti sulla base del nuovo contesto. Tale calibrazione consente di dare atto della specificità delle operazioni che ricadono nei singoli campi di intervento, tenendo conto che diventa necessario un lavoro di ponderazione che integri, nella scelta dell’entità dell’impatto, la natura del campo di intervento stesso con la conoscenza di dettaglio delle operazioni che ricadono o possono ricadere al suo interno e che concorrono al conseguimento degli SDGs. Con particolare riferimento alla specificità del FSE, si dovrà valutare non tanto e non solo la natura del campo di intervento in sé, ma anche il focus tematico su cui esso opera. Per esemplificare, il contributo del campo 113 - Sostegno all'istruzione terziaria (infrastrutture escluse) al Goal 7 potrebbe essere di per sé neutro, ma se tra le azioni finanziate ci sono interventi di sostegno a dottorati di ricerca nel campo delle fonti energetiche rinnovabili, il peso assegnato dovrà essere in grado di catturare questo elemento. Si tratta quindi di valutazioni che devono tener conto della specificità del Programma Operativo su cui il modello viene calato.

4. Per ultimo, è stata costruita la terza matrice, prodotto delle due matrici sopracitate (la matrice degli impatti nulli, indiretti e diretti e la matrice relativa all’orientamento e alla magnitudo).
Con l’intenzione di misurare il contributo della programmazione dei Fondi SIE agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, diventa fondamentale costruire una serie di misurazioni sintetiche in grado di catturare sia l’impatto aggregato di ciascun campo di intervento sui singoli Goal sia quello trasversale ad essi.
Dunque, l’impatto medio atteso di un determinato campo di intervento su uno specifico Goal è stato calcolato guardando alla media aritmetica degli impatti del singolo campo sui target del Goal. Questo passaggio è reso necessario dalla asimmetria numerica che caratterizza i target degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Prendere in considerazione la sommatoria dei rispettivi impatti sui Goal permette di cogliere la natura trasversale del campo di intervento. Tanto più alto è questo valore, quanto più l’investimento in un campo di intervento beneficia l’Agenda 2030. Valori minori di 1 (vale a dire 100%) rappresentano i casi in cui solo parte dell’investimento impatta positivamente sull’Agenda 2030; valori maggiori di 1 viceversa sono più desiderabili in quanto l’intero investimento è incanalato negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, sebbene l’impatto del campo di intervento sul singolo Goal sia inferiore all’unità.

Grazie ai passaggi di ricerca appena descritti, si è arrivati ad un importante primo risultato, ovvero la lettura dei coefficienti del modello matematico concettuale: l’analisi ha infatti messo in evidenza come le Politiche di Coesione dell’Unione europea, da sole, non permettono di assicurare il raggiungimento dei target dell’Agenda 2030 come auspicato dalle istituzioni europee e nazionali. Inoltre, i risultati confermano che gli investimenti sostenuti da tali politiche non possono essere una soluzione di tipo “one size fits all” per il raggiungimento di tutti gli Obiettivi. Sarebbe invece maggiormente opportuna l’integrazione di diversi strumenti e fonti finanziarie così come l’implementazione di politiche non economiche (regolamentazione, partenariato, etc.).
È doveroso precisare che questi sono solo i risultati preliminari della ricerca, la quale si trova ancora in una fase di secondo controllo ex post.

Infine, partendo dalle risorse finanziarie associate a ciascun campo di intervento, l’applicazione del modello permette inoltre di calcolare l’indice sintetico di sostenibilità di un dato Programma. Attraverso la “pesatura” delle poste finanziarie attivate dal POR su ciascun campo di intervento con i coefficienti calcolati nelle modalità precedentemente descritte, si riescono infatti a determinare gli stanziamenti che contribuiscono in via diretta o indiretta al raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030 a livello regionale. L’indice sintetico di sostenibilità nasce dal calcolo del rapporto tra la misura della quota parte delle risorse del POR che contribuiscono all’Agenda 2030, rispetto al totale delle risorse programmate.

Contributo dei programmi operativi regionali FESR ed FSE all'Agenda 2030

La seconda fase della ricerca si è pertanto dedicata all’applicazione pilota del modello ai programmi operativi regionali FESR ed FSE della Regione Sardegna dell’attuale ciclo di programmazione 2014-2020. Anche se ideato e costruito nello specifico per il periodo di programmazione 2021-2027, il modello proposto è applicabile senza particolari problematiche ai programmi in corso (27). L’applicazione pilota ad un programma già in fase avanzata di attuazione, di cui pertanto si conoscono i progetti selezionati e gli effetti da questi prodotti, rappresenta infatti un interessante esercizio di calibrazione e validazione delle ipotesi che ne determinano il funzionamento.

A questo riguardo, i risultati dell’applicazione del modello qui forniti costituiranno la base per la successiva verifica e rilettura dei coefficienti attribuiti nel corso della prima fase, in modo da rappresentare meglio le peculiarità degli investimenti sostenuti dai programmi regionali indagati.
A partire dai dati di monitoraggio finanziario del POR Sardegna FESR 2014-2020 e del POR Sardegna FSE 2014-2020 (28), si è proceduto all’applicazione del modello al fine di valutare il contributo dei due programmi agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Poiché il modello esprime risultati attesi nel medio/lungo termine, lo stesso è stato applicato per determinare il contributo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle operazioni selezionate, valutato pertanto sul costo totale ammissibile delle operazioni e non in base ai pagamenti effettuati, che avrebbe introdotto una sottostima del contributo atteso. Occorre tuttavia evidenziare che la scelta del costo ammissibile quale variabile da adottare per valutare il contributo in progress dei Programmi Operativi Regionali porta ad un risultato finale che ovviamente risente dello stato di attuazione del programma stesso.

L’applicazione del modello al POR Sardegna FESR mostra complessivamente un buon livello di affidabilità delle valutazioni effettuate e un’ottima rispondenza alle esigenze indagate con il presente lavoro.

Da un punto di vista analitico, il POR Sardegna FESR 2014-2020 nel suo complesso presenta un indice sintetico di sostenibilità pari a 0,69. Questo equivale a dire che circa il 70% delle operazioni selezionate contribuisce in via diretta o indiretta al raggiungimento a livello regionale degli Obiettivi dell’Agenda 2030. Da questo punto di vista, tuttavia, si conferma come anche il POR FESR complessivamente si rivolga in maniera più significativa solo ad alcuni Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e precisamente il Goal 9, il Goal 13 e il Goal 7. L’azione del FESR pertanto risulta caratterizzata rispetto a tali SDGs, il che suggerisce il bisogno di reperire altre fonti di finanziamento per il perseguimento degli altri Obiettivi.

L’applicazione del modello al POR Sardegna FSE 2014-2020 restituisce un indice sintetico di sostenibilità pari a 0,65. Analogamente al risultato ottenuto per il FESR, tale valore significa che circa il 65% delle operazioni delle operazioni selezionate contribuisce in modo diretto o indiretto al raggiungimento a livello regionale degli SDGs. Nonostante il dato sia influenzato dal livello di attuazione del POR FSE Sardegna, come prevedibile, emergono dei risultati corrispondenti alla vocazione del Fondo Sociale. Infatti, i Goal che ricevono il maggiore contributo dalla Regione Sardegna sono, nell’ordine, il Goal 4, il Goal 1, il Goal 5 e il Goal 10. Un elemento di sorpresa può essere rappresentato dall’importante apporto del FSE al Goal 13, che tuttavia trova giustificazione nel target 13.3 (Migliorare l'istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale riguardo ai cambiamenti climatici in materia di mitigazione, adattamento, riduzione dell’impatto e di allerta precoce).

Una valutazione integrata del contributo del FESR e del FSE al raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030 ci restituisce la fotografia di due Programmi Operativi che, in maniera sinergica e complementare, contribuiscono a Goal tendenzialmente diversi tra loro.

Rimangono, comunque, ampi margini per consolidare il contributo dei Fondi SIE su alcuni Goal che sembrano rimanere scoperti, al netto di quelli che, convenzionalmente, non ricadono nell’ambito degli obiettivi degli stessi Fondi Strutturali.

Conclusioni

Con il presente lavoro ci si è proposti di illustrare i primi risultati del progetto di ricerca che la Regione Autonoma della Sardegna e la Fondazione Eni Enrico Mattei stanno sviluppando congiuntamente per indagare da un punto di vista teorico e applicativo le correlazioni tra l’Agenda 2030 e le Politiche di Coesione europee.

Oltre la significatività analitica del modello e l’importanza dei risultati ottenuti nell’esercizio empirico (29), il lavoro qui presentato costituisce un valido strumento di analisi all’interno delle procedure di Valutazione Ambientale Strategica; tale rilevanza, si può riscontrare sia nelle fasi di preparazione dei programmi e del relativo rapporto ambientale da parte delle Autorità Procedenti (es. Autorità di Gestione), che nelle fasi valutative da parte delle Autorità Competenti in materia di VAS, delle Autorità Ambientali, nonché di tutti i soggetti chiamati a fornire un contributo all’interno del procedimento.

Quanto disposto dal D. Lgs. 152/2006 , che all’art. 34, comma 5, prevede che “Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui al presente decreto”, potrebbe tuttavia configurarsi come inattuabile laddove non si individuassero - all’interno dei piani e programmi - opportuni strumenti di valutazione capaci di identificare, oltre alla coerenza con la “dimensione ambientale” della sostenibilità (peraltro riferibile pressoché esclusivamente agli interventi infrastrutturali), anche la coerenza con la dimensione economica e sociale. È questo il caso del FSE, i cui interventi non si prestano ad essere inquadrati compiutamente nel recinto applicativo disegnato dal legislatore con riferimento alla VAS. Per il POR FSE, così come per gli altri piani e programmi finanziari che non rientrano nella logica della VAS, il modello pilota qui proposto diventa un utile strumento, in fase programmatoria e gestionale, per identificare gli spazi di policy in cui è necessario intervenire con un contributo più vigoroso agli Obiettivi dell’Agenda 2030, tenendo ferma la logica dell’approccio di governo integrato per dare una lettura, e allo stesso una capacità di risposta, che si collochi in un quadro di insieme unitario.

Infatti, la metodologia proposta, superando la logica della VAS nel caso del FSE e di integrazione della VAS nel caso del FESR, consente in termini più ampi di far apprezzare le interconnessioni e gli impatti della dimensione ambientale con le componenti relative, ad esempio, alla crescita economica inclusiva, al soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialità individuali, quali presupposti necessari per la crescita della competitività e dell'occupazione.

Un’ulteriore riflessione che emerge, all’esito dell’applicazione pilota del modello sviluppato, coerente con il più volte citato approccio di governo integrato, è che l’effettivo e completo quadro di sintesi della contribuzione della politica regionale agli SDGs necessiterebbe dell’applicazione del modello all’intero insieme di piani e programmi regionali, teso al calcolo di un indice sintetico di sostenibilità dell’intera politica regionale. Il prossimo passo sarà pertanto quello di elaborare, nel prosieguo di questo lavoro, un unico indice sintetico per entrambi i programmi operativi FESR ed FSE, coincidente con l’indice di sostenibilità della politica di coesione europea della Regione Sardegna.

Come ribadito infatti il modello, in modo semplice e immediato, riesce a fornire importanti informazioni di sintesi sulla capacità di contribuzione dei Fondi Strutturali al conseguimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030.

Consapevoli che il modello restituisce comunque una valutazione qualitativa del contributo atteso agli SDGs degli investimenti regionali cofinanziati dai Fondi Strutturali, rimane da esplorare la capacità di tali investimenti di contribuire all’Agenda 2030 in termini di risultati effettivi. Pertanto, l’applicazione della metodologia sviluppata da RAS e FEEM non esclude la necessità di ulteriori analisi e valutazioni, tra cui il monitoraggio dell’andamento degli indicatori collegati agli SDGs, al fine di valutare un eventuale miglioramento degli stessi nel tempo e, se possibile, anche la correlazione con la spesa.

In conclusione, gli esiti e le riflessioni emersi dall’applicazione del modello al caso regionale sardo e la sua capacità di contribuire a dare delle risposte ad alcune questioni proposte all’inizio di questo lavoro, tra cui i rilievi della Corte dei conti europea, fanno emergere l’opportunità della partecipazione alla sperimentazione da parte di altre Autorità di Gestione, per la quale alcune Regioni e lo stesso Ministero dell’Ambiente, nel corso di recenti incontri istituzionali, hanno già manifestato il loro interesse, con l’obiettivo di pervenire ad un modello condiviso applicabile in tutto il territorio nazionale fin dalle prime fasi dell’impostazione dei programmi 2021-2027. Infatti, una sua applicazione più ampia fornirebbe non solo spunti per un suo miglioramento, ma rappresenterebbe una esperienza che riteniamo di sicuro interesse per la stessa Commissione europea.