Introduzione
di Teresa Cianni
Tecnostruttura - Settore Fse
Generalmente quando si parla di innovazione si tende a limitare tale concetto all’ambito tecnologico. Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito ad un’inversione di tendenza che ha portato sempre di più all’affermazione dell’idea che l’innovazione abbia anche una dimensione sociale, la quale attiene ai mutamenti nelle abitudini e nei valori, nelle strategie, nelle politiche, nelle strutture e nei processi organizzativi, nei sistemi di erogazione dei servizi, nei metodi e nelle modalità di lavoro.
La crisi economica e le pesanti ricadute che si sono prodotte sulla collettività, d’altra parte, hanno fatto emergere con maggior vigore la necessità di dar vita ad un processo di innovazione sociale in grado di proteggere i gruppi più vulnerabili dai cambiamenti negativi in atto, di prevenire le discriminazioni e, al tempo stesso, di accrescere la partecipazione dei cittadini.
L’innovazione sociale ha conseguentemente assunto un peso significativo, a livello comunitario (1), nel dibattito sulla crisi. A partire dal 2009 il presidente Barroso ha avviato un’azione diretta a promuovere e valorizzare l’innovazione sociale, nell’ambito della quale si inscrivono anche le successive Comunicazioni con le quali la Commissione europea ha proposto un nuovo programma per l’occupazione e l'innovazione sociale (EaSI) (2) e ha avviato un’iniziativa per promuovere l’imprenditoria sociale quale leva per incoraggiare l’innovazione sociale.
L’obiettivo che la CE si propone è di favorire un’economia sociale altamente competitiva, attraverso la ricerca di soluzioni originali per i problemi della società, con particolare riguardo alla lotta contro la povertà e all’esclusione, ma anche di dare impulso all’iniziativa faro “Unione dell’Innovazione” nell’ambito della strategia Europa 2020. L’innovazione sociale viene inoltre identificata dalla stessa CE come un efficace strumento di attuazione delle strategie di specializzazione intelligente (Smart specialisation) sia assicurando la piena partecipazione dei soggetti coinvolti, sia supportando l’innovazione tecnologica e quella basata sulla pratica efficace.
L’importanza di promuovere l’innovazione sociale è stata d’altra parte rimarcata dalla CE anche nei Regolamenti dei fondi SIE per il nuovo periodo di programmazione 2014-2020. In particolare nel Regolamento Disposizioni Comuni, all’art. 96, è previsto che il FSE attui l’innovazione sociale. Nell’ambito del Quadro Strategico Comune (QSC), inoltre, la CE sottolinea l’opportunità di attivare proficue sinergie tra l’intervento dei Fondi strutturali e il nuovo “Programma Europeo per l’occupazione e l’innovazione sociale” (EaSI). In particolare dovrebbe essere garantito il raccordo tra il sostegno dei Fondi SIE per la creazione delle imprese sociali e il sostegno dell’asse Microfinanza e imprenditoria sociale del programma EaSI. Gli Stati membri sono altresì invitati a sviluppare gradualmente, con il sostegno del FSE, le misure di maggior successo adottate nel quadro dell’asse Progress del programma EaSI.
In questo approfondimento si intendono fornire da un lato alcuni chiarimenti in merito al concetto stesso di innovazione sociale e agli ambiti di applicazione e dall’altro individuare possibili interventi da attuare nei territori con i Fondi strutturali.
Definizione di innovazione sociale
L’innovazione sociale consiste, secondo la definizione data dalla Commissione Europea (Dg Employment and Social Affairs) nello “sviluppo di nuove idee, servizi e modelli per fornire risposte più adeguate ai bisogni sociali”.(3)
Tale definizione poggia sulla precedente interpretazione data dal presidente della CE Barroso, secondo il quale per innovazione sociale si intende “un intervento che risponde ai bisogni sociali insoddisfatti, migliorando gli outcomes sociali. L’innovazione sociale riguarda gli interventi che sono diretti a gruppi vulnerabili della società e che sanno intercettare e valorizzare la creatività delle associazioni di volontariato, delle organizzazioni e degli imprenditori sociali per trovare modi nuovi di rispondere a bisogni sociali impellenti a cui non arriva un'adeguata risposta né dal settore pubblico né dal settore privato”.
Ancorché la definizione di Barroso sembri orientata prioritariamente verso finalità di inclusione sociale dei soggetti vulnerabili, in senso più ampio l’innovazione sociale può riguardare altri ambiti di intervento che hanno un impatto su questioni più generali quali ad esempio la disoccupazione e l’invecchiamento della popolazione.
L’innovazione sociale può essere descritta, quindi, come innovazione che è “sociale nello scopo e nei mezzi”, in quanto offre soluzioni alternative, più efficaci e sostenibili di quelle preesistenti e che creano valore aggiunto per l’intera collettività.(4)
Nell’ambito del Programma EaSI le "innovazioni sociali" sono infatti definite come: le innovazioni che hanno sia finalità sia mezzi sociali, e in particolare quelle che fanno riferimento allo sviluppo e all'attuazione di nuove idee (riguardanti prodotti, servizi e modelli) che rispondono a esigenze sociali e, contemporaneamente, creano nuovi rapporti o collaborazioni sociali, fornendo un beneficio alla società e promuovendo la capacità di agire della stessa”(5).
Innovazione sociale può significare semplicemente un’innovazione socializzata che crea nuovi saperi tecnici o organizzativi; ma anche un approccio pragmatico ai problemi sociali che applica tecniche manageriali per risolvere problemi attuali.(6)
Questa può essere un prodotto, un metodo di produzione, un processo, o una tecnologia, ma può anche essere un principio, un'idea, una legge, un movimento sociale, un intervento, o una loro combinazione.
L'innovazione sociale non è tuttavia riconoscibile solo nei risultati ma anche nel modo in cui sono raggiunti, in particolare attraverso relazioni, nuove forme di cooperazione e collaborazione che essa produce.
Innovazione sociale è anche la capacità di innescare i cambiamenti comportamentali che sono necessari per affrontare le principali sfide delle società contemporanee. Importante è infatti il ruolo della società civile che deve essere parte attiva nella ricerca delle soluzioni più adeguate ai problemi.(7)
Principali sfide a cui l'innovazione sociale potrebbe fornire una risposta
Tra le sfide che l’innovazione sociale potrebbe contribuire ad affrontare vanno annoverate prioritariamente quelle della Strategia Europa 2020: la salute e l’invecchiamento della popolazione, l’inclusione sociale e il contrasto alla povertà, la prevenzione dell’abbandono scolastico e l’innalzamento dei livelli di istruzione, la promozione di uno sviluppo sostenibile.
Il progressivo invecchiamento della popolazione fa emergere la necessità di promuovere soluzioni innovative per migliorare la qualità della vita degli anziani, ad esempio attraverso la messa a punto di nuovi sistemi e servizi finalizzati ad agevolare la mobilità, il prolungamento della vita attiva e a ridurre l'isolamento sociale.
Sul versante del welfare e dell’inclusione sociale potrebbero essere sviluppati servizi nuovi basati sull'impiego di tecnologie ICT e diretti alla soluzione dei problemi delle persone diversamente abili, all'inserimento sociale e lavorativo dei migranti, al sostegno delle famiglie a basso reddito (8).
Il contrasto alla dispersione scolastica e l’innalzamento dei livelli di istruzione potrebbero essere facilitati attraverso dispositivi innovativi destinati agli studenti, in grado di supportare una didattica digitale che renda più attrattivi i percorsi di apprendimento (9).
Sul piano dello sviluppo sostenibile potenziali interventi riguarderebbero la messa a punto di tecnologie e sistemi innovativi che individuino soluzioni eco-compatibili in settori quali ad esempio: i trasporti e la mobilità terrestre; la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, l’architettura sostenibile e i materiali, ecc. (10)
Nell’ambito dello sviluppo locale potrebbero essere creati laboratori di confronto tra cittadini, istituzioni ed organizzazioni del medesimo territorio per ideare e realizzare percorsi di co-ideazione e co-progettazione di nuovi servizi o prodotti o strumenti (11).
Chi sono gli innovatori sociali? Il ruolo delle autorità pubbliche nel supporto all'innovazione sociale
Gli Innovatori sociali possono provenire da tutti i ceti sociali. L'innovazione sociale può avvenire in organizzazioni pubbliche, private e del terzo settore. Spesso le fonti più feconde di nuove idee hanno luogo nell’ambito della collaborazione tra diversi settori. Ne consegue che l'innovazione sociale non è appannaggio di qualche gruppo particolare come imprenditori sociali o gruppi di riflessione, ma che tutte queste persone e organizzazioni possono validamente contribuire: i consulenti, i policy makers, i politici ecc. Essi possono operare a livello di nuove idee e progetti piloti, di implementazione e ampliamento, ma anche a livello di definizione delle politiche (12).
Storicamente, molte delle più importanti innovazioni sociali hanno avuto origine da processi casuali, accidentali o organici che hanno portato ad emergere nuove idee successivamente recepite dai politici o dalle istituzioni. Tuttavia, l'innovazione sociale può essere anche un processo organizzato. Il settore pubblico può giocare un ruolo di primo piano nel definire programmi e policy che possono portare ad innovazioni di successo che siano replicabili su larga scala e fare la differenza a livello sociale.
Christian Bason (il direttore di Mindlab, un'agenzia danese per operare l'innovazione sociale) ha elencato i principali modi in cui il ruolo del settore pubblico si sviluppa per diventare un abilitatore di innovazione sociale (13):
- Il passaggio dall'innovazione casuale ad un approccio consapevole e sistematico al rinnovamento del settore pubblico;
- Il passaggio dalla gestione delle risorse umane alla costruzione di capacità di innovazione a tutti i livelli governo;
- Il passaggio dall’esecuzione di attività e progetti a processi di co-produzione, alla definizione di nuove soluzioni con la gente, non per loro;
- Infine il passaggio dalla gestione pubblica al trasferimento dell’innovazione tra e al di là del settore pubblico.
Il ruolo del soggetto pubblico varia anche in funzione delle fasi dell’innovazione; NESTA– Agenzia Inglese per la Social Innovation (http://www.nesta.org.uk/) ha individuato sette step nel processo di innovazione, illustrati nel flow chart di seguito riportato.

Ad avviso di Geoff Mulgan, esperto sul tema e amministratore delegato di NESTA, il compito più importante per qualsiasi ente pubblico o di governo è quello di affrontare ogni fase del processo di innovazione. Proprio per ricercare e sperimentare politiche pubbliche innovative in risposta ai bisogni emergenti, negli ultimi anni in molti Paesi sono emersi dei laboratori presso le amministrazioni a diversi livelli (dal locale al nazionale). Tutti i laboratori pongono attenzione alle prime tre fasi della spirale dell'innovazione: una migliore comprensione delle esigenze e delle opportunità; la generazione di idee e il loro sviluppo e la loro sperimentazione nella pratica (14). Secondo Mulgan occorre da parte del soggetto pubblico un approccio maturo e sistemico all'innovazione, ovvero un intervento guidato, consapevole dei rischi, finanziato con intelligenza e con il sostegno di tutte le funzioni dell'organizzazione.
La capacità istituzionale ed amministrativa quale leva per promuovere l'innovazione sociale
Assumere la prospettiva della social innovation richiede dunque uno sviluppo della capacità amministrativa all’interno della PA così come verso il partenariato.
Innovazione sociale e capacità istituzionale hanno tra loro un rapporto biunivoco: per innovare occorre capacità; a sua volta l’innovazione produce risorse richiedendo un’evoluzione delle usuali pratiche amministrative per affrontare in maniera più efficace le sfide poste dalla società.
Un primo aspetto su cui attivare iniziative di capacitazione riguarda lo sviluppo di una programmazione partecipata, intesa come modalità programmatica in cui la PA acquisisce informazioni sul “campo” su bisogni e schemi di risposta, stimola la progettualità diffusa, discute e verifica le proprie strategie. Si tratta in tale direzione di accrescere le competenze dell’amministrazione pubblica dotandola di un set di competenze necessarie all’attivazione e gestione delle partnership; con particolare attenzione al coinvolgimento attivo dei soggetti del terzo settore e delle formazioni sociali di natura volontaria che operano sui bisogni potenzialmente oggetto della social innovation, dei soggetti anche a carattere for profit, dei singoli cittadini (anche tramite organizzazioni ombrella) agevolando, ove del caso, la partecipazione attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali.
Nella fase di pianificazione esecutiva delle azioni di social innovation, potrebbe essere opportuno sviluppare capacità di programmazione pre-competitiva, ad esempio articolando il progetto in due fasi: una sul modello del “concorso di idee”, istituendo un primo scambio aperto a tutti gli attori coinvolti per acquisire informazioni utili alla progettazione della policy; una seconda a carattere competitivo attraverso un avviso che favorisca, sulla base degli esiti della fase precedente, i processi aggregativi tra soggetti/progetti dotati di ratio comuni.
Altro ambito d’interesse in cui attivare iniziative di rafforzamento della capacità istituzionale potrebbe essere quello della gestione dei progetti di innovazione sociale, in vista di definire modelli che consentano di trovare un equilibrio tra l’individuazione di modalità attuative flessibili e i vincoli imposti dai Regolamenti comunitari a garanzia del corretto impiego delle risorse. In tale quadro si potrebbe incentivare l’utilizzo del pre-commercial pubblic procurement e promuovere forme di collaborazione tra settore pubblico, privato e terzo settore mediante lo sviluppo di Partenariati Pubblico-Privati (PPP).
Ulteriori capacità chiave della PA, sulle quali potrebbero essere opportuni interventi di empowerment, riguardano la comunicazione e la valutazione. La comunicazione della politica e dei progetti di innovazione sociale, postula l’adozione di modalità peculiari, in ragione della pluralità dei destinatari (dai portatori dei bisogni agli stakeholders), della necessità di rendicontazione sociale delle risorse impegnate e della diffusione degli esiti, che potrebbero richiedere lo sviluppo di competenze specifiche. D’altra parte il ruolo strategico della valutazione nell’identificazione dei progetti di social innovation che hanno prodotto impatti significativi, in vista di una replicabilità su larga scala, richiederebbe un rafforzamento delle capacità dei soggetti coinvolti nel processo di valutazione.
Da ultimo sarebbe auspicabile uno sviluppo della Key competence relativa alla pianificazione e gestione dello scaling up dei progetti di innovazione sociale (15).
Possibili criteri per identificare l'innovazione sociale
Alla luce di una definizione ancora un po’ generica dell’innovazione sociale, la questione che viene in rilevo è come identificare una innovazione sociale.
Su questo punto, la Commissione ha svolto un’attività di scouting sul territorio dell’Unione che ha portato alla individuazione di dieci interventi “tipo” di innovazione sociale in Paesi diversi, raccolti nella pubblicazione “This is European Social Innovation”. Nell’ambito della pubblicazione appare interessante evidenziare i criteri che la CE ha dato alla giuria per la selezione dei progetti, che forniscono l’identikit dell’innovazione sociale dal punto di vista dell’Unione Europea.
In particolare alla giuria è stato chiesto di selezionare i progetti sulla base dei seguenti tre criteri (posti sotto forma di domanda) che, nella visione della Commissione, aiutano a identificare una innovazione come sociale:
- È utile? Affronta un reale problema sociale o ambientale in maniera efficiente dal punto di vista dei costi?
- È rilevante per le persone coinvolte nell’iniziativa, sia quelle che erogano il servizio/prodotto (l’offerta) sia quelle che ne beneficiano (la domanda)?
- Crea relazioni nuove ed efficaci nella società?
Nella guida del 2013 (16) la CE giunge poi ad identificare un set di criteri per la selezione dei progetti socialmente più innovativi, sottolineando che tali criteri rappresentano un'interpretazione operativa della definizione di innovazione sociale.
Sulla base della definizione generale di innovazione sociale si ritiene che almeno tre caratteristiche debbano essere tradotte in criteri:
- La necessità sociale che si intende affrontare,
- Le qualità sociali degli strumenti o metodi che vengono utilizzati,
- Il carattere innovativo delle attività.
Una possibile interpretazione operativa di detti criteri è riportata nella seguente check list elaborata dalla Commissione.
- Innovazione. In relazione alle esigenze affrontate dal progetto: il progetto affronta un problema non trattato? In termini di soluzioni fornite: il progetto affronta queste esigenze in modo più efficace di altri metodi? Per quanto riguarda l'attuazione del progetto: il progetto è realizzato attraverso un nuovo meccanismo di cooperazione o di governance o con la partecipazione di attori insoliti?
- Obiettivo. Qual è l'obiettivo del progetto? Affronta un bisogno sociale o sfida sociale?
- Mezzi. Quali mezzi sono utilizzati per rispondere a queste esigenze? Le risorse umane, finanziarie, tecniche o amministrative sono assicurate in modo sociale?
- Coinvolgimento. C'è un forte coinvolgimento delle parti interessate e degli utenti?
- Up-scaling. L'impatto del progetto o del programma è misurato? I risultati della valutazione sono utilizzati all’interno del progetto o a beneficio di altri progetti? C'è un up-scaling previsto a livello regionale, settoriale o nazionale?
- Sostenibilità. È garantita la sostenibilità?
Un'altra serie di criteri è stata sviluppata da un gruppo di lavoro francese di attori dell’innovazione sociale.
Questo gruppo ha inteso garantire l'innovazione sociale attraverso i seguenti requisiti:
- assicurando che vi sia un bisogno sociale che è soddisfatto;
- effetti esterni positivi;
- la sperimentazione e l'assunzione di rischi;
- il coinvolgimento delle parti interessate.
Questi requisiti sono stati poi tradotti in venti criteri operativi (17).
Utili elementi possono trarsi, infine, da una ricerca realizzata dalla Regione Umbria e diretta ad identificare le principali caratteristiche delle esperienze di innovazione delle cooperative sociali del territorio. Nel paper di ricerca (18) sono stati in particolare individuati - a titolo esemplificativo - alcuni elementi distintivi, da poter prendere a riferimento per qualificare un progetto come innovativo, che di seguito si riportano.
- Capacità di anticipare i bisogni futuri di determinate categorie di utenti e di offrire nuovi servizi, anche in termini di proposta/collaborazione alle amministrazioni pubbliche locali;
- Capacità di identificare nuovi bisogni emergenti e non istituzionalizzati (ossia non riconducibili a quelli previsti e definiti dai diversi provvedimenti legislativi), derivanti dagli attuali cambiamenti della società, e conseguente capacità di organizzare nuovi e più adeguati sistemi di risposta e di offerta;
- Capacità di costruire relazioni organizzative con soggetti di diversa natura (pubblico, privato, profit, non profit), aventi anche competenze professionali diverse, e finalizzate all’erogazione di nuovi servizi o alla realizzazione di nuove attività imprenditoriali;
- Capacità di generare un coinvolgimento attivo (da intendersi non solo come partecipazione formale ma come realizzazione di attività effettive, come contributo diretto nell’attuazione dell’iniziativa progettuale) di segmenti significativi o di intere comunità locali;
- Capacità di generare effetti positivi in termini economici e sociali (esternalità positive) nei confronti di altri soggetti presenti sul territorio, innescando, in questo modo, vere e proprie dinamiche di sviluppo locale;
- Capacità di rendere effettive condizioni di equità e di giustizia sociale.
Come valutare l'innovazione sociale
Le iniziative attivate nel campo dell’innovazione sociale costruiranno oggetto di verifica nel 2017 e nel 2019. Sulla base delle previsioni contenute nel Regolamento 1303/2013 nelle Relazioni annuali di esecuzione da presentare nel 2017 e nel 2019 le AdG dovranno infatti fornire (se del caso) specifiche informazioni sui progressi compiuti nell’attuazione delle azioni in materia di innovazione sociale (art. 111.3.g RDC).
Quantunque dal RDC non si rinvenga alcuna previsione esplicita che imponga alle AdG di effettuare valutazioni specifiche dirette a verificare l’efficacia, l’efficienza e l’impatto delle azioni di innovazione sociale, la Commissione Europea - nelle sue guide tematiche (19) - ha più volte sottolineato l’importanza di valutare l’innovazione sociale e misurarne gli impatti al fine di riscontrare quali politiche, metodi e approcci funzionano meglio (20).
Nelle succitate guide sono inoltre delineati alcuni approcci/metodi per valutare gli impatti degli interventi di innovazione sociale. Tali metodi sono basati su un approccio controfattuale che mira a stimare l'impatto di un intervento a livello individuale (ad esempio, la partecipazione al mercato del lavoro, la durata delle prestazioni ecc.), attraverso due gruppi di destinatari: quelli che hanno beneficiato dell’intervento e quelli che non sono stati intercettati dalla policy (gruppo di controllo).
Un primo metodo è quello degli Studi controllati randomizzati (RCT)
Tale metodo prevede un’assegnazione casuale dei soggetti ai gruppi di intervento e di controllo e costituisce uno dei metodi più affidabili; se il campione è sufficientemente grande, si garantisce che il gruppo di controllo abbia le stesse caratteristiche del gruppo che ha ricevuto l’intervento. Tuttavia, valutazioni randomizzate di azioni sociali richiedono tempo e risorse, e devono essere pianificate prima che l'intervento sia implementato. Non sono peraltro sempre applicabili, in particolare agli interventi sociali che sono spesso vincolati da leggi e procedure amministrative. (21)
Un secondo metodo è il Regression Discontinuity Design
Questo metodo può essere utilizzato in presenza di un chiaro criterio quantitativo di ammissibilità o soglia (un punteggio di cut-off), che separano un gruppo di persone ammesse all'intervento da un altro gruppo (di controllo). Esso mette a confronto le persone appena sopra il punteggio cut-off (che risultano idonei per la nuova politica o programma), con quelli appena al di sotto di esso (non idonei). La principale debolezza di questo metodo è che misura l'effetto dell'intervento solo sulle persone che si trovano vicino alla soglia di ammissibilità; non consente pertanto una valutazione dell’impatto della policy sull’intera popolazione (22).
Il terzo metodo è quello delle Differenze nelle Differenze (DID)
Questo metodo confronta la variazione di risultati nel tempo tra partecipanti e non partecipanti. Più specificamente, si misura la variazione nei risultati per il gruppo di controllo per avere un'idea di quello che sarebbe stato il 'cambiamento naturale' in assenza del programma/policy, e si segue la variazione di risultato per il gruppo d’ intervento per ottenere una misura del 'cambiamento naturale' più la variazione prodotta dal programma/policy. Sottraendo la differenza nei risultati del gruppo di controllo, a quelli del gruppo di intervento, il valutatore può ottenere una misura della variazione causata dal programma/policy. Uno dei vantaggi di questo metodo è che fornisce una misura dell'impatto per l'intera popolazione di partecipanti.
Il quarto metodo è La Corrispondenza Statistica
Si tratta di una tecnica statistica che costruisce un gruppo di controllo facendo corrispondere ciascuno dei partecipanti con uno simile non partecipante, sulla base di caratteristiche osservate. L'obiettivo è quello di abbinare i partecipanti a coppie con non-partecipanti utilizzando più variabili possibili, per garantire che l'unica differenza principale tra i due gruppi sia l'intervento. I non partecipanti abbinati forniscono il controfattuale. Questo metodo può essere applicato solo se la policy/intervento è concluso (23).
Un ulteriore metodo è quello della Sperimentazione della Politica Sociale
Tramite la sperimentazione della politica sociale, una policy è testata su piccola scala prima di essere implementata, il che consente di valutarne gli impatti prima di riprodurla su larga scala. Anche questo metodo prevede l’utilizzo di un gruppo di controllo per verificare se i progetti hanno prodotto differenze significative nel gruppo che riceve il servizio. Utilizzando tale tecnica, è possibile confrontare i diversi approcci e stabilire scientificamente quale funziona meglio (24).
Un ultimo elemento su cui la CE focalizza l’attenzione riguarda la diffusione dei risultati delle valutazioni. In particolare viene sottolineata l’importanza di rendere le risultanze delle ricerche più accessibili, effettuando delle sintesi delle principali evidenze contenute nei paper o nei rapporti di valutazione e presentandole in un linguaggio non tecnico. Inoltre, allo scopo di rendere tali risultati disponibili ai social policy makers e ai professionisti, la CE suggerisce la pubblicazione in appositi database della valutazione.
Il coinvolgimento del FSE nel sostegno all'innovazione sociale
Per quanto attiene al coinvolgimento del FSE nel sostegno all’innovazione sociale, nel relativo Regolamento, all’art. 9, si prevede che il Fondo promuova l’innovazione sociale in tutti i settori che rientrano nel suo ambito di applicazione, al fine di sperimentare valutare e sviluppare soluzioni innovative - anche a livello regionale o locale - che affrontino i bisogni di carattere sociale con la partecipazione di tutti gli attori interessati e in particolare delle parti sociali. Nel considerando 20 si sottolinea in particolare il ruolo strategico del FSE nel supporto alle imprese sociali e agli imprenditori innovativi, nonché ai progetti di innovazione affidati alle organizzazioni non governative e ad altri attori dell’economia sociale.
Agli Stati membri viene, quindi, richiesto di identificare all’interno dei PO i temi per l’innovazione sociale, mentre la Commissione Europea faciliterà lo sviluppo delle capacità in materia di innovazione attraverso l’apprendimento reciproco, la creazione di reti e la diffusione di buone prassi.
Il FSE può in concreto contribuire attivamente allo sviluppo dell’innovazione sociale attraverso la promozione di una cultura dell’apprendimento e di una comunità della conoscenza, lo sviluppo delle capacità e delle strutture dell’innovazione, l’identificazione dei settori prioritari per la sperimentazione sociale e l’innovazione.(25)
Il Fondo potrebbe fornire un apporto significativo attraverso: la formazione di competenze in grado di sviluppare idee progettuali per la messa a punto di tecnologie innovative, in particolare, in settori emergenti come la green economy, la blue e la white economy (26); il supporto alle imprese sociali per lo sviluppo di servizi di cura alternativi prioritariamente per i bambini; la promozione dell’imprenditorialità in ambiti specifici in cui il territorio può esprimere eccellenze, nonché il supporto alle imprese per riconvertirsi, in un’ottica di smart specialisation; il rafforzamento del capacity building degli stakeholders e degli amministratori locali al fine di sviluppare la dimensione innovativa (27); il sostegno ad azioni transnazionali per lo scambio di esperienze e buone pratiche nel campo dell’innovazione sociale.(28)
Completamente da esplorare rimane la possibilità di perseguire l’innovazione sociale attraverso l’utilizzo di strumenti che consentano di convogliare risorse, anche da diverse fonti finanziarie, in una strategia d'investimento integrata, partecipata o diretta alla semplificazione (ITI, Led local initiatives, nonché JAP).
In concreto, alcune iniziative che si potrebbero mettere in campo attraverso le risorse del FSE, in linea generale già presenti nelle programmazioni attuative e nell’esperienza di molte Regioni, potrebbero riguardare:
- Il sostegno all’imprenditorialità sociale agevolando l’accesso ai finanziamenti anche privati (29).
Le imprese sociali hanno generalmente difficoltà a reperire finanziamenti, il cui fabbisogno varia in funzione del loro livello di sviluppo (sostegno all’idea, sviluppo di progetti pilota o di prototipi, sviluppo su larga scala). L’erogazione di contributi a supporto delle imprese sociali potrebbe avere un effetto leva incoraggiando anche gli attori privati ad investire in queste imprese, attraverso acquisizioni di capitale o prestiti.(30)
Possibili modalità di finanziamento sono da individuarsi nei prestiti convertibili e prestiti di equità, che possono essere richiesti dalle imprese sociali al fine di ampliare il capitale sociale. Si potrebbero altresì incentivare i potenziali consumatori, sfruttando le potenzialità offerte dalla rete internet, a partecipare a questo tipo di imprese attraverso il conferimento di quote di finanziamento (Crowdfunding).
Una filiera di interventi potrebbe riguardare il sostegno ad imprese che offrono servizi di conciliazione, atteso che la difficoltà di conciliare lavoro e responsabilità familiari rappresenta uno dei principali ostacoli allo sviluppo professionale e all’occupabilità, soprattutto delle donne.
Si potrebbero altresì supportare le imprese sociali che offrono servizi per i migranti o per le persone con disabilità; queste ultime sviluppano sovente soluzioni innovative che consentono di accrescerne la produttività dando loro l’opportunità di offrire a tale target migliori servizi sociali e sanitari ecc.
- La promozione dell'occupazione per i gruppi vulnerabili (31).
Il FSE potrebbe sostenere progetti innovativi di inclusione socio-lavorativa dei target svantaggiati, il cui principio fondante è l’empowerment di tali soggetti, per far sì che essi contribuiscano attivamente al miglioramento dell’efficienza dell’azienda presso cui sono occupati.
Sul versante dell’imprenditorialità sarebbe opportuno potenziare la disponibilità e l'accessibilità di micro finanziamenti per la creazione di micro imprese innovative e sociali, al fine di incentivare forme di autoimpiego.
- Il rafforzamento delle capacità manageriali, la professionalizzazione e la creazione di reti tra imprenditori innovativi, mondo accademico e della ricerca (32).
Il FSE potrebbe d’altro canto svolgere un ruolo significativo anche sotto il profilo della professionalizzazione, agevolando l’acquisizione delle competenze tecniche che possano aiutare gli imprenditori, soprattutto giovani, a garantire una buona gestione e la crescita della loro impresa in un’ottica sociale. A tale scopo la formazione dei leader d'impresa e dei manager di organizzazioni no-profit per renderli idonei a svolgere ruoli nell'economia sociale, potrebbe essere abbinata a servizi di consulenza e accompagnamento alla conduzione di un’impresa sociale.
Si potrebbe altresì sostenere la creazione di partenariati tra sistema produttivo e mondo accademico e della ricerca (poli di innovazione sociale) allo scopo di creare incubatori per lo sviluppo di nuove imprese sociali. Tuttavia l’intervento a favore del tessuto produttivo può essere rivolto a tutti gli operatori economici, ma avere una spiccata connotazione all’innovazione sociale. (33)
- Lo sviluppo, il consolidamento e la qualificazione dei servizi sociali in un’ottica innovativa (34)
Il FSE potrebbe sostenere lo sviluppo di un sistema di presa in carico globale ed integrata della persona fragile e della sua famiglia che favorisca lo sviluppo delle competenze e delle capacità in vista di un più agevole inserimento nel mercato del lavoro. Altro ambito d’intervento potrebbe riguardare la promozione di forme di collaborazione tra soggetti pubblici e privati, coinvolgendo il mondo imprenditoriale, gli attori del terzo settore, le organizzazioni ombrella della società civile, per lo sviluppo di servizi innovativi più aderenti ai bisogni dei singoli individui.
- Gli interventi di promozione e diffusione della responsabilità sociale all’interno delle imprese. (35)
Il FSE potrebbe del resto incentivare la Responsabilità sociale d’impresa quale motore della competitività delle stesse, cercando di aumentare l’attrattività e di far emergere i vantaggi dell’essere responsabile, al fine di incoraggiare le imprese ad intraprendere questi percorsi, anche attraverso strumenti di orientamento e autovalutazione rispetto a criteri e parametri in tema di RSI.
Dalla Responsabilità Sociale delle Imprese può venire in effetti un grande impulso per sostenere modelli alternativi di organizzazione del lavoro e in generale lo sviluppo della conciliazione famiglia-lavoro, per la costruzione di risultati duraturi e di una cultura della responsabilità e della parità, nell'ottica di una vera e propria responsabilità sociale di territorio.
Integrare la responsabilità sociale nel business significa innescare, di fatto, un meccanismo virtuoso che spinge le aziende ad attivarsi per ricercare modelli innovativi che consentano di riconciliare business e società, creare valore economico in modalità tali da generare contemporaneamente valore per la società, rispondendo a un tempo alle necessità stesse dell’azienda e alle esigenze di tipo sociale.
L'innovazione sociale nei POR 2014 - 2020
I PO FSE 2014-2020 rappresentano un’immediata opportunità di finanziamento di progetti di innovazione sociale. Al loro interno, a partire da quanto definito nell’Accordo di Partenariato, sono state infatti declinate operativamente le iniziative che le Regioni intendono mettere in campo per perseguire l’obiettivo della social innovation.
In via preliminare si evidenzia come a fronte dell’opzione offerta dal Regolamento FSE di programmare gli interventi dedicati alla promozione dell’innovazione sociale all’interno di un asse dedicato o in una logica mainstream nell’ambito delle diverse priorità d’investimento, le amministrazioni regionali abbiano privilegiato quest’ultimo approccio, affrontando quindi il tema in un’apposita sezione del PO (sez. 2.A.7) per ciascun asse prioritario.
La lettura delle sezioni dedicate nei PO adottati, evidenzia una pluralità di approcci di policy al tema dell’innovazione sociale, differenziati sulla base delle caratteristiche dei contesti e delle scelte programmatiche operate, ma che fa emergere al tempo stesso alcune tendenze comuni a diverse regioni.
In particolare tra le sfide che l’innovazione sociale può contribuire ad affrontare vengono annoverate prioritariamente quelle della Strategia Europa 2020 (l’invecchiamento attivo, l’inclusione sociale e il contrasto alla povertà, la prevenzione dell’abbandono scolastico e l’innalzamento dei livelli di istruzione, la promozione di uno sviluppo sostenibile, il rafforzamento della mobilità geografica e transnazionale dei lavoratori, la qualificazione dei servizi per il lavoro), rispetto alle quali il FSE si ritiene possa svolgere un ruolo attivo nello sviluppo di soluzioni innovative attraverso: la promozione di una cultura dell’apprendimento e di una comunità della conoscenza, lo sviluppo delle capacità e delle strutture dell’innovazione, l’identificazione dei settori prioritari per la sperimentazione sociale e l’innovazione, il sostegno alle imprese sociali per lo sviluppo di servizi alternativi.
In linea di massima il ricorso alla social innovation viene richiamato quale modalità per offrire risposte nuove/diverse alle problematiche strutturali del sistema dei servizi socio-educativi e socio- assistenziali; per rinsaldare il legame tra politiche attive del lavoro e sviluppo del territorio, ancorando le prime ai settori emergenti dell’economia; per valorizzare il ruolo delle imprese sociali nello sviluppo di modelli innovativi di inclusione socio-lavorativa di gruppi vulnerabili; per superare la dicotomia tra mondo dell’istruzione/formazione e sistema imprenditoriale attraverso il potenziamento di network che coinvolgano diversi soggetti istituzionali anche nella definizione dei percorsi di apprendimento.
Affinando l’analisi a livello dei singoli obiettivi tematici si evidenzia con riferimento all’OT 8 che gli ambiti prioritari in cui si intendono sperimentare progetti di innovazione sociale riguardano l’inserimento lavorativo di alcuni gruppi svantaggiati (disoccupati di lunga durata, over 50, disabili, migranti) e il sostegno a forme innovative di conciliazione vita- lavoro. Più precisamente con riferimento al primo ambito si intendono sviluppare modelli innovativi di inserimento occupazionale di alcuni gruppi vulnerabili, che prevedano un raccordo tra amministrazioni pubbliche locali e soggetti del terzo settore per l’articolazione di percorsi di lavoro di utilità sociale da attuarsi nell’ambito di un disegno più ampio di sostegno alla crescita dei territori più sfavoriti. Per quanto concerne il settore degli interventi di assistenza e cura per la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro ci si propone di sperimentare soluzioni innovative attraverso un significativo coinvolgimento dei soggetti del terzo settore.
Un’ulteriore area di innovazione è rappresentata dagli interventi di promozione nelle imprese di modelli di “welfare aziendale” e di sostegno a nuove forme di organizzazioni del lavoro family friends (coworking, telelavoro, orario di lavoro flessibile).
Si intende inoltre promuovere l’innovazione sociale attraverso lo sviluppo e l’innovazione del sistema imprenditoriale nei comparti e nelle filiere ad potenziale di crescita e nei settori emergenti (es. green e blue economy, ICT); per quanto attiene alle politiche di sostegno all’autoimpiego e autoimprenditorialità giovanile si promuoveranno forme di accompagnamento allo sviluppo di imprese web based.
Sul versante dei servizi per il lavoro si prevede di attivare azioni mirate a rafforzare il network e l’interazione tra SPI, sistemi dell’education, imprese e attori del territorio attraverso un miglioramento dei sistemi informativi impiegati e un più attivo coinvolgimento dei cittadini.
Da ultimo nell’ambito delle più tradizionali politiche attive del lavoro l’elemento innovativo è stato individuato nelle modalità di erogazione delle stesse che, attraverso il raccordo tra più soggetti istituzionali (scuola/formazione/mondo produttivo), consente lo sviluppo di un mix di interventi integrati: istruzione/formazione/lavoro/azioni di mobilità professionale.
In linea con le indicazioni fornite dalla CE nel “Social Investment package” nell’OT 9 particolare attenzione è stata attribuita alla promozione di servizi integrati e personalizzati per l’accompagnamento al lavoro dei gruppi maggiormente svantaggiati. La gran parte delle Regioni si propone infatti di offrire ai target più vulnerabili e/o a rischio di esclusione sociale interventi di presa in carico multiprofessionale finalizzati all’inclusione lavorativa. Tali interventi si basano su un sistema di valutazione del bisogno e di personalizzazione degli interventi che prevede: un lavoro sinergico tra i diversi attori presenti a livello territoriale (ASL, Comuni, Centri per l’impiego, enti accreditati per la formazione e il lavoro, Ambiti sociali e socio-sanitari, Terzo settore ecc.), l’empowerment dell’individuo attraverso percorsi di recupero delle competenze di base e misure di attivazione e sostegno all’avvio di attività imprenditoriali, nonché il potenziamento di una rete informatizzata che garantisca la circolazione delle informazioni utili al cittadino (in particolare quello fragile) per rendere più agevole l’accesso ai servizi.
Si prevede inoltre di avviare una riorganizzazione dei servizi di welfare in chiave tecnologica, attraverso lo sviluppo di servizi basati sull’impiego delle TIC, per fornire soluzioni innovative ai bisogni di alcuni target di utenza quali ad esempio le persone diversamente abili. La realizzazione di servizi sociali innovativi potrà avvenire anche attraverso l’attivazione di forme di collaborazione tra soggetti pubblici e privati e il ricorso al welfare community; a tal fine si punterà al rafforzamento delle imprese sociali e del loro ruolo strategico nello sviluppo di servizi di cura innovativi/alternativi.
Altro ambito d’intervento riguarda i servizi per l’infanzia e di assistenza domiciliare delle persone non autosufficienti. Rispetto ai primi si intendono sostenere forme di erogazione e fruizione flessibile anche in riferimento ad orari e periodi di apertura; per quanto concerne l’assistenza domiciliare si agirà sia dal lato dell’offerta in una logica di ampliamento e diversificazione dei servizi, sia sul versante della domanda attraverso l’implementazione di un sistema di buoni servizio per migliorare l’accesso alla rete dei servizi sociosanitari domiciliari e a ciclo diurno.
Per quanto riguarda le comunità marginali l’azione regionale sarà orientata allo sviluppo di modelli d’intervento che combinano in un policy mix servizi di accoglienza e cura e percorsi per lo sviluppo di competenze e capacità che agevolino la loro integrazione socio-lavorativa.
Progetti di innovazione saranno sperimentati anche nel contesto della promozione della responsabilità sociale d’impresa attraverso l’impulso ad attività di certificazione di qualità delle istituzioni private e di terzo settore che erogano servizi di welfare, di utilizzo di strumenti di rendicontazione sociale, di adozione di forme giuridiche e organizzative innovative.
Di particolare interesse risulta poi, in alcuni territori, la sperimentazione di progetti rivolti all’utilizzo sociale del patrimonio pubblico, attraverso un’azione sistematica di ricognizione degli spazi pubblici collegata ad un piano di sviluppo di forme di socialità diffusa.
Per quanto riguarda l’OT 10 un primo ambito in cui le Regioni intendono promuovere l’innovazione sociale è il contrasto alla dispersione scolastica e l’innalzamento dei livelli di istruzione. In particolare i PO FSE sosterranno iniziative dirette ad incentivare: lo sviluppo della didattica digitale nell’istruzione e formazione professionale; il coinvolgimento del sistema imprenditoriale nella definizione e svolgimento dei percorsi educativi per renderli più rispondenti alle proprie esigenze; la promozione di modelli di apprendimento che favoriscano la transizione istruzione/formazione/lavoro (approcci di tipo laboratoriale che rafforzino le competenze tecniche, scientifiche ed informatiche; metodologie di alternanza scuola lavoro; realizzazione di esperienze in ambito aziendale). Si interverrà inoltre sulla formazione dei docenti per promuovere l’utilizzo di approcci e metodologie innovative diretti ad una più efficace integrazione di target specifici nella vita scolastica.
Un segmento rilevante del sistema di istruzione all’interno del quale ci si propone di sperimentare progetti di innovazione sociale riguarda l’istruzione universitaria e/o equivalente. Più concretamente si prevede di realizzare azioni per promuovere i network tra mondo accademico, produttivo e della ricerca, in particolare: incentivando il raccordo tra l’istruzione terziaria, il sistema produttivo e gli istituti di ricerca, con particolare riferimento ai dottorati realizzati in collaborazione con imprese/enti di ricerca negli ambiti strategici individuati dalla Smart specialization strategy; potenziando i percorsi ITS, rafforzandone l’integrazione con i fabbisogni espressi dal tessuto produttivo.
Iniziative di innovazione sociale saranno attivate anche con riferimento alla filiera dell’istruzione e formazione tecnica e professionale, attraverso la realizzazione di reti tra scuole, enti di formazione, università, enti di ricerca e imprese (es. Poli Tecnico-Professionali) capaci di connettersi con il sistema produttivo e la ricerca.
Si agirà inoltre sul versante della formazione di competenze in grado di sviluppare idee progettuali innovative, in particolare in aree emergenti come la green e la blue economy; nonché sul rafforzamento delle capacità manageriali, la professionalizzazione e la creazione di reti tra imprenditori innovativi, mondo accademico e della ricerca. Saranno altresì sostenuti gli scambi transnazionali per diffondere e infondere (nell’utenza e negli operatori) esperienze e buone pratiche nel campo dell’innovazione sociale.
Relativamente alla formazione per la popolazione adulta saranno attivate iniziative di aggiornamento dei formatori e altre figure di supporto, per favorire la diffusione di metodologie didattiche e approcci adeguati all’utenza, anche attraverso la promozione di periodi di inserimento in azienda.
L’OT11 svolge un ruolo che potremmo definire “servente” alla programmazione ed attuazione dell’innovazione sociale. L’asse infatti contribuisce a tale scopo agendo sulla qualificazione e sull’empowerment delle istituzioni, degli operatori e degli stakeholders; fornendo supporto allo sviluppo di reti interistituzionali; accompagnando i processi di modernizzazione della PA attraverso lo sviluppo dell’e-government. Più concretamente le Regioni intendono promuovere iniziative formative mirate sul tema al fine di sviluppare la capacità istituzionale ed amministrativa necessaria a promuovere e sostenere il policy e il decision making nel campo dell’innovazione sociale, nonché l’attuazione dei progetti a carattere sperimentale (es. i Partenariati pubblico-privati). Verso l’innovazione sociale sono indirizzati anche gli interventi di informatizzazione dei processi amministrativi, in un’ottica di semplificazione e dematerializzazione delle procedure, nonché le misure di messa in trasparenza dei dati pubblici attraverso l’interoperabilità delle basi informative statistiche e amministrative. Alla stessa logica rispondono altresì le azioni dirette all’ innovazione negli appalti pubblici attraverso la diffusione e sperimentazione dello strumento del pre commercial pubblic procurement.
Conclusioni
Le riflessioni svolte portano a concludere che l’Innovazione sociale è un concetto emergente che riunisce metodi innovativi user-driven (cocreazione di innovazioni con clienti o attori lungo la catena del valore, crowd-sourcing ecc.) e coinvolge nella sua attuazione gli attori della società civile (cittadini, imprese non-profit, gruppi ambientalisti ecc).
Un presupposto essenziale dell’innovazione sociale è la capacità di fare sistema mettendo insieme diversi attori (istituzioni, associazioni e cittadini) che contribuiscono sia sul piano degli strumenti sia nella definizione dei contenuti.
Le amministrazioni pubbliche possono giocare un ruolo importante in questa partita attraverso ad esempio l’informazione, la formazione, gli incentivi, la creazione di occasioni per lo scambio di esperienze e l’apprendimento dai casi di successo nonchè la ricerca e la sperimentazione.
La CE riconosce, cionondimeno, l’esistenza di diversi ostacoli ad una sperimentazione efficace dell’innovazione sociale: l’insufficiente conoscenza del settore, una definizione dai contorni ancora troppo sfumati, un limitato sostegno finanziario alle imprese sociali unitamente all’assenza di un quadro normativo europeo che vada a rafforzarne il ruolo e migliorarne le condizioni di funzionamento (36), la scarsa diffusione di buone pratiche, l’insufficiente disponibilità di metodi di valutazione d’impatto che diano evidenza del valore aggiunto prodotto dagli interventi di innovazione sociale.(37)
Tali considerazioni hanno indotto il Comitato delle Regioni e il Comitato economico e sociale ad intervenire per sottolineare l’importanza di definire più chiaramente i concetti di innovazione sociale e cambiamento sociale e ad invitare la Commissione a precisare gli obiettivi che intende perseguire. Ciò risulta infatti imprescindibile per conferire incisività allo strumento dell’innovazione sociale.(38)
Anche il Parlamento Europeo è recentemente intervenuto sul tema presentando alla CE una Relazione sull'imprenditoria sociale e l'innovazione sociale nella lotta alla disoccupazione (39), nella quale si sottolinea il ruolo chiave delle imprese sociali nel fornire risposte innovative alle attuali sfide economiche, sociali e ambientali ed in particolare nel sostegno ad un'occupazione inclusiva ed innovativa e nell’erogazione di servizi di assistenza sociale e sanitaria accessibili. Gli Stati membri vengono quindi esortati a sviluppare una vasta gamma di strumenti finanziari che supportino efficacemente le imprese dell'economia sociale in ogni fase del proprio sviluppo, segnatamente quella dell'avviamento.